30 agosto 2022

Arte al Centro di una trasformazione sociale responsabile: l’intervista

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A Biella, la 24ma edizione della rassegna che racconta le pratiche artistiche in relazione ai contesti sociali: ce ne parlano Paolo Naldini, direttore di Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, e il curatore Giorgio Verzotti

Veduta esterna Cittadellarte-Fondazione Pistoletto, ph Enrico Amici

Cittadellarte – Fondazione Pistoletto di Biella ha inaugurato lo scorso 1 luglio “Arte al Centro 2022 di una trasformazione sociale responsabile”, una rassegna di mostre, incontri e seminari il cui obiettivo è quello di esplorare tutte quelle pratiche artistiche contemporanee che si pongono al centro dei processi di cambiamento sociale fondati sulla responsabilità. Per rispondere alla domanda su come l’Arte possa relazionarsi attivamente con le realtà territoriali e inserirsi nei processi di trasformazione dei contesti sociali, abbiamo parlato con Paolo Naldini, direttore di Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, e con Giorgio Verzotti, curatore della mostra “Quattro pezzi (non tanto) facili”.

Paolo Naldini, dal 1998 Cittadellarte – Fondazione Pistoletto ospita la rassegna Arte al Centro, secondo lei qual è la trasformazione più evidente che l’arte mette in atto nel contesto sociale? Ce ne parli anche in relazione alle attività che si svolgono presso la Fondazione Pistoletto di Biella.

«Ormai si sta affermando un ruolo del tutto nuovo dell’arte. Per noi, fin dagli anni ’90, con il manifesto di Pistoletto di Progetto Arte, l’arte non è più caricata solo di un ruolo rappresentativo, né limitata alla denuncia; non basta più la critica, ma si sente la necessità di una proposta fattiva e di attività concrete di collaborazione con i contesti territoriali, costruendo le infrastrutture del convivere e del condividere. Cosa vuol dire? Per esempio l’infrastruttura dell’acqua. A me piace dire che questo è diventato un argomento osceno, ovvero ob scenum, fuori dalla scena, insieme alle questioni del come si vive, come ci si nutre, da dove viene il cibo. Davanti al senso di smarrimento che ci lascia questa oscenità, l’arte recupera alcuni temi dal fuori scena, inserendoli in contesti dove non si denuncia ma si costruisce. Se nel teatro sul proscenio si svolgeva la rappresentazione, oggi l’opera collettiva e sociale viene elaborata riprendendo le infrastrutture del vivere».

Sede del Terzo Paradiso, Biella. ph Pierluigi Di Pietro

Questo è l’approccio che avete perseguito nel progetto S+T+ARTS4Water?

«Si, in questo progetto ci si occupa e preoccupa del locale e della dimensione globale, come lo scioglimento dei ghiacciai e i sedimenti che tramite i fiumi arrivano negli oceani per poi rientrare in una circolarità del ciclo dell’acqua, che spesso – come nel caso delle microplastiche – è a discapito del pianeta. A questo proposito, nell’ambito di S+T+ARTS4Water, l’artista americano Joshua Stein, ha presentato un progetto Sediment as Cultural Heritage, in collaborazione con gli scienziati e climatologi delle Università di Torino e di Milano (S+T+ARTS viene dall’unione di Science, Technology e Arts), andando a ricostruire il viaggio dei residui antropici e dandone una rappresentazione vivente con la ricostruzione, all’interno della mostra, di una porzione di letto fluviale questo per farci rendere conto “dell’oscenità” che è l’impatto antropico.

Theresa Schubert invece ha lavorato a Glacier trilogy (in progress): il suo lavoro è consistito nel fornire migliaia di fotografie reali di ghiacciai e nell’insegnare a una macchina a immaginare ed elaborare immagini di ghiacciai non esistenti. Il suo messaggio è molto forte: se non invertiamo la marcia l’unico modo per vedere i ghiacciai sarà attraverso una figura prodotta da una macchina».

ph. Pierluigi Di Pietro
ph. Pierluigi Di Pietro

Mentre in cosa consiste il progetto Biella città arcipelago?

«Questo è un lavoro più di avanguardia, intesa come l’attivazione di processi costituenti cioè che costituiscono società. Nel biellese, territorio in transizione ancora fortemente identificato con l’industria tessile, si attiva in questa mostra-laboratorio un processo partecipato di progettazione del proprio futuro. Il nostro territorio è costituito da aggregati urbani sviluppatisi lungo i fiumi, che si comportano come un distretto e agendo come un arcipelago con isole interconnesse. In questi territori, tolti dal focus della nostra attenzione concentrata sulla grande città metropolitane, ci siamo preoccupati dalle aree interne, delle zone mediali, fondamentali per la sussistenza della città, ma in cui manca spesso una narrazione. Il nostro è dunque un progetto partecipato di sviluppo territoriale sostenibile che genera dall’arte».

ph. Pierluigi Di Pietro
ph. Pierluigi Di Pietro

Giorgio Verzotti ha pensato all’esposizione delle opere di quattro artisti comunque legati alla materia prima, uniti dall’interesse verso l’approccio e alla gestualità, di fatto è proprio questa necessità di rievocare l’ancestrale che lega i contributi presentati nella rassegna Arte al Centro. I progetti Biella città arcipelago e S+T+ARTS4Water come si relazionano con la mostra “Quattro pezzi (non tanto) facili”?

«Certamente, il punto in comune sta nel fatto che queste quattro posizioni artistiche sono caratterizzate dall’essere espressione della ricerca radicale dell’arte, sono tutte alla base della posizione artistica rispetto al reale, nonché sono l’essenza stessa del gesto artistico messo in evidenza nelle opere. Così, secondo l’idea di Michelangelo Pistoletto, si va a riattualizzare l’approccio, la storia e l’eredità dell’Arte Povera, quindi a ricollegare il seme della Cittadellarte che poi è fiorito e cresciuto nelle pratiche contemporanee».

Quattro pezzi (non tanto) facili, veduta della mostra, ph. Pierluigi Di Pietro. Biella, 2022

Giorgio Verzotti, lei ha curato la mostra “Quattro pezzi (non tanto) facili”, quali sono secondo lei i legami tra gli artisti e gli intenti della Fondazione Pistoletto?

«Per scelta di Pistoletto la Fondazione ha dedicato dei locali ai giovani artisti o alle nuove ricerche contemporenee. Qui trovano un luogo per esporre quattro artisti scelti da Pistoletto in occasione di una mostra collettiva tenutasi presso la Galleria Woolbridge a Biella, con l’idea di iniziare una forma di collaborazione con altre istituzioni rivolte all’arte, aprendosi così verso il territorio e alle nuove tendenze e ricerche. Gli artisti selezionati presentano linguaggi diversi, il video e la fotografia di Filippo Berta, la scultura di Massimo De Caria, la pittura di Daniele Innamorato e i disegni e le sculture dei fratelli Carlo e Fabio Ingrassia, tuttavia sono tutti accomunati da una riflessione sul tempo e da una ricerca profonda sulle trasformazioni interna dei materiali la cui espressione da’ a sua volta luogo a una trasformazione esterna, nel senso che produce una relazione sociale».

Quattro pezzi (non tanto) facili, veduta della mostra, ph. Pierluigi Di Pietro. Biella, 2022

Quindi quella di “Quattro pezzi (non tanto) facili” è molto più che una condivisione di intenti con Cittadellarte – Fondazione Pistoletto.

«Si, assolutamente. Cittadellarte, Arte al Centro e tutta l’attività di Michelangelo Pistoletto si sono concentrate sul verificare e dimostrare che un’opera d’arte non è mai un atto singolo e solipsistico di un’artista che si esprime: l’opera d’arte può essere un oggetto, ma anche un’azione e un evento che si apre alla collaborazione di una collettività. Tutto questo a partire dal gesto dell’artista, ovvero dal pensiero intuitivo. Con questa mostra abbiamo voluto focalizzare l’attenzione sul pensiero intuitivo dell’artista per capire cos’è e come si forma, come viene espresso durante il momento originario della creazione, in cui si pone e si apre alla fruizione degli altri. È un gesto necessario, nonché nello spirito dell’opera di Pistoletto e della Fondazione: dal singolo alla collettività senza mai perdere la tensione creativa, senza che si stemperi e perda forza».

Quattro pezzi (non tanto) facili, veduta della mostra, ph. Pierluigi Di Pietro. Biella, 2022

A questo punto parliamo degli artisti in mostra. Ci racconti le storie di Filippo Berta, Massimo De Caria, Carlo e Fabio Ingrassia e Daniele Innamorato.

«Filippo Berta lavora con il video, compiendo azioni collettive molto cariche di simbolismo, la sua opera mostra una comunità che guarda al proprio disfacimento quindi sull’idea di una società che si deve rinsaldare su dei valori. Una denuncia elaborata in un modo molto forte e deciso: la sua è l’elaborazione poetica di un problema attuale fondamentale come l’immigrazione, lasciandoci riflettere anche su come gli stati forti negano i diritti dei migranti.

Massimo De Caria è uno scultore che lavora molto con il ferro eseguendo opere cinetiche, mobili. In mostra è il contributo che si allaccia di più con l’Arte povera per la trattazione dei materiali: si presenta, infatti, con tre alti tavoli di tre metalli differenti, bronzo rame e ferro, sopra cui l’artista ha rovesciato dei bicchieri con dell’acqua che entrando in contatto con i metalli li arrugginisce in modi differenti.

Daniele Innamorato lavora sulle grandi dimensioni, elaborando una pittura molto gestuale fatta di sovrapposizioni, qui c’è un’esecuzione minuziosa di colate e pennellate che esaltano le reazioni tra i colori, in cui possiamo trovare un’attenzione, un distacco mentale dentro l’irruenza del gesto.

I gemelli Carlo e Fabio Ingrassia presentano delle opere uniche nel loro genere per la pratica con cui sono state realizzate, il loro è un lavoro basato sul tempo lungo e sulla minuzia del segno: gli Ingrassia eseguono dei piccoli disegni, creati grazie a un lunghissimo lavoro svolto da entrambi con delle lenti di ingrandimento: in una piccolissima porzione di spazio, uno fa il segno e l’altro lo accorda agli altri, realizzando delle piccole visioni, un’onda nel mare, un bosco sacro, o addirittura – come trompe-l’oeil concettuale – un buco nel muro. L’opera finita si ottiene con mesi di lavoro, per poi essere letteralmente inserita nell’intonaco del muro, proprio perché tutto il processo è un lavoro sul tempo che non va confuso con quello dell’esposizione».

Quattro pezzi (non tanto) facili, veduta della mostra, ph. Pierluigi Di Pietro. Biella, 2022

Il tempo è dunque un elemento fondamentale per le opere in esposizione.

«Senza ombra di dubbio. Il tempo della realizzazione e della fruizione è il punto di forza di tutte le opere, per questo è stata data grande importanza al processo: tutti gli artisti sono stati scelti per l’importanza che conferiscono alla trasformazione dell’opera nel tempo, sia in quello della sua realizzazione che della percezione. Oltre ai fratelli Ingrassia, questo concetto è evidente nella scultura di Massimo De Cavia, il quale gioca sui rapporti fra i metalli e l’acqua quando si crea la ruggine, nella pittura gestuale e fenomenica di Innamorato e nei video di Berta in cui c’è un lavoro sul tempo percepito filmico e reale».

Quattro pezzi (non tanto) facili, veduta della mostra, ph. Pierluigi Di Pietro. Biella, 2022

Fino alla fine di settembre sarà possibile partecipare a tutti gli eventi proposti nell’ambito di Arte al Centro 2022 da Cittadellarte di Biella, visitare le mostre e apprendere quanto il concetto di arte ormai possa avviare dei meccanismi di sensibilizzazione ai valori collettivi e di cooperazione. Una importante rassegna per il sociale, dunque, che non termina con gli allestimenti temporanei, ma che trova una eco nelle mostre permanenti e in quelle giornate di inizio ottobre e del 31 marzo in cui la Fondazione Pistoletto di Biella si dedica ai giovani e agli artisti interessati a mettere in atto azioni concrete di coproduzione.

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