BELLEARTI è un’associazione fondata nel 2019 a Brescia che lega operatori e appassionati d’arte con l’intento di dare vita a progetti, eventi ed esposizioni all’interno di spazi collettivi. Essa coinvolge personalità dall’impronta internazionale con il fine di instaurare sempre nuovi punti di contatto e scambio nel fitto reticolo dell’arte contemporanea. L’associazione è spesso collegata al MO.CA – Moretto.Cavour, Centro per le nuove culture di Brescia che risiede a Palazzo Martinengo Colleoni di Malpaga, a cui fa riferimento lo stesso acronimo. Situato nel nucleo della città storica, il centro culturale mira a produrre e a rendere fruibile il patrimonio in esso contenuto attraverso vari allestimenti, tra i quali ricordiamo ART DRIVE-IN, la prima mostra curata tra il giugno e l’ottobre dello scorso anno nello spazio del Garage dell’Agenzia Generali Brescia Castello. L’esposizione oggi prosegue proponendo lavori innovativi e presentando LA PLAGE, l’ultima opera di Land Art di Pascale Marthine Tayou (Camerun, 1966), artista noto a livello mondiale e attualmente attivo nel Paese originario dello Yaoundé e a Gand, in Belgio.
L’installazione dalle distese dimensioni, visibile fino al 21 ottobre 2021, consiste in una successione di centinaia – saranno circa 600 – di ombrelloni da spiaggia colorati, piantati all’aperto tra i filari della vigna urbana, riconosciuta come la più grande d’Europa con i suoi quattro ettari e divenuta Vigneto Pusterla di Monte Rossa, nonché cantina storica del Franciacorta guidata da Emanuele Rabotti. «Mi piace pensare che LA PLAGE di Tayou, uno degli artisti africani più noti al mondo con numerose esposizioni internazionali e biennali d’arte, sia l’apripista della nostra missione 2023, quando Brescia insieme a Bergamo saranno Capitali Italiane della Cultura», ha spiegato Rabotti.
Gli ombrelloni che compongono l’opera sono chiusi da larghi nastri dai colori vivaci, simbolica allusione alla spensieratezza dell’infanzia che caratterizza l’arrivo di una nuova stagione, stringendo in un nodo saldo l’immaginario contemporaneo e i ricordi lontani, dimostrando che “non importa quanto pensiamo di essere grandi, saremo sempre più piccoli della natura”.
Se il selciato nei lavori dell’artista ha sempre corrisposto alla rivolta, la spiaggia sembrerebbe coincidere con la tregua, facendosi senso da cui si origina l’operato. La nuova creazione di Tayou, in maniera equivalente alle precedenti, pone le basi di una ricerca in continua evoluzione ed espansione, miradno a ripristinare il contatto tra l’esperienza artistica e quella antropologica, riflettendo sul ruolo dell’individuo nel mondo e alla sua identità nazionale e culturale.
L’artista “cosmopolita”, interprete di un’arte globale, volutamente mobile poiché sfuggente agli schemi precostituiti e legata all’idea di viaggio, all’incontro e al non scontro con l’altro, mescola usanze e stimoli geografici. Quella del viaggiatore sembra essere, per Tayou, non solo una condizione di vita, ma una forma mentis in grado di sovvertire i rapporti sociali, gli assetti politici, economici e simbolici del vivere. Lo dimostra l’inizio della sua carriera, quando l’artista decise di aggiungere una “e” al suo primo e secondo nome per conferire loro un finale femminile, prendendo ironicamente le distanze dalla paternità artistica e dall’etimologia uomo/donna.
Con LA PLAGE, Tayou sottolinea il concetto di un’umanità policentrica nella quale ogni individuo, compreso l’artista, detiene il motivo di partenza e ogni punto, come quello fissato dagli ombrelloni, ne è il fulcro. In essa prevale l’interesse per i materiali e i significati che ne racchiude, per mezzo dei quali l’artista fa coincidere l’ombrellone chiuso al bozzolo di una farfalla, come preludio alla metamorfosi e al rinnovamento. È un chiaro riferimento, tramite un linguaggio spontaneo e mai politicizzato, alla ripresa dell’Italia nel periodo post-pandemico e in quello del dopoguerra, di cui emblematiche sono le foto delle grandi spiagge affollate.
«Il mondo intero – conclude Pascale Marthine Tayou – si porta addosso da più di un anno una misteriosa e sinistra tortura, dramma invisibile che non risparmia nessuno, di cui Brescia è divenuta simbolo. Una fioritura di ombrelloni piantati nel vigneto, come un sogno a colori, ci invita alla tavola della felicità. Progetto e simbolo della rinascita: il ricordo che mi auguro di tenere per sempre dell’Italia, quasi un pixel della gigantesca fotografia della mia gioia di vivere all’italiana».
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