Arena per un albero a Basilea: intervista a Klaus Littmann

di - 8 Aprile 2021

L’albero come opera d’arte

La Fondazione culturale di Basilea H. Geiger presenterà il nuovo progetto di Klaus Littmann, continuum di “For Forest – Il fascino indomito della natura” che ha visto lo stadio Wörthersee, a Klagenfurt, riempirsi di alberi.

Klaus Littmann, FOR FOREST – The Unending Attraction of Nature, ©UNIMO

Arena per un albero” è un’installazione che sarà collocata nella Münsterplatz di Basilea: un’arena accessibile a cinquanta visitatori, al centro di questa un albero. Come per l’installazione di Klagenfurt, l’architetto paesaggista svizzero Enzo Enea ha selezionato l’albero secondo un criterio di integrazione con la popolazione di alberi di Basilea. «L’albero metterà le sue radici definitivamente a Basilea e sarà regalato alla città»

Nello spazio espositivo della KBH. G a Basilea avrà luogo l’esposizione “Tree Connections”, dedicata al progetto di Littmann e all’albero come topos multiforme nella storia dell’arte. Una mostra con opere comprese in un arco temporale dal XIX secolo ai giorni nostri, dall’11 maggio all’11 luglio. «Perché questo albero è molte cose: un rappresentante del bosco, un ambasciatore della natura e della sua conservazione e, naturalmente, un testimonial del ciclo di mostre». Klaus Littmann ce ne parla meglio in questa intervista.

Arena for a Tree si propone come continuum di For Forest ma questa volta l’attenzione si focalizza sul singolo albero, invece che su un insieme di esemplari. Perché la scelta del singolo – in questo caso – e perché l’albero come “opera d’arte e rappresentante”? L’albero, ovvero il “topos multiforme” che sarà anche al centro dell’esposizione “Tree Connections”.

«Con l’albero come requisito, l’arte compete contro il demone della crescita. Lo trasforma in un complice per mostrare i collegamenti confusi tra la distribuzione delle materie prime e la biodiversità in declino, tra il veleno nelle acque e il nostro affanno collettivo. Ancora e prima di tutto, può e deve insistere su quanto la sopravvivenza del nostro pianeta dipenda dalla nostra percezione.»

Dal contenuto al contenitore: l’arena. Come mai ha scelto questo tipo di struttura per contenere l’albero? Perché un’arena?

«Il guscio in lamelle piatte parla di protezione oltre che di apertura e permeabilità. Come da una noce, che mantiene tutto nel suo seme, che ne assicura la riproduzione, dal centro cresce un albero. È l’attore principale di quest’opera silenziosa per lo spazio pubblico. La tribuna circostante è modellata ricordando gli anelli degli alberi, che archivia la graduale crescita di ogni albero all’interno del tronco. L’irregolarità della corteccia degli alberi è stata l’ispirazione per il contorno esterno.

Un solo albero nel cuore della città fa sì che ogni freneticità si fermi per un momento e che portiamo in mezzo a noi la sua presenza, la sua crescita, il ronzio degli insetti, il fruscio del vento o delle gocce di pioggia.»

Klaus Littman, Photo Gerhard Maurer, Courtesy of Littmann Kulturprojekte

Quest’opera si collocherà al centro della Münsterplatz di Basilea, quindi in uno spazio pubblico, rispondendo alla necessità di un’arte condivisa, un’arte pubblica e democratica.  In Arena for a Tree il pubblico è invitato a entrare nell’arena e sedersi di fronte all’albero. Come si aspetta che venga abitata questa dimensione partecipativa dell’opera?

«Il visitatore può pensare a ciò che vede nell’intervento artistico temporaneo, a cosa significa per lui, a come lo affronta e si sente al riguardo. Ha il potenziale per evocare una vasta gamma di emozioni e pensieri: alcune persone la vedranno come un’opera d’arte, altri penseranno al simbolo filosofico degli alberi e del progetto, e altri ancora si concentreranno sull’aspetto ambientale. La bellezza della natura, la sua presenza intorno a noi e la sua innegabile necessità passano spesso inosservate. Voglio mantenere questo intervento artistico il più aperto possibile in modo che le persone che entrano nell’arena possano vedere e percepire anche tutti gli altri aspetti.»

Probabilmente, Joseph Beuys si può considerare il padre dell’ambientalismo contemporaneo, almeno in ambito artistico. L’”artista sciamano” è stato un precursore con le sue azioni che rivolgevano grande attenzione alla natura. È stato un seminatore, nel vero senso della parola ma anche in un senso metaforico. Che tipo di influenza ha ricevuto da lui nel tempo in cui è stato suo allievo all’Accademia d’Arte di Düsseldorf? C’è qualche aneddoto che le è rimasto particolarmente impresso nella memoria?

«L’incontro con Joseph Beuys ha sicuramente cambiato il mio discorso con l’ambiente. Beuys mi ha introdotto nel suo “insegnamento” in un momento in cui stavo cercando una nuova direzione. Mentre andavo dalla scuola di design di Basilea, l’ho incontrato per puro caso a Düsseldorf. Verso le nove meno un quarto del mattino stavo camminando per i corridoi dell’accademia d’arte. Un uomo con un cappotto largo e un cappello si è avvicinato e mi ha chiesto se stessi cercando qualcosa. Sì, ho risposto, persone che aiutano. Quindi mi ha portato con sé. Dopo una conversazione di due ore, sono diventato suo allievo. Sono rimasto all’accademia per sei anni, tra l’altro come studente modello.

Ciò che mi collega a Beuys è l’esplorazione del concetto ampliato di arte. Lui lo ha formulato sotto forma di scultura sociale. Beuys era per me colui che apriva gli orizzonti. L’effetto creativo dell’arte sulla società mi rafforza e mi ispira a realizzare le mie idee.»

Nel mese di gennaio dell’anno scorso, nel Parlamento Europeo è stato approvato il cospicuo piano di finanziamenti a sostegno della trasformazione sostenibile degli Stati Membri. Il “Green New Deal” è la grande sfida ambientale dell’Europa che ora ha l’obiettivo di arrivare alla neutralità di emissioni inquinanti entro il 2050. Insomma, anche la politica comincia a fare dei passi concreti in questa direzione. D’altronde, da anni molti studiosi cercano di portare all’attenzione della popolazione mondiale la questione ambientale, dai botanici, ai paesaggisti, ai filosofi. Secondo lei, a che punto è l’arte contemporanea in questo senso? Ci sono realtà, o singoli artisti che nella sua opinione si stanno muovendo in questa direzione in maniera incisiva?

«Preferisco non commentare sul lavoro di altri artisti e su come l’arte contemporanea si stia muovendo in questa direzione, non mi sento in grado di poter giudicare. Mi concentro sul mio lavoro, sperando che questo abbia un impatto positivo nel mondo.»

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