Giorgio de Chirico, Le figlie di Minosse, 1933, olio su tela, cm 55,2x75 © GIORGIO DE CHIRICO, by SIAE 2025
Dopo aver celebrato, lo scorso anno, la cinquantesima edizione, Arte Fiera continua a consolidare il suo ruolo come piattaforma di riferimento per il mercato dell’arte in Italia. L’edizione 2025, dal 7 al 9 febbraio, punta a offrire una visione ancora più dettagliata del panorama artistico, per attrarre non solo il pubblico italiano ma anche collezionisti e appassionati internazionali. L’occasione è buona anche per riscoprire i grandi Maestri che, con le loro ricerche, hanno attraversato le fasi più emblematiche del Novecento italiano. In questo senso è orientata la scelta della Galleria Frediano Farsetti di Milano, il cui stand A46 nel padiglione 26 accoglierà i visitatori con una proposta che unisce maestri indiscussi e sperimentazioni innovative, offrendo uno spaccato significativo della vitalità del panorama artistico italiano del secolo scorso.
Al centro dell’esposizione presentata dalla Galleria fondata nel 1999, spicca Le figlie di Minosse (1933), un’opera che riassume l’essenza visionaria della Metafisica di Giorgio de Chirico. Le tele di De Chirico, definite da lui stesso come creazioni di un «Sognatore sveglio», rappresentano una mitologia contemporanea intrisa di inquietudini e turbamenti, simboli di un’epoca di trasformazioni radicali. L’influenza di De Chirico sulla scena artistica europea e, in particolare, sul gruppo dei “Les Italiens de Paris” – composto, tra gli altri, da Massimo Campigli, Filippo de Pisis e Gino Severini – è un esempio lampante della capacità dell’arte italiana di dialogare con le avanguardie internazionali mantenendo una forte identità culturale.
Un’altra opera iconica in mostra è Battaglia navale (1952-53) di Emilio Vedova, uno dei protagonisti assoluti dell’Informale italiano. L’opera, un’esplosione di pennellate in bianco e nero, incarna il pathos di un’epoca segnata da profonde contraddizioni e riflette il tormento emotivo dell’artista. Vedova, che molti critici e storici dell’arte hanno affiancato a Jackson Pollock, è stato un ribelle della pittura, capace di trasformare la tela in un campo di battaglia in cui segno e colore si scontrano in un perenne confronto tra caos e logica. Come osserva lo storico Werner Haftmann, le opere di Vedova di quegli anni rappresentano «Un dialogo violento» che travalica i confini formali per esplorare nuove dimensioni espressive.
La poetica dell’oggetto trova una rappresentazione straordinaria in Acqua (1972) di Mario Ceroli. L’uso del legno grezzo, caratteristico dell’artista, lo avvicina alle ricerche dell’Arte Povera ma la sua interpretazione resta profondamente personale, con una tensione tra materialità e simbolismo. Ceroli, ispirato anche dalla Pop Art americana, trasforma materiali “poveri” in opere di grande potenza visiva e concettuale, offrendo una riflessione sulla fragilità e la forza della natura.
Infine, la Superficie bianca (1998) di Enrico Castellani rappresenta l’evoluzione delle avanguardie del secondo Novecento. Con le sue celebri “estroflessioni” e “introflessioni”, Castellani sfida i limiti della bidimensionalità pittorica, creando superfici monocrome che diventano metafore di un infinito tangibile. Insieme a Lucio Fontana e Agostino Bonalumi, Castellani ha contribuito a ridefinire il linguaggio visivo contemporaneo, spingendo la pittura verso una dimensione scultorea.
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