Vino e Arte sono due mondi solo in apparenza lontani, anzi a volte sono legati da legami di lunga durata, come nel caso di Antinori, famiglia fiorentina che, dal 1385, coltiva l’amore per le arti. Da oltre 600 anni, la famiglia Antinori ha legato il proprio nome all’eccellenza nell’arte del vino e alla migliore tradizione mecenatistica. Due ambiti, sulle prime, molto diversi ma che, in realtà, hanno spesso proceduto in parallelo: la famiglia ha spesso affidato all’arte il compito di raccontare i valori e la storia della loro casata, il cui stemma è anch’esso un’opera di pregio artistico, uscita agli inizi del ‘500 dalla bottega fiorentina dello scultore e ceramista Giovanni della Robbia.
Una relazione quella con l’arte di lunga durata e la cui sintesi si può ammirare nella nuova cantina Antinori inaugurata nel 2012, una struttura scavata nelle terre del Chianti Classico, che raccoglie dipinti, ceramiche e antichi manoscritti e numerose opere site specific create per raccontare questo legame speciale tra mondo del vino e l’arte. Concepito dall’architetto Marco Casamonti, l’edificio affonda nelle profondità della collina ricoperta di vigne e si immerge letteralmente nella terra con le sue linee sinuose, una sorta di invito alla comunione con la natura.
Da qui è nato un vero e proprio progetto, Antinori Art Project, che muove dall’idea di creare una naturale prosecuzione dell’attività̀ di collezionismo che fa parte della tradizione della famiglia, indirizzandola però verso le arti e gli artisti coevi. Antinori Art Project è infatti una piattaforma di interventi in ambito contemporaneo, realizzata in collaborazione con curatori affermati, che raccoglie sotto un’unica progettualità̀ coerente tutte le progettualità̀ messe in campo in questo settore. In questo modo la cantina è diventata un punto di riferimento non solo per gli appassionati del vino ma anche dell’arte e di tutti quelli che amano il bien vivre.
Tra le new entry è l’opera site specific di Elisabetta Benassi che è partita da un telegramma che il compositore Giacomo Puccini inviò al Marchese Piero Antinori nel 1910, in occasione della Prima dell’opera lirica La fanciulla del West alla Metropolitan Opera di New York. Per l’occasione, l’artista ha realizzato un tappeto – La fanciulla del West, 2023 – in cui viene trasposto proprio quel celebre telegramma che racconta dell’eccezionale successo avuto da Arturo Toscanini. Il telegramma originale è custodito dalla famiglia, insieme a un corposo carteggio, a testimonianza di un’amicizia storica che vide intrecciarsi la storia di questa antica famiglia fiorentina a quella della cultura italiana.
Non solo un’opera d’arte ma anche una testimonianza di saper fare artigianale: il tappeto è stato infatti annodato a mano a Katmandu, città in cui Benassi è tornata a più riprese, un’idea che evoca anche il viaggio dell’artista che si fonde nel progetto. Commenta la stessa artista: «Questo telegramma è un messaggio di amicizia e condivisione che racconta del trionfo di quest’opera lirica rappresentata a New York nel 1910. Questo telegramma è una sorta di macchina del tempo che unisce il passato al presente, un tappeto volante e un ponte che collega questi due momenti. Mi piace l’idea che questo documento diventasse un oggetto comune, un tappeto su quale anche camminare».
Elisabetta Benassi è un’artista poliedrica che indaga, attraverso una rigorosa ricerca, le storie dei luoghi e delle persone creando installazioni, opere su carta, fotografie, sculture e video. Erede della tradizione concettuale realizza opere poetiche e suggestive presentate con un linguaggio formalmente rigoroso e insieme sottilmente ironico dando vita a inaspettate performance interpretate in prima persona. «I miei lavori nascono dalla relazione con un luogo, con la sua storia. Non ho un materiale prediletto. Mi interessa creare dei cortocircuiti spazio-temporali nei quali il presente si rivela un residuo, un’impronta di un passato o di un futuro che credevamo di aver archiviato e che invece ritorna. Guardare le cose una seconda volta, guardarle in controluce, metterne in luce la struttura nascosta…», commenta Elisabetta Benassi.
Un vero e proprio spazio museale integrato nel percorso di visita all’interno della cantina che ospita la storica collezione della famiglia che ha visto uno speciale programma di commissioni annuali, molte delle quali site-specific, rivolto a importanti artisti della scena artistica nazionale e internazionale. Gli interventi hanno visto nel biennio 2012-2013, a cura di Chiara Parisi, il coinvolgimento di Yona Friedman, Rosa Barba e Jean-Baptiste Decavèle.
Nel 2014, con l’arrivo di Ilaria Bonacossa alla direzione artistica biennale del progetto, ha visto la partecipazione di Tomàs Saraceno che ha realizzato l’opera Biosphere 06, cluster of 3, installata nello spazio verticale dello scalone interno della cantina; nel 2015 la mostra Still Life Remix, dedicata all’intramontabile tema della natura morta, l’installazione dell’opera Clessidra dell’artista Giorgio Andreotta Calò; nel 2016 l’acquisizione dell’opera site-specific Giant Fruit di Nicolas Party nell’ambito di Antinori Art Project; la commissione dell’opera Portal del Angel dello scultore Jorge Peris, un precario arco di trionfo realizzato attraverso la riappropriazione di materiali locali, come gli antichi orci di terracotta usati storicamente per conservare l’olio.
Nel 2017 è stata la volta di Stefano Arienti che, in dialogo profondo con la preziosa “Lunetta Antinori”, ovvero La resurrezione di Cristo di Giovanni della Robbia risalente al XVI Secolo, ha realizzato Altorilievo: una rielaborazione della logica compositiva dell’opera del Della Robbia. Nel giugno 2019 la famiglia Antinori, ha presentato Untitled (Antinori), un nuovo importante progetto installativo site-specific, commissionato all’artista statunitense Sam Falls (San Diego, 1983).
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