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“Arte per la ricostruzione”. Cosa è successo nell’apertura di Panorama Italics a L’Aquila
Arte contemporanea
«Sì questo è ancora centro, anche se è in buona parte ancora da ricostruire”, mi dice una libraia a poche centinaia di metri dal corso dello struscio. «Noi ci siamo abituati, non le vediamo più le impalcature e le transenne». Quattordici anni dal terremoto: 2009/2023, e ancora le ferite non sono state ricucite a L’Aquila. Anche se la città sembra non aver più voglia di ricordare, ma di avviarsi verso il futuro scommettendo sulla cultura. «Si tratta di un elemento rigeneratore di una comunità. L’Aquila non deve sopravvivere, ma tornare a vivere per raccontare la sua bellezza e la sua storia», afferma Pierluigi Biondi, sindaco del capoluogo abruzzese che accoglie per 4 giorni fino a 10 settembre la terza edizione di Panorama organizzata da Italics, un consorzio di gallerie italiane nato subito dopo la pandemia e presieduto da Lorenzo Fiaschi di Galleria Continua.
«Perché siamo qui dopo Procida e Monopoli? Perché l’arte contribuisce a curare le ferite. Ma non solo, anche perché quando ho chiesto chi fosse mai stato qui ho ricevuto poche risposte affermative. E’ una parte dell’Italia bellissima e poco conosciuta. E poi Italics è la prova che i galleristi non sono solo mercanti ma sono anche in grado di dare un contributo alla rigenerazione con la cultura». Cristiana Perrella la curatrice, con un curriculum dorato, è dallo scorso settembre che cammina per le vie della città, entra nei negozi, dialoga con le tante istituzioni della città: dal Maxxi, al Conservatorio, al Muda, l’Accademia d’arte dove ha insegnato anche Fabio Mauri. «L’Aquila è piena di storia e di cultura. Dobbiamo entrare in contatto con loro. Questo è stato il mio obiettivo. Creare un dialogo tra antico e moderno: un magnifico diavolo di Luca Giordano con un’opera contemporanea di Beatrice Marchi sono uno degli esempi. Così come poter esporre in alcuni palazzi storici della città».
Un incontro tra arte e la quotidianità che ha generato sorprese in ogni angolo: «Qui ci sono i cortili che sono anche luogo di socialità. Ma anche i negozi che raccontano le abitudini e la storia di speranza come il bar dei fratelli Nurzia, tra i primi a riaprire dopo la tragedia a dare conforto agli abitanti con il caffè e cornetto ogni mattina». E infilando il naso in molti di loro che hanno accettato di partecipare inseriti nella mappa si fanno tappe interessanti nell’arte contemporanea. Ancora una volta la forza di questa edizione è la possibilità di vedere opere nuove e studiate per il luogo. A partire da Gianni Caravaggio che in persona sventola una bandiera all’entrata del castello formata da teli che hanno il profilo e i colori delle montagne intorno; Maurizio Nannucci che ha creato uno striscione che vola nel cielo con la scritta Let’s talk about art a sottolineare quello che sta accadendo a L’Aquila ora; Darren Bader, con la galleria Franco Noero, che attraverso la sua performance genera l’interazione tra musica classica e rock; il pane “stampato” di Luca Trevisani, ogni giorno venduto da una panetteria locale. Paolo Icaro, grande esponente dell’Arte povera che in un cortile del Maxxi ha steso per terra una putrella di acciaio a spigolo che appoggia all’estremità su due cuscini che racconta il suo sogno per la ricostruzione di una città che ne ha ancora molto bisogno. «Questo è quello che mi ha trasmesso ancora L’Aquila». Che avrà la forza di farlo, come ha fatto fino a ora.