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Alla ricerca di una meravigliosa isolitudine
Arte contemporanea
Per la terza edizione torna a Palermo BAM, Biennale Arcipelago Mediterraneo, festival “ibrido” dedicato ai popoli e alle culture che si affacciano sul “mare nostrum” e non solo, incentrato sulle tematiche dell’accoglienza e del dialogo. Sotto il titolo di “INSATURO”, BAM oggi ha l’ambizione di trasformare la città in un grande hub sperimentale per gli artisti, a partire dalla loro ricerca. Parte della manifestazione è la grande mostra “Isolitudine”, allo ZAC Centrale della Zisa, promossa da Fondazione Merz, che unisce quattro curatori con quattro artisti in una modalità aperta, dove le grandi installazioni presentate si compenetrano, a indagare problematiche mai realmente risolte, connettendo l’arte alla politica, alla natura e alla geografia: Guido Casaretto, a cura di Agata Polizzi; Rä di Martino, a cura di Laura Barreca; Petra Feriancová, a cura di Valentina Bruschi; Voluspa Jarpa, a cura di Beatrice Merz. Abbiamo intervistato la Presidente della Fondazione torinese, istituzione che da tempo sta lavorando al padiglione centrale della ZISA, per farci raccontare nel dettaglio questa nuova tappa.
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“Insaturo” e “Isolitudine”: due titoli che oltre a definire una condizione specifica – che allo stesso tempo resta però un po’ indefinita – sono parole che necessitano di uno sforzo cognitivo, non immediate, quasi misteriose. BAM dunque come una sorpresa che bisogna aver voglia di comprendere?
«In certo modo è proprio così. Una volontà di mettersi in viaggio, in gioco, accettare la sfida a volte proprio lasciandosi spingere dalla propria condizione di lontananza. La tendenza insatura alle “reazioni di addizione” parla così di incontri, laboratori, spazi necessari e non del tutto casuali di relazione e conoscenza. Circa l’isolitudine ci siamo presi la libertà di scrivere una nuova voce di dizionario: “disposizione dell’animo corrispondente a sentimenti di intermittente euforia e malinconia, tensione verso il superamento eroico di barriere geografiche ed emotive, direzione dello sguardo sulla memoria, permanente stato di luminosa predisposizione verso il futuro, tormentata ricerca di un altrove talora impossibile”».
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BAM allo stesso tempo, questa edizione, sembra estendersi e di parecchio – proprio come un arcipelago – oltre a Palermo. Cosa cambia nella manifestazione?
«La manifestazione cambia. Ma è nella sua stessa natura il cambiamento, la trasformazione. Parlare di estensione oltre i confini, oltre le strade battute, diventa naturale anche se non scontato. BAM potrà e dovrà cambiare ancora per non negare la propria natura meticcia, migrante e accogliente».
Quali sono i luoghi coinvolti in questa edizione e come si articola la biennale nella città di Palermo?
«I luoghi sono molti così come i tempi. La biennale pervade un territorio a partire dai Cantieri Culturali, passando per Palazzo Sant’Elia, la chiesa dei SS. Euno e Giuliano, il loggiato di San Bartolomeo, il Teatro Massimo, librerie private o oratori…insomma un po’ ovunque si potrà incappare in un segno che indica la presenza di un artista, di una residenza, una mostra, un concerto o altro ancora…».
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Come spesso si pensa, dietro queste manifestazioni in luoghi speciali c’è sempre l’idea di “vampirizzazione degli spazi”. Sfatiamo una volta per tutte questo pensiero ricordando che cosa ha avuto Palermo a seguito della nascita di BAM e di fondazione Merz alla Zisa?
«La logica che ha animato BAM e la presenza della Fondazione Merz a Palermo si è mossa da subito in direzione contraria alla vampirizzazioone di spazi o energie. In campo le energie si sono unite, hanno prodotto accelerazioni e creato nuove situazioni culturali; un sistema attrattivo per gli artisti e per le persone che vogliono conoscere e partecipare e costruire una comunità».
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A proposito di biennali: è necessario ripensare a un cambio di paradigma, di modello? Si parla molto di inclusione delle differenze ma all’atto pratico il format non cambia…
«E no. Qui si cambia per davvero. Questa è forse l’unica biennale che evolva di edizione in edizione in un modello laboratoriale sempre più aperto, in cui un intero territorio si offre come hub creativo interconnesso. È un grande passo verso il futuro. Lavorando sulle giovani generazioni di artisti che sempre più amano confrontarsi in luoghi di grande densità culturale ed estetica come Palermo e la Sicilia, ma la proliferazione di eventi e di artisti finisce per accompagnarsi da un altrettanto rapida moltiplicazione curatoriale. In questo modo viene meno le gerarchie».