Sospese in equilibrio nell’aria, immobili nell’istante del movimento, le opere di Alexander Calder sembrano risuonare di leggerezza, nella vera sensazione della parola: la compositrice e sound artist Dorit Chrysler ha infatti realizzato una nuova partitura ispirata alle opere del grande maestro della scultura, in occasione di “Modern from the Start”, mostra visitabile al MoMA – Museum of Modern Art di New York.
Curata da Cara Manes, con Zuna Maza e Makayla Bailey, la mostra racconta la lunga e originale ricerca di Calder, attraverso il fitto rapporto che l’artista ebbe con il MoMA, già a partire dai primi anni ’30, quando il museo era appena aperto. Durante gli anni di formazione del MoMA, Calder, allora giovanissimo ma già inserito nel filone dell’arte più sperimentale – in quel periodo si trovava spesso a Parigi ed ebbe modo di stringere amicizia con Joan Miró, Jean Arp e Marcel Duchamp, tra gli altri – nel suo ruolo non ufficiale di “artista di casa” fu chiamato a produrre diverse opere su commissione, tra cui Lobster Trap e Fish Tail.
«Fu più o meno direttamente in seguito alla mia visita allo studio di Piet Mondrian nel 1930, e alla vista di tutti i suoi rettangoli di colore dispiegati sulla parete, che il mio primo lavoro in astratto si basava sul concetto di relazioni stellari», scriveva Calder, nel 1943. «Da allora ci sono state variazioni su questo tema però mi sembra di tornarci sempre, in una forma o nell’altra. Infatti, sebbene la leggerezza di un solido o di una superficie forata o dentellata sia estremamente interessante, lo è molto di più la mancanza di peso».
Fin dagli anni ’30, dunque, le sue opere sono state un pilastro delle gallerie del Museo e del suo Giardino delle Sculture. Con degli highlights dalla collezione, arricchita con importanti prestiti dalla Fondazione Calder, la mostra celebra uno degli artisti più amati e influenti del XX Secolo, presentando anche opere raramente viste, tra cui la grande scultura Man-Eater with Pennants, realizzata nel 1945 ed esposta nel Giardino delle Sculture per la prima volta da 50 anni.
Per il suo intervento sonoro, Dorit Chrysler ha preso ispirazione proprio da questa opera, oltre che da Snow Flurry, I, realizzata nel 1948 e in mostra al terzo piano, facendole interagire con il suo strumento principale, il theremin. «Il theremin è uno strumento semplice ma bello», ha spiegato Chrysler. «Lo scienziato russo Lev (Leon) Theremin utilizzò l’allora nuova tecnologia degli oscillatori per esperimenti di spettroscopia a raggi X. Per puro caso, durante i suoi esperimenti, notò che il suo corpo interagiva con questi circuiti e produceva suoni. Era anche un violoncellista amatoriale e applicò la tecnologia per realizzare uno strumento musicale, il theremin o “termenvox”, come era originariamente chiamato, nel 1920, uno dei primi strumenti elettronici esistenti. Il corpo umano o qualsiasi altra massa fisica si trasforma in un condensatore che interagisce con lo strumento, modificando tono e volume attraverso il più piccolo movimento. Il movimento si traduce in suono senza toccare nulla», ha continuato la compositrice, tra le fondatrici della NY Theremin Society.
Lavorando con i conservatori del MoMA, Chrysler ha prima registrato i suoni e le immagini delle interazioni delle sculture con i suoi strumenti, quindi ha composto Calder Plays Theremin, una composizione per orchestra di theremin in quattro movimenti, “eseguita” dalle opere di Calder. «Alla fine, lo stesso Alexander Calder ha generato l’idea. Quando sono stata invitata per la prima volta dalla Fondazione Calder a visitare i loro uffici di New York, mi sono trovata circondata da molti dei grandi lavori dell’artista», ha raccontato Chrysler. «Le opere mobili di Calder hanno carattere e personalità forti e le ho immaginate immediatamente come performer attivi. Il potenziale degli intricati movimenti di alcune delle sculture di Calder, tradotti in suoni microtonali, sembrava molto promettente». E ora, non rimane che mettersi all’ascolto.
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