Un impatto coloratissimo fin dall’ingresso preannuncia un’edizione attenta e sensibile alla valorizzazione delle diversità umane. Non è un caso che il titolo della 60ma Esposizione Internazionale d’Arte Contemporanea della Biennale di Venezia sia Stranieri Ovunque, tema affrontato dal curatore brasiliano Adriano Pedrosa, riprendendo il nucleo di opere omonime di Claire Fontaine.
Ad accogliere il pubblico è la facciata del Padiglione Centrale, mai stato così colorato. Non è la prima volta che la sua architettura è soggetta a interventi artistici ma, di certo, è la prima volta che la mano creativa e poetica dell’artista (in questo caso, degli artisti) risulta così evidente. Si tratta del collettivo indigeno brasiliano MAHKU che, con un intervento monumentale diramato lungo tutto lo spazio della facciata, racconta storie e visioni legate alla terra d’origine, diventando un vero e proprio manifesto dell’edizione della Biennale Arte 2024.
Colori, trame, materiali sono gli sfaccettati media utilizzati come trasposizione tangibile di storie provenienti da tutto il mondo, portando di certo a rielaborare la propria percezione di arte a livello finalmente globale: lo straniero, l‘outsider, il rifugiato, l’autodidatta, il queer, il folk, diventano protagonisti dell’Esposizione Internazionale d’Arte storicamente tra le più importanti, lanciando un forte messaggio di coralità d’approccio verso le cose della vita. Quello che si nota è un colore vivace che scorre tra trame e forme assai diverse tra di loro, ma sono soprattutto palette antropologicamente legate all’antico, alle origini, alle storie personali e di popoli.
Compare anche un padiglione in più o, meglio, il padiglione dei padiglioni. Si tratta dell’opera dell’artista Sol Calero, nata a Caracas e attiva a Berlino. In occasione della 60esima edizione Internazionale d’Arte, l’artista ha progettato un’installazione site specific ragionando sul concetto di ospitalità e appartenenza. Nota per l’utilizzo ampio di tecniche e media disparati, Sol Calero ha scelto di ragionare sul concetto di padiglione nazionale, rendendo la sua opera la trasposizione fisica e filosofica del tutti i luoghi qui. Uno spazio attraversabile da vivere con il proprio corpo, tra trame e colori intrecciati a creare quello che è a tutti gli effetti un’oasi comune nei Giardini della Biennale.
Ad abitare i Giardini c’è anche il personaggio Vick, anarchico panda-coniglio amante della musica punk e nato dall’immaginazione di VERDY, uno dei grafici giapponesi più riconosciuti per i suoi progetti nel campo del design. Nato a Osaka e attualmente residente a Tokyo, ha lavorato con alcuni dei nomi più importanti del mondo nei settori del cinema, dello sport, dello streetwear e dell’alta moda. Il legame con le tradizioni viene evidenziato nella scelta d’utilizzo come ispirazione degli animali legati ai simboli di pace (panda) e longevità (coniglio), incarnati da un personaggio ribelle e legato alla cultura metropolitana contemporanea.
È proprio in occasione della Biennale che il personaggio si colora per la prima volta: nato come grafica bidimensionale in bianco e nero, la statua svelata dallo stesso VERDY si presenta in bronzo. Vick Bronze by VERDY viene riproposto anche in versione indossabile, con l’edizione limitata di un orologio Swatch, partner principale della Biennale Arte 2024. Il personaggio appare sul quadrante e sul cinturino dell’orologio riprendendo l’immagine dell’installazione di gusto apertamente legato alla grafica e alla tradizione del fumetto. Per celebrare la 60ma edizione dell’evento, Swatch lancia anche un orologio speciale dal titolo 60TH; disegnato in collaborazione con il collettivo Claire Fontaine, presenta sul quadrante la scritta “FOREIGNERS EVERYWHERE” utilizzando design puro e minimal in grado di far emergere la potenza del titolo dell’edizione 2024.
Insomma, un colore che racconta storie antiche e contemporanee, di radici e di infinite declinazioni personali: dal significato antropologico fino ad opere legate al design e alla cultura metropolitana alternativa. Stranieri Ovunque, nella sua essenza-manifesto, è una dichiarazione aperta di sensibilità intrapersonale, dove tutti sono gli stranieri di tutti. Una visione in grado di rimescolare le carte dell’istituzionalità a favore di ricerche artistiche individualmente corali, dove le trame intrecciate e i colori vibranti parlano.
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