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“Ranieri mio…”, le parole di Leopardi illuminano la sua casa di Napoli
Arte contemporanea
«Sempre caro mi fu», la signora con i capelli neri legati in una crocchia strettissima recita ispirata, muovendo ariosamente le braccia nell’aria calda e umbratile della primissima serata. La ascolta un ragazzo, che traduce in tempo reale a beneficio dei suoi amici, un poco in disparte, vestiti più o meno allo stesso modo, traslando in Sinhala le parole di Leopardi e della donna, «Questo è Leopardi, grande poeta. Ma come, non lo conoscete?». La lingua cristallina e ufficiale dello Sri Lanka circola densamente, in forma orale e anche scritta, tra manifesti incomprensibili ai più, insegne di minimarket e menù di piatti da asporto, in tanti quartieri del centro storico di Napoli, attraversando le stesse strade che percorreva il grande poeta, scrittore e filosofo, aprendo gli stessi portoni. Giacomo Leopardi trascorse gli ultimi mesi della sua vita in vico Pero, nel cuore del quartiere Stella, Rione Sanità, prima di morire per idropisia, il 14 giugno 1837. E la sua grafia scorre ricca di sfumature ed effetti, come un linguaggio che si fa mondo, le parole tracciate di suo pugno, conservate e riscoperte e rilette, illuminano l’impaginazione di quel “suo” palazzo che si apre sull’affollatissima via Santa Teresa degli Scalzi, la strada principale della Sanità, costruita proprio in quegli anni, secondo il progetto urbanistico di Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat. «Ranieri mio, le carte ove l’umana vita esprimer tentai», proiettate sulla casa che fu di Leopardi come venature dorate, ma più come un frammento del kintusgi che nella fredda preziosità dell’intarsio, considerando le condizioni ormai malandate dell’abitazione, le raffinate costruzioni sintattiche leopardiane tratte dai “Nuovi Credenti” segnano una presenza, anzi, una compresenza: Voi siete qui è il titolo dell’installazione presentata il 15 giugno nell’ambito dell’ampio Progetto di Artista Abitante, con il quale da Eugenio Giliberti sta ripercorrendo le vicende di Leopardi a vico Pero 2, evocandone le storie per attivare un processo di rigenerazione diffuso in questa area urbana. A partire dal riconoscimento di un’appartenenza nella sua accezione ampia, di condivisione di sensazioni e momenti, di scorci paesaggistici e antropici, di radici e di prospettive che da Recanati potrebbero aprirsi, magari, anche verso un’isola nell’Oceano Indiano e che, lungo il tragitto, portano alla scoperta di un quotidiano dai tratti di meraviglia. Come l’Istituto Paolo Colosimo, dove si è tenuta la presentazione del progetto e dell’installazione, dando anche l’occasione di conoscere uno degli istituti più importanti d’Italia per l’avviamento al lavoro e la scolarizzazione dei ragazzi privi della vista, con la sua grande collezione di telai d’epoca, tra gli altri oggetti di pregio lì conservati.
Organizzato da Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee – Museo Madre, Fondazione Morra, Dafna Gallery e Intragallery, sostenuto dal Centro Nazionale di Studi Leopardiani, il Progetto Artista Abitante di Eugenio Giliberti si articola in diversi capitoli, dal “Censimento Leopardi”, per raccogliere i ricordi delle famiglie presenti nel quartiere da più generazioni, ai “Passi Quotidiani”, un percorso lungo il quale saranno evidenziate con apposite segnalazioni tutti i luoghi frequentati da Leopardi. L’appuntamento del 15 giugno è stata una “Prova Generale”, mentre l’esito finale sarà la trasformazione del modesto immobile di vico Pero in una grande installazione artistica.