In attesa di conoscere le date dell’edizione 2022 di ArteFiera, rimandata causa Covid, abbiamo intervistato Franco Calarota, chairman della Galleria d’Arte Maggiore GAM e presidente ACP-Palazzo Franchetti di Venezia.
Perchè ha deciso di partecipare ad Arte Fiera?
«Premesso che abbiamo partecipato ad ArteFiera fin dalla sua fondazione, dopo una parentesi durata alcuni anni in cui ci siamo concentrati più sull’estero, siamo tornati per l’edizione del 2020 guidata da Simone Menegoi, intuendo i cambiamenti in atto nel mercato dell’arte che, stanco dell’appiattimento dovuto all’economia globalizzata, ha sviluppato la voglia di fare scoprire o di ri- scoprire anche le realtà locali. Di pari passo abbiamo sentito la necessità di lavorare su quegli artisti che, reduci da un grande successo di pubblico e critica in vita, sono stati messi da parte per logiche più economiche che culturali. È tempo di tornare all’arte di qualità, facendo fare la “gavetta” ai nomi da proporre poi su scala internazionale».
Quali sono a suo avviso i punti di forza e i punti deboli di Arte Fiera?
«Come dicevo poco sopra, il punto di forza di ArteFiera è proprio quello di poter essere una piattaforma in cui individuare quei nomi di qualità dell’arte da ri-scoprire e da fare scoprire a livello internazionale, prima che vengano proposti di nuovo sulla scena globale. Il punto debole di Bologna in generale in questo momento è quello di guardare troppo a cosa succede in altre realtà italiane, per esempio in maniera eccessiva a Torino, invece di puntare tutto sulla costruzione di una propria forte identità che parta proprio dalla coscienza che siamo la città che ha dato i natali a un grande artista come Giorgio Morandi, che con la sua vita universitaria vanta storici come Francesco Arcangeli e Renato Barilli e ha formato personalità internazionali come Massimiliano Gioni, che è oggi scelta come città di elezione per alcuni tra i migliori artisti della scena contemporanea italiana. Ed è sempre a Bologna che negli anni Sessanta è nata una delle prime fiere di arte (insieme a Colonia) in Europa, e forse al mondo».
In cosa Arte Fiera si differenzia, a suo avviso, dalle altre fiere nazionali?
«Come accennavamo nella prima risposta, nel mondo attuale global e local convivono e dovrebbero rafforzarsi a vicenda. Arte Fiera ha l’opportunità in questo momento in cui siamo obbligati a restare dentro i confini nazionali, o al massimo europei, di provare a diventare la migliore fiera italiana e quindi di richiamare il meglio della scena artistica passata e presente e del collezionismo nostrano».
Cosa si aspetta dall’edizione 2022 di Arte Fiera?
«Di vedere i collezionisti che obbligati dalla pandemia a essere meno esterofili, rivolgano la loro attenzione di nuovo verso l’arte e il mercato italiano, aiutando il nostro Paese a rifiorire».
Quali autori porterà in fiera?
«Sul fronte dello storico, Massimo Campigli, Femme Assise / Donna seduta / Idolo seduto / Seduta / Idole assise / Idolo / Idolo nero, 1961. Campigli è uno dei grandi maestri del Novecento presente con nei più importanti musei del mondo, ma trascurato dal mercato negli ultimi decenni. Si presenta oggi come una grande opportunità di investimento, senza parlare dell’attualità delle sue opere che fanno “invidia” al migliore pittore contemporaneo.
Esporremo di Giorgio Morandi, Paesaggio, 1940. Morandi è un gigante dell’arte le cui opere stanno raggiungendo quotazioni molto alte nelle aste internazionali e che offre ancora margini per importanti investimenti nei suoi “Paesaggi” che, dal punto di vista artistico, rappresentano la stessa identica astrazione che l’artista ha operato nelle sue “Nature morte”. Ci sarà poi Giorgio de Chirico con Ettore e Andromaca, inizio anni Sessanta. L’opera di de Chirico è già stata rivalutata anche dal mercato internazionale dove riscuote sempre grande interesse.
Sul fronte del contemporaneo, ci sarà Sissi con Pescato Osseo, 2020, ceramica e fili di velluto, su anima di ferro, e Vaso Madre, 2017, ceramica smaltata. Tra gli artisti contemporanei italiani più interessanti del momento da non lasciarsi sfuggire, prima che – a breve – si scoprano pubblicamente i prossimi progetti istituzionali e non a cui Sissi sta lavorando. Se la sua “anatomia emotiva” è il fil rouge della sua arte, l’artista sviluppa il suo linguaggio partendo dalla performance e utilizzando tanti media differenti: dalle installazioni in ceramica agli abiti scultura, ai disegni che svelano “fioriture linguali”. Non mancheranno Pirro Cuniberti con Quel giardino ricusato dalle viole, 2004, e
Bertozzi&Casoni con Per Morandi, 2019, ceramica policroma».
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