Arte o celebrazione? In Inghilterra è polemica sulla statua della Regina Elisabetta II

di - 5 Gennaio 2025

Il Regno Unito si prepara a commemorare la defunta regina Elisabetta II con un monumento imponente a St. James’s Park, vicino a Buckingham Palace di Londra. Il progetto, che è stato messo a bando, ha un budget stimato tra 23 e 46 milioni di sterline e sarà finanziato con fondi pubblici, sollevando interrogativi sulle priorità del governo, in un periodo di austerità economica che ha colpito duramente settori come l’arte e la cultura.

Il concorso per la statua di Elisabetta II

Il concorso internazionale per il monumento, aperto a dicembre 2024, prevede due fasi: una selezione preliminare e una fase di progettazione finale per i cinque candidati selezionati. La proposta vincente verrà annunciata nell’estate 2025. La giuria, composta da esperti come Sandy Nairne, ex direttore della National Portrait Gallery, e rappresentanti governativi, valuterà i progetti in base a vari criteri, tra cui il rapporto qualità-prezzo.

La statua intende celebrare la regina Elisabetta II, il monarca più longevo del Regno Unito, come figura unificante e simbolo della storia nazionale. Tuttavia, la somma destinata all’opera suscita polemiche in un contesto di crescenti difficoltà economiche per le istituzioni culturali e sociali del paese.

Tagli alla cultura e fragilità del sistema artistico

Negli ultimi anni, infatti, i tagli ai finanziamenti pubblici hanno drasticamente ridotto le risorse a disposizione delle istituzioni culturali. Dal 2017, i fondi destinati agli enti locali in Inghilterra sono calati del 48%, causando la chiusura di oltre 500 musei dal 2000. L’Eastleigh Museum nell’Hampshire e il Museum of Cannock Chase nelle West Midlands sono alcune delle vittime di questa crisi.

Anche istituzioni di punta come la Tate, che riceve il 30% dei suoi finanziamenti dal governo, affrontano gravi difficoltà economiche. Il rapporto annuale di quello che è uno dei musei più iconici al mondo, ha evidenziato un deficit di bilancio nel 2024-2024 per il secondo anno consecutivo, segnalando la necessità di un nuovo modello di sostenibilità finanziaria.

In questo scenario, la decisione di destinare fino a 46 milioni di sterline per la statua della regina appare controversa. Molti commentatori hanno osservati che tali fondi potrebbero essere utilizzati per sostenere musei regionali in crisi e per finanziare programmi culturali ma anche per migliorare servizi essenziali come il sistema sanitario nazionale. Inoltre, molti suggeriscono che il monumento potrebbe essere finanziato attraverso il Sovereign Grant, la sovvenzione annuale che sostiene la monarchia, invece che dai contribuenti. La sovvenzione per il 2024-25 ammonta a 86,3 milioni di sterline, la maggior parte dei quali viene spesa per la manutenzione delle proprietà e per i costi del personale.

Il valore della cultura viva e della commemorazione

Il dibattito sul monumento evidenzia una tensione più ampia tra la necessità di celebrare simboli nazionali e l’urgenza di investire in infrastrutture culturali e artistiche. Un recente studio dell’Università di Glasgow ha riportato un calo del 40% nei redditi medi degli artisti britannici dal 2010, mettendo in luce la precarietà di chi crea arte in un sistema che sembra dare priorità più a progetti simbolici di grande impatto che a una filiera silenziosa seppur attiva.

Finanziare una statua commemorativa o sostenere un’arte viva e attiva? Questo dilemma pone una questione fondamentale sulla funzione e sul significato dell’arte pubblica nella società contemporanea.

Da un lato, una statua commemorativa è un simbolo che mira a perpetuare la memoria storica e consolidare l’identità nazionale. Rappresenta un legame con il passato e un omaggio a figure o eventi di rilievo. Tuttavia, spesso queste opere rischiano di rimanere isolate nel loro contesto celebrativo, lontane dalle necessità del presente.

Dall’altro, sostenere un’arte viva e attiva significa investire in progetti che rispondono alle sfide contemporanee, coinvolgono le comunità e creano spazi di dialogo e partecipazione. È un’arte che evolve, che parla al pubblico e con il pubblico, arricchendo il tessuto sociale in modo dinamico e contribuendo a una riflessione critica sul presente.

Proprio a Londra, peraltro, esiste già un modello di come le risorse destinate all’arte possano promuovere un dialogo attivo con il pubblico, in contrasto con monumenti statici che celebrano esclusivamente il passato. È il caso della commissione del Fourth Plinth di Trafalgar Square. Questo progetto prevede l’installazione temporanea di opere d’arte contemporanea su un plinto originariamente destinato a una statua equestre mai realizzata. Dal 1999, artisti di fama internazionale sono stati invitati a creare opere site-specific, trasformando radicalmente il plinto, come nel caso dell’Ecce Homo di Mark Wallinger, della nave dell’ammiraglio Nelson in bottiglia di Yinka Shonibare, del Lamassu assiro di Michael Rakowitz o dei calchi di persone transgender di Teresa Margolles.

Il dibattito sulla statua di Elisabetta II, quindi, non è solo economico, ma anche etico: quale ruolo vogliamo dare all’arte pubblica? La risposta a questa domanda definisce non solo il valore che attribuiamo all’arte, ma anche la direzione che vogliamo dare alla nostra società.

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