Anicka Yi, S.S.S, 2015, Ottone, vernice, tubi di gomma, sapone, spago Veduta dell’installazione, Kunsthalle Basel, Basilea, 2015, Courtesy l’artista, Gladstone Gallery, New York e Bruxelles, e 47 Canal, New York Foto Philipp Hänger/Kunsthalle Basel
Anicka Yi, artista coreana (nata a Seoul, nel 1971, vive e lavora a New York) arriva a Milano, al Pirelli HangarBicocca, per la sua prima personale in una istituzione italiana. Dopo la consacrazione alla Turbin Hall della Tate di Londra, dove grazie al supporto di Hyundai l’artista ha presentato In love with the world, la visione di un vero e proprio “nuovo ecosistema” nell’edificio post-industriale più iconico della capitale inglese, “Metaspore” – questo il titolo della mostra milanese – si pone già come una delle mostre “cult” della primavera milanese che sta arrivando. La curatrice Fiammetta Griccioli e il direttore di Pirelli HangarBicocca, Vicente Todolí, ce la raccontano.
Come è stata concepita la mostra “Metaspore” di Anicka Yi, e quali opere sono visibili nello Shed di Pirelli HangarBicocca?
«La mostra concettualmente si ispira al neologismo coniato dall’artista ‘Metaspore’, una parola che suggerisce come il suo lavoro possa disseminarsi metaforicamente nel mondo come una spora. Da queste premesse il progetto espositivo è stato concepito come un’antologica dei lavori più emblematici di Anicka Yi, dal 2010 fino ad oggi. ‘Metaspore’ privilegia opere seminali dell’artista che condensano i motivi ricorrenti della sua poetica come trasparenza, immaterialità e deperibilità accanto a una nuova produzione dove l’intreccio tra organico e artificiale crea dei paesaggi “viventi”».
“Metaspore” punta all’esperienza dello spettatore che, nelle opere dell’artista, si trova avvolto da odori, forme mutanti, ambigue: nonostante l’approccio scientifico vi è un potente lato poetico nelle opere di Anicka Yi…
«Attraverso le sue opere Anicka Yi apre a una riflessione sull’immutabilità dell’opera d’arte ma anche sul ruolo stesso dell’artista: molti dei suoi lavori si trasformano nel corso del tempo generando motivi, figure e forme estetiche inaspettate esaltando la metamorfosi invisibile della materia. La durata delle opere di Anicka Yi spesso si estende oltre la cornice temporale della mostra. Le fragranze che alcuni lavori emettono – come quella di Immigrant Caucus, 2017, in cui sono combinati odori umani e animali – creano un’esperienza che supera lo spazio e il tempo di permanenza dei visitatori nell’esposizione, imprimendosi nella loro memoria olfattiva attraverso l’inalazione di molecole impercettibili».
L’approccio ai temi “scienza” e “biologia” nell’arte sono funzionali ai nostri tempi pandemici, e quindi – prima o poi – destinati a passare? O, al contrario, ad essere sempre più presenti nella “composizione” dell’arte?
«Il lavoro di Anicka Yi si inscrive in una consolidata genealogia storico-artistica multidisciplinare che a partire dal secondo dopo guerra si è interfacciata con la sfera scientifica e tecnologica. Basti pensare alle sperimentazioni pionieristiche alla fine degli anni 60’ di collettivi come E.A.T. Experiments in Art and Technology formata da artisti come Robert Rauschenberg e Robert Whitman in sinergia con ingegneri. La pandemia ha evidenziato tematiche già urgenti come le fragili relazioni tra l’essere umano con la natura e le altre specie che molti artisti oggi rappresentano, sottolineando la co-esistenza con agenti non-umani».
Direttore, spesso ha dichiarato che questo spazio permette di realizzare “progetti impossibili” – grazie alla sua architettura. Ma cos’è, prima ancora dell’idea di una mostra, che dovrebbe “coltivare” un centro d’arte contemporanea?
«Per ogni istituzione è centrale la sua identità e personalità. Per prima cosa bisogna, quindi, interrogarsi su qual è la sua utilità e perché è diversa da tutte le altre. Ogni centro per l’arte contemporanea deve trovare il suo sense of place, una volta compreso quello, ci si può focalizzare sulle mostre. In questo caso, la sfida è creare per ogni esposizione un’esperienza unica e insostituibile, che possa arricchire la vita delle persone».
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