31 dicembre 2021

Alcuni artisti hanno denunciato il furto di migliaia opere NFT da DeviantArt

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Le opere NFT sembravano a prova di ladro grazie alla blockchain e invece no: migliaia di opere rubate da DeviantArt e da altre piattaforme sono state messe in vendita sui marketplace

Associare a un’opera d’arte un codice NFT è un sistema infallibile contro le frodi, dicevano. Ogni movimento di denaro, cioè di criptovaluta, è tracciabile, ogni passaggio di proprietà è registrato sulla blockchain e la blockchain è quanto di più sicuro esista al mondo, dicevano. E invece. Insieme alla crescente popolarità di queste risorse digitali, le cui originalità e autorialità sono apparentemente garantite dalla loro esistenza sulla blockchain, sono aumentate anche le denunce del cosiddetto “furto di NFT”. Una cosa vecchia quanto il mondo per come lo conosciamo: opere plagiate, coniate come NFT e vendute ad acquirenti ignari. Ad aprire il vaso di pandora è stato un gruppo di artisti che, su Twitter, ha denunciato come le proprie opere digitali siano state letteralmente “rubate” e messe in vendita su Open Sea, una delle piattaforme più usate nel mercato della criptoarte (e non solo, come nel caso dell’NFT di un’opera di Jean-Michel Basquiat, ritirata poi dall’asta).

Il problema è molto esteso e coinvolge anche DeviantAart, la piattaforma online dedicata agli artisti e agli aspiranti tali, fondata nel lontano 2000 da Scott Jarkoff, Angelo Sotira e Matt Stephens. Si tratta in sostanza di una banca (dati) enorme, dalla quale un malintenzionato può attingere per trafugare un’opera. Ovviamente da DeviantArt non possono che essere bene a conoscenza di questa vulnerabilità e già diversi mesi fa avevano annunciato l’implementazione di un sistema di intelligenza artificiale “antifurto”, DeviantArt Protect, in grado di rilevare quando le opere d’arte caricate sul sito dovessero comparire sulle piattaforme dedicate al mercato NFT, come appunto OpenSea.

Ma il sistema è tutt’altro che perfetto: a parte avvisare il legittimo proprietario, non può far rimuovere l’opera rubata o far partire qualche tipo di denuncia con valore legale. Da agosto, il sistema di controllo ha inviato più di 50mila avvisi per possibili casi di violazioni NFT. Una volta ricevuta la notifica da DeviantArt, tuttavia, gli utenti devono presentare una richiesta di rimozione al marketplace sul quale si è svolta la frode, appellandosi al DMCA – Digital Millennium Copyright Act, la legge sul copyright che implementa i trattati del 1996 dell’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale. Ma i lunghi tempi di risposta e l’enorme volume di incidenti rendono quasi impossibile affrontare il problema. «Purtroppo dovrò chiudere completamente la mia intera galleria su DeviantArt, perché le mie opere continuano a essere rubate e messe in vendita come NFT», ha scritto su Twitter Liam Sharp, artista e disegnatore per DC Comics.

E mentre nel mondo “reale” per falsificare un’opera c’è pur sempre bisogno di un falsario che, armato di santa pazienza, si applichi scrupolosamente per portare a termine un lavoro certosino, con il mercato virtuale degli NFT il processo è più semplice, o meglio automatico. Le opere infatti possono essere trafugate, coniate come NFT e messe in vendita da bot, a ritmi vertiginosi. «La maggior parte di questi pezzi coniati automaticamente non si vende ma se possono usare i robot per lavorare su 500mila pezzi e l’1% di queste vende, sono soldi senza rischi o ripercussioni», ha detto Jon Neimeister, artista e sviluppatore di videogiochi, il cui lavoro è stato rubato e messo in vendita su un marketplace.

Su OpenSea, infatti, non è previsto il pagamento di una quota per il caricamento di un’opera, la fee viene addebitata solo in caso di vendita. Va da sé che questa quota dovuta a OpenSea va in ogni caso a OpenSea, anche se è ricavata da una vendita illegale. L’addebito di una quota di iscrizione e l’implementazione di una procedura KYC – Know Your Customare, conosci il tuo cliente, che richiede un codice identificativo valido per sbloccare la vendita potrebbe essere d’aiuto. Ma entrambe le misure potrebbero non incontrare il favore degli utenti: la prima per motivi ovvi, la seconda per una questione di privacy sui dati personali.

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