Superfluo è un progetto di ricerca e produzione, a supporto di sempre nuovi processi creativi e condivisi, ideato e sostenuto da Rodrigo Aleman, Andrea Cancellieri, Luciana Esposito, Gianluca Gramolazzi, Rafa Jacinto e Chiara Papa. Il termine “Supèrfluo” viene dal latino “traboccare”, “eccedere” e indica tutto ciò che è in più e che, al tempo stesso, è “incredibile”. Nato nel 2020 a Milano, secondo la dualità del nome e pronuncia su cui si fonda, il programma affronta la superfluità dell’individualità e indaga la necessità della collettività, attraverso mostre e promozioni di artisti emergenti, appartenenti a più campi possibili.
Dopo Berlino, ora l’ente collega Milano a Roma per una collaborazione con l’artista Luca Petti (Benevento, 1990) e un’esposizione della sua ultima serie, Materia Esotica: a Milano con la curatela di Superfluo e a Roma con quella di Giacomo Guidi. La prima, intitolata “Bello Bellissimo”, è una personale inaugurata il 12 marzo nello spazio espositivo di Via Francesco Reina 9 che, come la veduta da una finestra, permette di osservare l’azione di Petti grazie a un’installazione in situ ottenuta dallo scarto di produzione dei suoi lavori. La seconda, dal titolo “Ontica”, inaugurata il 17 marzo con il Contemporary Cluster a Palazzo Brancaccio, è una collettiva che, oltre all’autore campano, tratta l’arte ibrida di Valerio Di Fiore, Marco Emmanuele e Giusy Pirrotta.
La mostra crea un parallelo tra i due spazi e pone al centro della sua indagine la teoria heideggeriana del tempo, dell’esserci e del manifestarsi nel momento presente. Possibili sono le crasi tra mondo animale e vegetale, in cui «Elementi diversi suggellano un patto di vita, convivono e coesistono nelle loro diversità, formando un essere unico e interdipendente. “Super individui” eleganti e letali restituiscono archetipi in cui le forme di vita marine e terrestri si costruiscono e ricostruiscono, in un ciclo eterno di possibilità». Gli artisti svelano creature mai conosciute, antropomorfe e artropode, organismi dalle forme mobili ed elastiche, appartenenti a una «Natura altra, alterata, affascinante e tossica allo stesso tempo, dove ricostituiscono e si ribellano all’egemonia umana, ri-aggregandosi in forme inaspettate, ancestrali ma, contestualmente, inedite».
L’esposizione ruota intorno al concetto di estraneo e di esterno fino a quello di involucro come potenziale protezione dall’uomo; analizza le conseguenze a lungo termine della sua attività, su scala locale e globale, riflettendo, come Superfluo, sulla rilevanza del singolo nel collettivo. La ricerca include il processo di commercializzazione per una “estetizzazione” dell’ambiente, a sfavore della sostenibilità e della biodiversità. La tropicalizzazione potrebbe essere simboleggiata dal fiore di banano di Petti, ricoperto di un «Colore chimico, quale il bismuto, che ne esprime la pericolosità e la manipolazione a cui è esposto», afferma l’artista. Un’apertura sulla superficie tenta, inoltre, un’anatomia animale. La pratica dello shark finning, invece, che prevede la “redditizia” rimozione delle pinne di squali spesso in vita, diventa una tra le più emblematiche opere in mostra di Luca Petti: Nel tentativo di tornare a nuotare. La mutilazione si fa protagonista, l’incapacità di nuotare viene paragonata all’ondeggiare sospeso del ragno o a «Un essere di confine che prende vita e scappa via», ci ha spiegato l’artista.
Da Milano si origina un viatico che ripercorre le tappe evolutive che l’ecosistema ha dovuto affrontare per sopravvivere, uscendo, in alcuni casi, definitivamente dai cicli primari. I corpi immaginati sembrerebbero capaci di resistere agli ambienti mutati, di cui i detriti di Marco Emmanuele si fanno testimoni. Potrebbe essere vista come forma di “rinascita” la cui ascendenza spirituale è evocata, come in Giusy Pirrotta, dal colore blu e la cui fascinazione cerca un nuovo equilibrio con la natura, come dimostra Valerio Di Fiore.
Entrambe le mostre, protratte fino al 17 aprile, presenteranno, oltre a un contenuto editoriale inedito, molteplici approfondimenti sulla poetica di Petti.
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