In Calabria disinnescare l’unità è un mestiere antico: lo sanno i calabresi, che permanentemente conservano un carattere proteiforme, eterogeneo, ché rispondono antropologicamente alle regole di una genetica della mescolanza. Questa ne ha definito nel tempo l’irrequietezza, l’adattamento alle dinamiche della migrazione, l’incessante poetica del Nòstos, che è malinconia e coraggio. Ogni operazione di radicamento è stata, da sempre, un’alternativa all’escavazione radicale per l’attitudine a moltiplicare rizomi, a fare cioè come la gramigna, a diffondersi e a imporsi per via di contaminazioni di superficie.
Su questa premessa, è partita dall’antico borgo di Gerace la prima edizione di Art Rizoma dal titolo “8 minuti dal sole”, il festival dell’arte e della cultura contemporanea promosso dalla Fondazione Rocco Guglielmo di Catanzaro, con la curatela di Alessandro Romanini e Rocco Guglielmo.
Tre i comuni coinvolti, Gerace, Roccella Ionica e Santa Caterina dello Ionio, e oltre 30 artisti invitati in un’operazione di promozione artistica e territoriale che farà riscoprire, fino al 20 settembre, alcune delle principali tappe della zona ionica calabrese, attraverso un dialogo che ben si armonizza tra le specifiche realtà culturali storicizzate e quelle più attuali. Nel corso di questa prima edizione, saranno coniati gli NFT non-fungible token legati ai tre luoghi espositivi. Si tratta di una delle prime serie di token artistici basati su tecnologie blockchain, realizzate in Calabria a cura di Civita Mostre e Musei.
Percorrendo la costa ionica calabrese, la rete ferroviaria si canalizza in un binario unico ma apre la visione su arenili dissimili, che diversificano, chilometro per chilometro, il paesaggio. In lontananza, man mano che ci si sposta nell’entroterra, le protesi di una grecità ancora viva, testimonianze della civiltà magno greca prima e bizantina poi. Il faro di Punta Stilo segna il confine tra la provincia di Catanzaro e l’area dell’antica colonia greca di Kaulon, coi resti del suo Tempio e di altri edifici di epoca romana.
Su questa linea orizzontale di varietà e respiro antico, di parole che cambiano suono e si declinano in idiomi sempre diversi, si insinua l’aspettativa di un’iniziativa che non vuole adattarsi, raccontarsi e raccontare un territorio per mezzo di tipologie della somiglianza, ma funzionare come motivo e strumento di coesione delle molteplicità. Un festival dell’arte contemporanea che, coinvolgendo – con cadenza annuale – artisti italiani e internazionali, intende rispondere alle esigenze manifestatesi nel nuovo e controverso panorama artistico-culturale e socio politico, nell’accezione più creativa della resilienza.
Da qui l’applicazione del concetto di Rizoma, preso in prestito dalla botanica e utilizzato metaforicamente già da Deleuze, per la capacità di tale fenomeno di far sviluppare autonomamente nuove piante, anche in condizioni sfavorevoli. A Gerace, a Roccella Ionica e a Santa Caterina dello Ionio, Art Rizoma offre al pubblico la possibilità di godere di un’esposizione temporanea e dislocata in edifici normalmente non deputati alla fruizione artistica, benché intrisi di grande valore testimoniale.
Art Rizoma potrebbe significare, prima di tutto, sistema connettivo. Un modo non gerarchicamente organizzato di mettere in relazione opere, artisti, luoghi, fruitori, fenomeni.
Poi, un modello semiotico, che permette di non categorizzare perché esclude dall’operazione di selezione, analisi ed esposizione, i criteri basati su metodi scientifici tradizionali: non si individua, ad esempio, come elemento coesivo, il tema, lo stile, il dato cronologico. Non è un caso, ad esempio, che la tela ripiegata di Cesare Berlingeri, in un giallo molto pigmentato, si accosti con eleganza alle tarsie marmoree dell’arco trionfale della Chiesa di san Francesco, a Gerace, e che allo stesso modo e nel medesimo luogo, faccia la ceramica irriverente di Luigi Ontani, che si lascia alle spalle la policromia barocca dell’altare minore o il monumento funebre trecentesco del principe Nicola Ruffo – opera di un discepolo dello scultore senese Tino da Camaino.
Sempre a Gerace, Antonio Tropiano scolpisce nel legno una nuda introspezione e segna la strada, nel succorpo della Cattedrale di Santa Maria Assunta, per la cappella della Madonna dell’Itria, coi suoi stucchi ottocenteschi che ne decorano la volta. Non molto distante, il movimento ondulatorio del bronzo di Gianfranco Meggiato e l’attesa poetica di Sandro Chia, solo alcuni degli interventi presenti.
Nella piccola chiesa dell’Annunziatella, tra le tante di fondazione bizantina a Gerace, Massimo Sirelli regala un’iconica Madonna urbana, che si staglia nella zona absidale, dove resiste qualche residuo di decorazione parietale. Solitario è pure il contributo di Roberto Fanari nella più appartata chiesa di Santa Caterina, che immortala il movimento in istanti di purezza e nostalgia, un viaggio del ritorno simbolicamente reso in bianco e oro.
Dall’ingresso della Chiesa di San Martino si anticipa l’illusionismo ludico di Veronica Montanino, una griglia di linee dai colori fluo, che spezza le tipicità dell’interno barocco e in prossimità degli altari gli atipici ex voto e reliquiari di Nicola Evangelisti e Bankeri. Nel Castello Carafa di Roccella Ionica e nel Palazzo di Francia di Santa Caterina dello Ionio, negli spazi non meno sacri della convivialità, Giovanni Longo, Antonio Pujia Veneziano, Michelangelo Pistoletto e Wim Delvoye, tra gli altri, contribuiscono, a partire da interventi e materiali differenti, a una rilettura dello spazio privato, in un gioco di visibilità che risente della luminosità esterna, qualche volta agendo da rifrattori.
La luce è un fattore imprescindibile per la configurazione della vita: indispensabile per compiere diversi processi chimici, biologici e fisiologici, in tutte le forme viventi della terra. Lo è per lo sguardo e, conseguentemente, per la significazione. Lo è per l’espressione artistica, nel modo che ha avuto, in secoli di sperimentazione, di partecipare alla resa volumetrica e prospettica, di variare la tavolozza cromatica, di compiersi in rifrangenze e riverberi.
Anche nei luoghi coinvolti in questo diagramma delle invasioni contemporanee, che è Art Rizoma, la luce ha un ruolo decisivo e per questo ne diventa titolo e filo-conduttore. Il taglio che riesce a dare, insinuandosi nelle strettoie, nelle chiese – attraverso i rosoni, le vetrate, le bifore – nei cortili e nelle stanze dei palazzi nobiliari, è la premessa di una suggestione che si amplifica e diventa narrazione dell’incontro. Allo stesso modo, ogni paradigma dell’attualità, che si esemplifica nelle opere proposte, invadendo l’alterità dello spazio in cui è stato deposto, a cui è stato destinato, diventa un faro – luminoso – come segnale di un controtendenza.
Gli artisti coinvolti: Arman, Christian Balzano, Bankeri, Roberto Barni, Cesare Berlingeri, Bertozzi & Casoni, Sandro Chia, Vittorio Corsini, Wim Delvoye, Pino Deodato, Brice Esso, Nicola Evangelisti, Roberto Fanari, Giovanni Longo, Gonçalo Mabunda, Masbedo, Gianfranco Meggiato, Veronica Montanino, Gian Marco Montesano, Alexey Morozov, Luigi Ontani, David Paolinetti, Massimiliano Pelletti, Pino Pinelli, Alex Pinna, Michelangelo Pistoletto, Antonio Pujia Veneziano, Turi Simeti, Massimo Sirelli, Antonio Tropiano, Giuseppe Uncini, Zeroottouno.
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