Art Encounters: al Volvo Studio di Milano, tre immagini dal climate change

di - 29 Gennaio 2020

Continuano gli appuntamenti di Art Encounters, format multidisciplinare, tra performance, interventi sonori, esposizioni e talk, promosso da Volvo Car Italia, curato da Lightbox e dedicato all’arte nella sua declinazione più contemporanea. La prima edizione, Six Steps Forward for One Step Back, è dedicata al tema della sostenibilità. Questa volta, al Volvo Studio di Milano, Giorgia Severi, Giusy Pirrotta e Sunmin Park presenteranno i loro lavori video, per riflettere sulle conseguenze del cambiamento climatico. L’incontro si terrà il 29 gennaio, alle 19, e sarà curato da Andrea Lerda, che abbiamo raggiunto per farci dire di più.

Giorgia Severi, ARSA – restoring the world, still da video, video installazione a doppio schermo: proiezione, 2013, 15 minuti, edizione di 3, Courtesy l’artista e Studio la Città, Verona

Cosa può dirci di questo terzo appuntamento con Art Encounters? Come si è inserito all’interno della serie di eventi a tema?
«Oggi è diventato fondamentale affrontare il tema della sostenibilità in maniera sistemica. Ritengo quindi indispensabile il dialogo tra arte e scienza, così come quello tra pubblico e privato, tra politica, economia e cultura. Tutto è inevitabilmente interconnesso e le possibilità di una gestione sostenibile del mondo passano attraverso una nuova visione ecologica integrale.
Accolgo sempre favorevolmente le collaborazioni con aziende che in maniera reale investono nella sostenibilità ambientale, non solo intervenendo nella dimensione pratica ma agendo anche sulla diffusione di un nuovo pensiero e atteggiamento ecologico.
Nel 2014 ho creato il progetto Platform Green, progetto online che tenta di indagare il macro concetto “natura”, con un’attenzione particolare per le problematiche ambientali, l’estetica, l’etica dell’ambiente e del paesaggio. In quanto contenitore aperto, Platform Green si pone come archivio in divenire e come luogo di consultazione per chi, a vario titolo, è interessato alla relazione tra arti visive e ambiente. Da diversi anni sviluppo progetti curatoriali che mettono al centro le nuove dinamiche di relazione tra uomo e natura e dal 2018 collaboro come curatore al Museo Nazionale della Montagna di Torino, dove abbiamo deciso di attivare una riflessione sulle urgenze ambientali che vedono protagonista la montagna in questo inizio di XXI secolo.
L’invito si inserisce all’interno di questo mio approccio all’arte e al suo ruolo all’interno della società contemporanea».

Chi sono le artiste selezionate per l’occasione? Qual è il punto di contatto tra le loro ricerche?
«Le tre artiste selezionate per questo appuntamento sono Giorgia Severi, Giusy Pirrotta e Sunmin Park. Forse non è un caso che siano tre donne, dal loro approccio emerge un atteggiamento molto femminile, o meglio materno. Il loro approccio umano, concettuale e formale si lega in modi differenti ai concetti di cura e di salute. Nel loro modo di lavorare si sottolineano il dialogo e le connessioni tra mondi e meccanismi apparentemente distanti, volti a evocare visioni e possibilità per una relazione dinamica e costruttiva tra specie umana ed ecosistemi naturali».

Giusy_Pirrotta_3
Giusy Pirrotta, dettaglio video di The secret life of plants, 2019, installazione realizzata presso il Museomontagna in occasione di Tree Time, 2019. (Heterobasidion in piastre Petri, Foto credit Fondazione Edmund Mach), Trento

La proiezione dei video accompagna un talk con Nicola La Porta, ricercatore presso la Fondazione Edmund Mach (Trento). Nel suo lavoro si incrociano microbiologia, genetica vegetale, ecologia e sostenibilità. Che relazione nasce tra l’arte contemporanea e la scienza, in seno a queste iniziative?
«Nicola La Porta è un ricercatore con una visione di tipo scientifico, ma aperto al dialogo con l’arte. Il suo supporto è stato fondamentale per la produzione dell’opera The Secret Life of Plants, realizzata da Giusy Pirrotta e attualmente parte della mostra Tree Time che ho curato al Museo Nazionale della Montagna di Torino. Cerco molto spesso di mettere in dialogo arte, scienza e ricerca. Ritengo che in alcuni casi non si possa prescindere dal proporre progetti espositivi supportati da uno sguardo e da un confronto scientifico. Credo sia anche una questione di approccio curatoriale. Ma in fondo la techne ha ampiamente contribuito all’impasse in cui ci troviamo, credo sia importante metterla in dialogo con l’arte, con il suo potere di immaginare soluzioni, la sua naturale propensione alla creatività. Ingredienti fondamentali per una rilettura della nostra relazione con il nostro Io, con l’altro e con il mondo».

Giusy Pirrotta, veduta dell’installazione

Quale deve essere il ruolo dell’arte davanti a problematiche incombenti quali il cambiamento climatico? È possibile un attivismo che parta da progetti creativi?
«Credo che il ruolo dell’arte possa e debba essere sempre più cruciale. È evidente che non ha quasi alcun potere di agire concretamente all’interno di dinamiche globali. Questioni come la riduzione delle immissioni di CO2 nell’atmosfera, quello delle migrazioni di massa legate al cambiamento climatico sono chiaramente temi che devono essere dibattuti a livello politico. Tuttavia, come ho detto prima, l’arte ha il potere di creare un nuovo modo di osservare, di intendere e di sentire la realtà. Con l’arte possiamo immaginare nuovi mondi possibili, e nel dialogo tra arte e scienza una nuova “trans-socialità”.
In qualche modo l’arte diventa dunque una forma di attivismo. Alcuni artisti lavorano a mio avviso efficacemente in quella direzione, facendo della loro pratica artistica un connettore tra pensiero artistico, pensiero sociale, pensiero politico e pensiero economico. Si tratta spesso di azioni fuori dagli spazi dell’arte e interessate al dialogo con la dimensione pubblica, capaci di agire realmente all’interno dell’immaginario culturale collettivo, anche grazie all’attenzione che i media vi rivolgono. Mi vengono in mente ad esempio le azioni performative di Marinella Senatore e di Andreco, solo per citarne un paio di nomi nostrani».

Sunmin Park, Architecture of Mushroom, 2019, video a canale singolo, colore, suono, 15’18”. Courtesy l’artista

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