Nonostante la chiusura fino al primo maggio 2020 a causa del Coronavirus, la Tate Modern di Londra ha annunciato l’artista selezionata per la prossima commissione della Turbine Hall, promossa in collaborazione con Hyundai: si tratta di Anicka Yi. Il progetto per la Turbine Hall della Tate Modern è una della commissioni più prestigiose nell’ambito dell’arte contemporanea e, nel corso degli anni, ha visto avvicendarsi artisti di primissimo piano, come Ai Wei Wei, Olafur Eliasson, Tacita Dean e Anish Kapoor, negli impegnativi e spettacolari spazi del piano interrato della ex centrale idroelettrica sulle sponde del Tamigi. Il progetto, commissionato da Hyundai, sarà accompagnato da un catalogo e verrà curato da Mark Godfrey, in collaborazione con Petra Schmidt e Carly Whitefield.
«Le installazioni di Anicka Yi sono indimenticabili, unendo le idee scientifiche più moderne e i materiali più sperimentali in modi inaspettati. Le sue opere non coinvolgono solo i sensi ma affrontano anche alcune delle grandi domande del presente, incentrate sul rapporto dell’umanità con la natura e la tecnologia», ha dichiarato Frances Morris, direttore di Tate Modern. «Siamo lieti di sostenere il progetto di Anicka Yi per la sesta Commissione Hyundai della Turbine Hall della Tate Modern. Le sue opere interdisciplinari aggiungono valore alla discussione contemporanea sul rapporto tra arte e scienza. E non vediamo l’ora di vedere come il suo lavoro rifletterà sulle connessioni in continua evoluzione tra esseri umani e tecnologia», ha commentato Wonhong Cho, vicepresidente di Hyundai Motor.
Anicka Yi è nata nel 1971 a Seoul, in Corea del Sud, ma a soli due anni si trasferì, insieme alla famiglia, prima in Alabama, poi in California. Dopo essersi laureata all’Hunter College, ha vissuto a Londra, dove ha lavorato come freelance per diversi anni come stilista di moda e copywriter. Attualmente vive e lavora a New York ma è stato solo a 30 anni che ha iniziato la sua ricerca propriamente artistica, come approfondimento dei suoi interessi: profumeria e scienza. Anicka Yi è infatti conosciuta principalmente per le sue installazioni olfattive, spesso sviluppate in collaborazione con biologi e chimici.
Nella sua pratica, Yi lavora con le peculiarità dell’odore, dalle sfumature della sua percezione fino alla labilità e deperibilità, per una «biopolitica dei sensi», cioè come mezzo per riconfigurare i termini epistemologici e sensoriali in un mondo in cui è preponderante l’arte visiva. Spesso usa materiali inconsueti, come fiori fritti in tempura, tele realizzate con sapone. Nella sua opera del 2014, verbatem? verbatom?, ha iniettato dell’ossitocina nelle lumache vive. Per “You Can Call Me F”, la sua personale del 2015 a The Kitchen di New York, Yi ha prelevato dei tamponi da 100 donne e con l’aiuto di una biologa del MIT, Tal Danino, ha coltivato i batteri su una superficie di agar da far annusare ai visitatori, per rispondere al domanda «Che odore ha il femminismo ?».
Ha esposto in diverse mostre personali, alla Kunsthalle di Basilea e al Guggenheim Museum di New York, oltre che in manifestazioni come la 17ma Whitney Biennial e la 12ma Biennale di Lione. In Italia l’abbiamo vista all’ultima Biennale d’Arte di Venezia, nel 2019, nel Padiglione della Corea del Sud all’Arsenale. Nel 2016 ha vinto l’Hugo Boss Prize.
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