Il giro intorno al mondo dell’arte contemporanea ci porta questa volta in Tailandia, alla scoperta della Biennale di Bangkok che, dal 24 ottobre 2024, torna per una quarta edizione ampliata, con 45 artisti internazionali e nove sedi di grande suggestione. Tra gli spazi coinvolti dalla Biennale, anche siti archeologici e monumentali come il Wat Pho, il famosissimo Tempio del Buddha Sdraiato e, il Wat Arun, il complesso conosciuto con il nome di Tempio dell’Alba. E poi il Siam Museum, incentrato sulla storia della Tailandia, e diverse gallerie d’arte situate a One Bangkok, l’avveniristico distretto culturale e commerciale della capitale tailandese, in parte ancora in costruzione.
Intitolata Nurture Gaia, la Biennale d’Arte di Bangkok 2024 esplorerà temi come il collettivismo, l’ecologia e il femminismo, traendo ispirazione dalla figura della Madre Terra. L’impostazione teorica parte dalla cosiddetta “Ipotesi Gaia”, formulata dallo scienziato inglese James Lovelock nel 1979, insieme alla microbiologa Lynn Margulis. Secondo tale ipotesi gli organismi viventi sulla Terra interagiscono con le componenti inorganiche per formare un complesso sistema sinergico e autoregolante che aiuta a mantenere e perpetuare le condizioni per la vita sul pianeta. Verrebbe da chiedersi, a questo punto, se anche l’estinzione della specie umana, verso la quale stiamo inesorabilmente correndo, non rientri in questo meccanismo di autoregolazione. «Oggi affrontiamo questioni urgenti come il cambiamento climatico, le pandemie, la guerra e la distruzione ambientale causata dagli esseri umani. C’è una crescente consapevolezza che l’umanità, come parte integrante della Terra, sta affrontando sfide critiche», spiegano gli organizzatori.
«Nurture Gaia ci spinge a confrontarci con sfide reali e questioni contemporanee», ha spiegato Pojai Akratanakul, curatore della Biennale di Bangkok 2024. «La cura è un istinto umano fondamentale, tuttavia la parola stessa porta con sé significati sfumati. Ci spinge a riflettere sulle nostre risposte all’ambiente circostante, sulle nostre relazioni e sulla nostra interconnessione, rivelando al contempo fino a che punto la cura può manifestarsi come controllo, sia sui nostri corpi che sull’ambiente che abitiamo».
La Biennale presenterà una costellazione di opere d’arte incentrate su questi temi, molte delle quali saranno esposte per la prima volta, tra disegni, dipinti, sculture, video e installazioni di artisti e collettivi affermati ed emergenti come Adel Abdessemed (Algeria-Francia), Chiara Camoni (Italia), Susan Collins (Regno Unito), Priyageetha Dia (Singapore), Guerreiro do Divino Amor (Svizzera-Brasile), Camille Henrot (Francia-USA), Choi Jeong Hwa (Corea del Sud), Chitra Ganesh (USA), AKI INOMATA (Giappone), Elmgreen & Dragset (Danimarca e Norvegia), Isaac Chong Wai (Hong Kong-Berlino) e Lisa Reihana (Nuova Zelanda), tra gli altri.
Durante la prima settimana di apertura, in programma anche una serie di performance e incontri, come le performance di Kira O’Reilly (Finlandia-Irlanda), il cui lavoro esplora le esperienze della menopausa, e di Amanda Coogan (Irlanda), che mette in luce la comunità emarginata degli utenti della lingua dei segni, rappresentando una minoranza linguistica sul palco globale. Isaac Chong Wai presenterà un’installazione video che rappresenta un’indagine sui corpi collettivi, mentre Elmgreen & Dragset mostreranno una “scultura filosofica”.
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