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Alla GAN di Napoli, l’arte delicata e vibrante di Marisa Albanese
Arte contemporanea
«Una mostra del cuore». È il forte e sentito incipit della presidente dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, Rosita Marchese, che insieme ad altri ospiti ha presentato “Marisa Albanese / Attualità del classico”, mostra di opere dell’artista napoletana scomparsa nell’agosto 2021, in esposizione alla GAN, la Galleria dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, a cura di Alessandro Demma. Presenti, in un’aula magna gremita, colma di commozione ma anche di curiosità per i tanti giovani allievi dell’Accademia, anche il direttore dell’Accademia Renato Lori, i curatori della GAN Federica de Rosa, Marco di Capua.
I lavori di Marisa Albanese (Fragilitas, #1 Memoria, Scroll e altri) esposti nello spazio “Lea Vergine”, aprono il primo appuntamento de “L’altra metà dell’Arte”, un ciclo di due mostre all’anno per tre anni alla Galleria dell’Accademia, dedicato alle donne artiste della contemporaneità. L’acquisizione di una delle opere, forse la più iconica di Albanese, “Combattente 2”, grazie al PAC – Piano per l’Arte Contemporanea 2021, lascerà una traccia indelebile dell’artista napoletana tra i capolavori di Gemito, Morelli, Pisani, Spinosa e altri maestri dell’Accademia.
L’idea di Marco di Capua è, infatti, quella di rendere costantemente viva, pulsante, la Galleria che, come tanti musei di oggi, rischia di ridursi a un simulacro, un memoriale spoglio e freddo. E invece le opere ma soprattutto la passione e la vitalità di artiste come Marisa Albanese permettono di cogliere e giocare continuamente con il differenziale tra il “temporaneo” e il “permanente”, tra ciò che è vivo e ciò che sopravvive nell’arte come nella vita. E se quella «Vocazione» artistica ma anche esistenziale e passionale per il direttore Lori ha da essere protetta e formata tra le aule dell’Accademia, diventano allora fondamentali i modelli, le ispirazioni e le tensioni proprie dei prestigiosi manufatti passati e recenti esposti nelle sale della Galleria. Così, l’acquisizione di opere innovative esprime per De Rosa una necessità, una responsabilità dell’istituzione Accademia verso la comunità e verso il futuro dell’arte e degli artisti che vi prendono parte.
Carta, pittura, acciaio, pigmenti, tele, resina. Bianco e tratto. Involucri, “gusci di esistenza” che riportano in superficie l’essenza della ricerca e della poetica di Albanese. «Si può viaggiare anche davanti a una tela bianca», ci ricorda con un velo di emozione Alessandro Demma. L’artista aveva l’abitudine di viaggiare ma soprattutto di disegnare sempre e ovunque. E se il viaggio e il disegno erano la sua grammatica esistenziale il bianco ne diviene il suono della sua parola più ripetuta, più sonora.
Nella Galleria ci si trova infatti davanti a dei lavori quasi incorporei, che ricordano le sfumature delle nuvole e della luce in certe giornate agrodolci. E se Combattente 2 si impone con la propria fisicità tutta al femminile, coraggiosa e per nulla intimorita, anzi quasi in combutta con i tremendi ragazzini pescatori di Gemito, le tinte delle tele #0 Pittura e #1 Pittura tracciano delicate strisce di presenza e vibrazione, giocate su un tocco alternativo, discreto, quasi a voler scomparire e riapparire nelle e dalle pareti. È in fondo il procedere coraggioso che emerge in questa mostra, non solo tappa ma vero e proprio ritorno a casa dell’artista nata e formatasi all’ Accademia di Napoli. Alla volta di un’immersione in un mondo che muta e si sfalda costantemente, ma che riesce a lasciarsi ancora intatto, protetto nelle forme, nelle idee e nelle proprie visioni più stringenti e memorabili.