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Aspettando ArteFiera: l’intervista a Fabrizio Russo
Arte contemporanea
In attesa di conoscere le date dell’edizione 2022 di ArteFiera, rimandata causa Covid, abbiamo intervistato Fabrizio Russo, titolare della storica Galleria Russo, fondata a Roma nel 1898 dal suo bisnonno (qui l’intervista della stessa serie a Franco Calarota, Chairman della Galleria d’Arte Maggiore GAM e presidente ACP-Palazzo Franchetti di Venezia)
Perché ha deciso di partecipare ad ArteFiera?
«Partecipiamo ad ArteFiera da trent’anni. Per noi, come per tutte le migliori gallerie d’arte moderna e contemporanea italiane e per molti colleghi stranieri, il passaggio a Bologna è una consuetudine».
Quali sono a suo avviso i punti di forza e i punti deboli di ArteFiera?
«La Galleria Russo nel 2021 ha compiuto 123 anni. Siamo nelle condizioni di comprendere quale potente punto di forza sia essere sostenuti da un solido retroterra storico, un punto di forza sicuramente ascrivibile ad ArteFiera, la più longeva tra le fiere d’arte moderna e contemporanea italiane, nonché una delle più antiche d’Europa. In ambito europeo solo Basilea può vantare una storia più lunga, ma di pochissimi anni.
Nel corso delle sue quarantacinque edizioni ArteFiera è diventata un capitolo cruciale della storia del mercato europeo dell’arte moderna e contemporanea del secondo dopoguerra e l’immaginario collettivo l’ha ascritta tra i maggiori happening annuali di settore, uno di quei riti a cui è importante prendere parte.
Considero un punto di forza anche la rigorosa selezione delle gallerie partecipanti e delle opere esposte. Quel rigore – che è sicuramente un presidio per il collezionista acquirente e quindi per tutto il sistema – a volte però esprime delle rigidità che possono un po’ comprimere le scelte degli espositori. Penso, ad esempio, al numero veramente limitato di autori che è consentito presentare, un vincolo apprezzabile nel suo intento di accentuare i valori curatoriali della manifestazione, ma che qualche piccola difficoltà può crearla».
In cosa ArteFiera si differenzia, a suo avviso, dalle altre fiere nazionali?
«Per dirla in due parole: il pubblico di ArteFiera non è costituito soltanto da una platea di visitatori curiosi. Ad ArteFiera si passa per comprare. Parliamo di un appuntamento che i collezionisti considerano imperdibile. A differenza della maggior parte delle fiere d’arte italiane, Bologna è ciò che una fiera deve essere: una vivace realtà di mercato.
La sua domanda mi offre anzi l’opportunità per stigmatizzare la proliferazione del fenomeno fieristico. In Italia si fanno troppe fiere mediamente troppo deboli, laddove sarebbe importante poter contare su quattro, massimo cinque eventi annuali di grande risonanza. Il mercato dell’arte vive una situazione di preoccupante squilibrio, a mio parere sanabile solo facendo un passo indietro. Bisogna che le gallerie d’arte tornino a svolgere il loro tradizionale ruolo di spazi destinati alla ricerca, alla selezione, all’incontro culturale, a un mercato fatto di serietà e riservatezza. È nell’interesse dell’intero comparto dell’art economy che la galleria d’arte recuperi presso il pubblico quell’immagine vincente che oggi è appannaggio delle case d’asta e delle fiere, aziende che si stanno pertanto moltiplicando a dismisura e senza controllo. L’assetto che le descrivo non funziona. Gallerie d’arte, case d’asta e fiere sono tre polarità di mercato fortemente interconnesse che devono operare in una situazione di bilanciamento, pena il collasso dell’intero sistema».
Cosa si aspetta dall’edizione 2022 di ArteFiera?
«Mi aspetto la conferma dell’interesse del mercato per il Novecento storico, un segmento che è tornato a catalizzare i desideri dei collezionisti, soprattutto quando l’offerta è di alta fascia.
Mi aspetto poi che Bologna sia l’osservatorio che potrà convalidare gli incoraggianti dati statistici di ripresa economica».
Quali autori porterà in fiera? Ci potrebbe descrivere nel dettaglio 3 opere che porterà in fiera? «Quest’anno potremo contare su uno stand a doppio modulo che ci consentirà, sulla base del regolamento della fiera, di portare sino a sei autori. Avremo quindi tre proposte di arte contemporanea e tre di Novecento storico: Mario Sironi, Giacomo Balla, Giorgio de Chirico.
In particolare Sironi – un indiscusso gigante dell’arte, non solo italiana, del secolo scorso – sarà protagonista di una monografica.
de Chirico è, invece, l’autore che non poteva mancare nell’edizione di Artefiera 2022, l’anno in cui festeggeremo il nostro centoventenario, un lungo cammino nell’ambito del quale l’incontro umano e professionale con quel grande Maestro è stato di decisiva importanza. Se ne parla con dovizia di particolari, di rilevanza anche scientifica, nella Chiusura del cerchio, un volume che racconta la storia della Galleria Russo, sette anni di lavoro indefesso finalmente a disposizione di studiosi e appassionati.
La scelta delle tre opere mi mette in imbarazzo, solo nella monografica dedicata a Sironi ci sono tre lavori che toglierebbero il sonno a più di un collezionista. Penso alla Ballerina del 1916, una tempera e collage su cartoncino che è una preziosa espressione del periodo futurista dell’artista; alla Figura con lo specchio del 1924, una tempera che invece rimanda a un raro Sironi metafisico, e infine al neoclassico Pastore dei primissimi anni Trenta. Tutte le opere citate provengono dalla collezione di Margherita Sarfatti e possono vantare vent’anni di esposizione al Guggenheim di Venezia.
Mi sono attenuto alla Sua richiesta citando solo tre opere, ma devo aggiungere che ai collezionisti non meno appetibili dei capolavori sironiani sembreranno quelli firmati da Giacomo Balla e da Giorgio de Chirico, presente con una delle sue cruciali piazze d’Italia».