È conosciuta in particolare per le sue Nanas, in francese colloquiale “pollastrelle”, sculture giganti dalle fattezze femminili, coloratissime e in equilibrio dinamico, come impegnate in una eterna ed eterea danza giocosa. Ma la sua vita non fu tutta rose e fiori. Nacque nel 1930 in una famiglia ricca e numerosa che però perse parte delle sue fortune a seguito della crisi del ’29, venne abusata dal padre banchiere a 11 anni, a 20 scappò di casa, posò come fotomodella per Vogue, fu ricoverata a seguito di attacchi di crisi nervose, entrò a far parte, unica donna, del gruppo dei Nouveaux réalistes e sposò Jean Tinguely, morì nel 2002 per una malattia polmonare derivata dai gas tossici respirati manipolando il poliestere. A Niki de Saint Phalle e alla sua arte sempre coinvolta nelle cause sociali – come nel caso delle sue illustrazioni per le campagne contro l’AlDS – il MUDEC – Museo delle Culture di Milano dedicherà un’ampia mostra, che aprirà a ottobre 2024, a inaugurare il palinsesto autunnale.
«Vissuta in un’epoca di grandi cambiamenti sociali e artistici, Niki de Saint Phalle è stata una delle artiste che maggiormente ha sfidato gli stereotipi di genere attraverso l’arte, esprimendo la propria identità attraverso la femminilità, la sensualità e l’amore per la vita come creazione», spiegano dal MUDEC. E infatti, proprio sul tema del potere dell’arte, intesa come capacità di offrire una chiave di lettura della vita improntata alla speranza, è incentrato il nuovo programma di mostre che caratterizzerà i prossimi mesi del museo di via Tortona, situato dal 2015 nell’Area Ex Ansaldo.
Si partirà dunque con Niki de Saint Phalle, dal 5 ottobre 2024 al 16 febbraio 2025, e in contemporanea, si prosegue con Dubuffet e l’Art Brut. L’arte degli outsider, dal 12 ottobre 2024 al 16 febbraio 2025. La mostra Travelogue da marzo 2025 rileggerà le collezioni etnografiche del MUDEC come uno spazio di oggetti legati al viaggio: dai manufatti portati da appassionati e ricercatori, a veri e propri souvenir, fino alle testimonianze legate alla “materialità” dei viaggi, tra mezzi di trasporto, effetti personali, valigie.
Ma già a settembre 2024 ritornerà l’appuntamento proposto da Deutsche Bank, che con il suo Artist of the Year – giunto alla sua terza edizione ospitata al Mudec – presenta al pubblico la personale della vincitrice dell’edizione 2023, l’artista argentina La Chola Poblete: la mostra sarà visitabile dal 13 settembre al 20 ottobre 2024. Alla fine di ottobre l’agorà del Mudec ospiterà per la terza volta una produzione site-specific di un artista contemporaneo, che anticiperà la mostra nelle sale focus.
Torna in autunno l’appuntamento con la fotografia. In programma a novembre 2024 la seconda mostra di Deloitte Photo Grant, il premio fotografico internazionale di Fondazione Deloitte dedicato ad artisti affermati ed emergenti. Quest’anno dopo Connections, oggetto della prima edizione del Photo Grant del 2023, è l’anno dedicato alle Possibilities. La vincitrice o il vincitore del Premio 2024, che verrà individuato a settembre, sarà protagonista della mostra personale al MUDEC, dal 7 novembre 2024.
Prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, promossa dal Comune di Milano-Cultura e con Institutional Partner Fondazione Deloitte, la mostra di Niki de Saint Phalle è realizzata in collaborazione con la Niki Charitable Art Fondation. In esposizione 110 opere, di cui una decina di grandi dimensioni e una scultura allestita nel cortile esterno del Museo, oltre a una selezione di opere su carta e poi video, vestiti della Maison Dior che ricordano anche il suo passato di modella nei bellissimi scatti fotografici che la ritraggono.
A cura della critica d’arte Lucia Pesapane, che ha allestito numerose mostre e retrospettive su Niki de Saint Phalle in tutto il mondo, la mostra racconta in otto sezioni la vita artistica di Niki, dagli esordi fino agli ultimi lavori, in un ritmo diacronico ma anche antologico, ripercorrendo, «Attraverso il mondo colorato, polimorfo, tondeggiante e materno delle sue Nanas (e non solo), una vita personale molto meno colorata e materna, dove l’artista ha dovuto spesso distruggere per elaborare il dolore, e poi ricostruire, rompendo gli schemi attraverso le sue opere d’arte non convenzionali, mandando messaggi attraverso le sue intense provocazioni, e lasciando alla fine un’impronta duratura nel mondo dell’arte».
Grezza, pura, letteralmente non filtrata: è l’Art Brut, nata nella Parigi postbellica, epicentro della rinascente cultura europea, ma lontano dalle sale dei musei d’arte. A definirne i contorni fu l’artista e teorico francese Jean Dubuffet, che iniziò a collezionare opere di artisti non professionisti e autodidatti e di persone spesso in condizioni di sofferenza sociale. Esprimendosi al di là dei preconcetti artistici accademici ma non necessariamente senza una “idea artistica” – evitando di reinterpretare in chiave “psicologica” lo stereotipo del buon selvaggio – questi autori volevano raccontare di se stessi e del modo in cui vedevano il mondo, spesso in maniera estrema, con linguaggi difficilmente codificabili e con una immaginazione non convenzionale.
Negli ultimi anni, il tema dell’Art Brut è tornato in auge, ha toccato la Biennale di Venezia e recentemente le opere della Collezione Decharme – una delle raccolte più complete di questo genere – sono state esposte in una mostra a Villa Medici a Roma. L’esposizione al MUDEC è stata sviluppata in collaborazione con la Collection de l’Art Brut di Losanna, che possiede una straordinaria raccolta di oltre 70mila opere nata dal nucleo dell’eccezionale donazione fatta da Dubuffet alla Città di Losanna nel 1971. Disegni, dipinti, sculture e opere tessili, che crescono ancora oggi grazie ad acquisti e donazioni di nuove autrici e nuovi autori.
Dal museo svizzero provengono più di 70 opere esposte, tra cui alcune opere storiche del museo di Losanna come quelle di Aloïse Corbaz, Adolf Wölfli, Émile Ratier e di Carlo Zinelli, l’autore italiano d’Art Brut più celebre. Attraverso un percorso quadripartito, l’esposizione presenta in un primo spazio un corpus di opere e di documenti che collocano in una prospettiva storica l’invenzione del concetto di Art Brut, relativamente al lavoro di Jean Dubuffet quale artista, scrittore e collezionista.
A seguire una selezione di opere provenienti dalle sue esplorazioni attesta l’ampiezza e la qualità delle sue ricerche in questo campo a monte della donazione del 1971. Un terzo insieme di opere provenienti dai cinque continenti è legato alle tematiche del corpo e delle credenze (entrambe ricorrenti nell’Art Brut).
A cura di Sarah Lombardi e Anic Zanzi, la mostra si avvale della consulenza scientifica di Baptiste Brun per la sezione Jean Dubuffet.
Dopo un lungo periodo di turbolenze, tra dimissioni, censure e ingerenze della politica, documenta apre un nuovo capitolo con la…
Il museo MASI di Lugano presenta le mostre del programma espositivo del 2025: dal surrealismo contemporaneo di Louisa Gagliardi al…
Arte e inclusione per le Paralimpiadi di Milano-Cortina 2026: dal Museo di Cavalese al Lagazuoi Expo Dolomiti, il progetto diffuso…
L’esplorazione è continua e varia come ciò che ci rigetta il mare, non c’è discriminazione tra una conchiglia e un…
Un dialogo nel paesaggio appenninico: a Bologna, Alchemilla presenta il progetto fotografico nato nel 2014 dalla collaborazione tra gli artisti…
Funghi in velluto, nature morte e tele preziose: nelle sale al piano nobile del Museo di Palazzo Grimani si intrecciano…