Abbiamo spesso dato sulle nostre colonne alle iniziative di AlbumArte, spazio indipendente e non profit con sede a Roma che da dieci anni movimenta la vita artistica contemporanea della Capitale, dalla sua sede sulla via Flaminia. “AlbumArte – si legge nello statuto – si caratterizza per le sue collaborazioni internazionali e i suoi cicli di approfondimento sui vari linguaggi del contemporaneo, offrendo gratuitamente al pubblico un programma di progetti indipendenti da vincoli commerciali e da collezioni pubbliche o private. È una piattaforma inclusiva per nuove proposte artistiche contemporanee di artisti italiani e internazionali, che riguardano videoarte, pittura, fotografia, scultura, istallazioni, performance, sound art, privilegiando nella sua ricerca artisti e curatori giovani o emergenti”. E ora, a compimento di questo periodo, arriva un grande libro edito da Quodlibet. Per saperne di più abbiamo intervistato la fondatrice di AlbumArte, Cristina Cobianchi.
Dieci anni di AlbumArte, o forse a questo punto meglio dire All BOOM Arte. Ci racconti com’è cominciata, visto che il riassunto arriva con questo grande libro?
AlbumArte inizia il suo percorso nel 2011 a Istanbul, dove abbiamo prodotto residenze d’artista, mostre, video screening e conferenze, invitati dall’Ambasciata d’Italia e l’Istituto Italiano di Cultura e attivando in quella città una ricca comunità di artisti, curatori, Istituzioni culturali e partner. Nel 2014 rendiamo la sede romana dell’associazione spazio espositivo e da lì non ci fermiamo più! Da subito AlbumArte è invitato a far parte di molte realtà che riuniscono il pensiero indipendente, viene coinvolto in varie iniziative, e collabora con sempre più Istituti, Accademie e Ministeri della Cultura italiani e stranieri. Vince parecchi bandi internazionali, in Europa, ma anche a Singapore e con la super selettiva Mondriaan Fonds. Dal 2020 AlbumArte entra a far parte della piattaforma Google Art & Culture, insieme alle più importanti istituzioni museali del mondo. La programmazione di AlbumArte, in questi anni, si è caratterizzata anche per la forte presenza di artiste e curatrici donne oltre che per molti momenti di dibattito sui temi dell’arte e della società. Siamo contente che opere prodotte nei nostri progetti siano entrate in collezioni di rilievo italiane ed internazionali, come per esempio al MAXXI. Abbiamo presentato, per la prima volta in Italia o per la prima volta a Roma, artisti che poi sono stati invitati in festival e rassegne internazionali, a mostre personali in musei autorevoli e perfino alla Biennale d’arte di Venezia.
Come si compone il volume?
Il grosso volume, dal titolo volutamente evocativo dell’energia vitale della comunità di artisti e curatori che fa parte di AlbumArte, è tra i vincitori dell’ottava edizione dell’Italian Council (2020), il programma di promozione dell’arte contemporanea italiana nel mondo, della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura e uscirà a settembre 2021, sarà edito da Quodlibet. Lo curo io, ma contiene anche 18 conversazioni inedite tra artisti e curatori: Dario Agati e Fabio Giorgi Alberti con Marta Silvi, Sonia Andresano con Daniela Cotimbo, Romina Bassu con Paola Ugolini, Elena Bellantoni con Manuela Pacella, Angelo Bellobono con Elisa Del Prete, Zaelia Bishop con Silvano Manganaro, Sabrina Casadei con Saverio Verini, Iginio De Luca con Anna Cestelli Guidi, Flavio Favelli con Vittorio Urbani, Silvia Giambrone con Paola Ugolini, Alessandro Giannì con Saverio Verini, Grossi Maglioni con Gianluca Brogna, Francesco Jodice con Adriana Polveroni, Sandro Mele con Raffaele Gavarro, Margherita Moscardini con me, Anna Raimondo con Marco Trulli, Delphine Valli con Claudio Libero Pisano, Cosimo Veneziano con Benedetta Carpi de Resmini. Oltre al capitolo delle Conversazioni, i progetti sono divisi in cinque macrocategorie: Anteprima, che è stato il nostro inizio, all’estero, AlbumArte | VideoArtForum, il nostro programma di videoarte che continua dal 2016, AlbumArte | Performance, Donne (non più) anonime. Confronto sul femminicidio e le Mostre con gli artisti italiani, accompagnate da una mia contestualizzazione e dai testi critici originali dei loro curatori.
Che mutamenti hai visto nella curatela, e nell’approccio degli artisti con tematiche e idee? Cosa è cambiato dal 2011 a oggi?
Mi vene in mente che quando abbiamo presentato il primo video screening a Istanbul nel 2011, proponendo un confronto tra artisti italiani e turchi, le artiste italiane proposero video poetici e quelli turchi opere prettamente politiche. Ora penso che il tema socio – politico sia un’esigenza più forte di prima anche per noi. La differenza nella curatela è che oggi un curatore, come da anni si fa all’estero, deve anche preoccuparsi di trovare parte dei fondi necessari. Ad AlbumArte esiste ormai una grande comunità di artisti e curatori e tra noi ci aiutiamo molto.
Durante la presentazione si è parlato degli spazi indipendenti come “attivatori di comunità”. Ci spieghi meglio cosa si intende?
Lo spazio indipendente (o Centro di produzione culturale e artistica indipendente) generalmente no profit, come AlbumArte, è un centro attivatore di cultura e arte senza un ritorno economico. Dagli ultimi studi scientifici e accademici svolti ultimamente anche in Italia, essi risultano avere caratteristiche comuni e, “premettendo il loro ruolo di elemento importante nella scena artistica contemporanea in continua evoluzione, quale funzione nel percorso e nella formazione degli artisti giovani, come incubatori delle carriere artistiche emergenti e l’offerta di percorsi di formazione artistica sperimentale, si riconoscono come luoghi di costruzione, ascolto e confronto. Perciò essendo realtà in continuo, fertile movimento intellettuale, oltre che artistico, diventano osservatorio e laboratorio di contenuti trasversali, con attenzione alla comunità intesa come comunità degli artisti, ma anche come comunità civica. Permettono cioè una partecipazione attiva e un’inclusione sociale diretta senza sminuire l’aspetto della visione artistico – creativa, perché gli spazi indipendenti sono formule dinamiche di ideazione, di partecipazione e di reazione. Migliorano perciò, attraverso la loro attività di assembramento sociale, la qualità di vita del tessuto sociale dei territori.” *
Parlando di Roma, dove fisicamente vive AlbumArte, come vedi la comunità dell’arte indipendente? Quali problemi affronta? Quali invece sono le sue forze?
A Roma c’è un bel fermento, perché insieme a un grande rinnovamento dei programmi e delle metodologie dei luoghi istituzionali (come per esempio Palazzo delle Esposizioni, Macro e Mattatoio) e mostre molto interessanti nei molti musei della città, sono nati diversi spazi indipendenti, ideati da artisti o da altri attori del sistema dell’arte e sono un buon esempio di reazione costruttiva al terribile momento che abbiamo/stiamo passando. Spazi che creano relazioni con gli artisti del territorio ed internazionali, che magari non sarebbero in grado di approdare in un grande museo statale, ma che producono arte di qualità, selezionati sempre attraverso l’aspetto assolutamente laico della ricerca indipendente, che in un certo modo è anarchica, perché non è sottoposta agli inscatolamenti del riscontro economico o di strutture aziendali. In Italia l’attenzione sulle realtà indipendenti si è intensificata in questi ultimi anni, ma in Europa e nel resto del mondo occidentale, gli spazi indipendenti sono stati a lungo studiati attraverso ricerche accademiche e scientifiche, specialmente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dove essi hanno una grande importanza all’interno del sistema dell’arte, per esempio la stessa Cecilia Alemani, proviene dal mondo degli spazi indipendenti no profit. In Germania sono interamente supportati finanziariamente dallo Stato attraverso i Landër e per gran parte delle loro necessità, anche in Francia e Irlanda. Qui in Italia c’è poco sostegno economico, come sappiamo.
Un pronostico per i prossimi 10 anni di AlbumArte, e per l’arte in generale?
Penso che in questo momento non si possano azzardare ipotesi attendibili, ma certo, il silenzio profondo che ha avvolto il mondo dell’arte contemporanea tristemente continua, mentre all’interno il dibattito è stato interessante e vivace. Anche il Forum dell’Arte Contemporanea e l’AWI Art Workers Italia, hanno presentato richieste e piani di fattibilità alle istituzioni, ma nessuno di noi ha ancora intravisto proposte concrete e putroppo la “non risposta” fa pensare che non si capisca fino in fondo da cosa occorra ripartire per la ricostruzione del mondo culturale, ora che il passato non sarà un modello del tutto replicabile. Ecco perché sarebbe importante che fin da oggi le realtà indipendenti, potessero essere considerate come elementi indispensabili allo sviluppo dell’arte e del pensiero critico e venissero sostenute finanziariamente in modo adeguato, perché è proprio la mancanza di fondi la loro unica grande difficoltà.
* Riassunto di citazioni dall’ultimo studio Arte al futuro, curato da Enrico Bertacchini dell’Università di Torino e Paola Borrione della Fondazione Santagata for the Economics of Culture assieme a GAI (Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti Italiani), con il sostegno della Compagnia di San Paolo
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