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Arte o abuso? Nina Beier accusata dagli animalisti per una performance
Arte contemporanea
di redazione
Una performance di Nina Beier, svoltasi lo scorso fine settimana al Museo Tamayo di Città del Messico, è finita al centro di una accesissima querelle, accusata di violenze e abuso sugli animali. L’opera è intitolata Tragedy e, in realtà, risale a diversi anni fa ma è stata rimessa in atto nell’ambito di una mostra personale, aperta il 23 maggio e visitabile fino al 29 settembre 2024, che l’importante museo d’arte contemporanea, situato nella foresta di Chapultepec, ha dedicato all’autrice danese. Per la performance, un branco di cani giace su dei tappeti: completamente immobili, gli animali fanno finta di essere morti fino a quando un addestratore, camuffato tra il pubblico, non dà il segnale di alzarsi. L’opera era stata presentata all’edizione 2011 di Art Basel e in diverse mostre tenutesi ai Glasgow Sculpture Studios e alla galleria Metro Pictures di New York, senza suscitare particolare scalpore, almeno tra gli animalisti che invece, questa volta, non l’hanno presa affatto bene.
Le immagini e i video di Tragedy sono diventati virali sui social ma molti utenti hanno denunciato un possibile abuso. «Nel mezzo della peggiore crisi climatica che il Paese deve affrontare, il Museo Tamayo permette alla danese Nina Beier di maltrattare cani visibilmente agitati, stressati e assetati. Il Ministero della Cultura non avrebbe dovuto autorizzare questo abuso sugli animali e dovrebbe fermarlo immediatamente. È una tortura!», ha scritto un utente in un post su X che ha ottenuto più di 2mila reazioni e 200mila visualizzazioni. «Non sembrano affatto stressati, e il museo è climatizzato e sicuramente c’è qualcuno che dà loro acqua e cibo», ha risposto un altro utente. Ma secondo qualcun altro, «L’husky ha le orecchie ritratte, è un segno dei cani quando sono sotto stress e ansia, il corgi ansima, ha la lingua fuori perché ha sete».
Insomma, la valanga Social è partita e la cosa è rapidamente sfuggita di mano, arrivando a coinvolgere addirittura le alte sfere della politica: «Come amante degli animali, mi unisco alla condanna di questi eventi», ha scritto il capo del governo ad interim di Città del Messico, Martí Bartres. Al momento, sulla vicenda sta indagando il PAOT, un ufficio statale che vigila sui diritti ambientali in Messico.
Peraltro, Tragedy non è l’unica opera di Nina Baier nella quale compaiono degli animali, spesso usati e decontestualizzati come elementi altamente simbolici. È il caso, per esempio di Guardians, una installazione ambientale con leoni – di marmo – commissionata e prodotta nel 2022 dalla Pinacoteca Agnelli di Torino ed esposta anche nella mostra in Messico. Nella stessa occasione sono stati esposti anche 2500 vasi con piante, decine di statue di cani di porcellana, vari manichini di bambini e un toro meccanico. La maggior parte di queste opere prevedono anche un’attivazione performativa, proprio come Tragedy, dove però i cani sono vivi e vegeti.
La direttrice del Museo Tamayo, Magali Arriola, ha rilasciato una dichiarazione in cui condannano gli abusi sugli animali e affermano che Tragedy non li ha in alcun modo promossi. Da notare anche che il Museo Tamayo è «L’unico museo di Città del Messico che ha un rapporto paritario con la sua comunità cinofila», poiché ai cani è periodicamente consentito l’accesso insieme ai propri umani: «Al Museo Tamayo, i cani fanno parte della comunità di visitatori e vengono trattati con dignità e rispetto». Anzi, secondo Beier, Tragedy e altre opere simili dovrebbero mettere in evidenza proprio come gli esseri umani tentino di padroneggiare la natura. In ogni caso, il museo ha dichiarato che rispetterà la decisione PAOT, evitando quindi di rimettere in azione la performance fino alla conclusione delle indagini.