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Biennale de l’Image en Mouvement: a Ginevra la nuova edizione è dedicata all’intelligenza artificiale
Arte contemporanea
La Biennale, intitolata A Cosmic Movie Camera e curata da Nora N. Khan e Andrea Bellini, è stata reinventata nel 2014 dal direttore del Centre Andrea Bellini, come piattaforma di produzione di tutte le opere, diventando un osservatorio privilegiato delle nuovissime tendenze dell’immagine in movimento, del suono, della performance e dell’arte interattiva. Questa edizione infatti sin dal titolo si rifà alle nuove scoperte divulgate l’8 settembre del 2022 da Thomas Lewton sul Quanta Magazine, secondo cui la corona di luce attorno ai buchi neri può rivelare i loro misteriosi segreti, funzionando come una “cosmic movie camera”, al mistero, all’insondabile e al nascosto sono dedicate le immagini in movimento della mostra. Viene messo in gioco il nostro rapporto con le macchine in una specie di proposta di un’ecologia delle immagini sintetiche.
Nella mostra è difficile se non impossibile ormai riconoscere quali immagini sono create dalla macchina e quali invece no, il vero dal falso. Questa indistinguibilità ci parla di una pervasività in cui sappiamo ormai di essere immersi e gli artisti ci indicano come le macchine stiano riconfigurando il nostro rapporto con il mondo in termini di abitudini percettive, espropriazioni di identità, convivenza con l’alterità, sensi e significati che si frantumano e si moltiplicano, ecologie estrattive, catastrofi incombenti dati gli scenari apocalittici in cui stiamo vivendo. Ma viene anche mostrato come il rapporto con il futuro implichi la capacità da parte degli artisti e anche nostra, di rimettere in circolo i miti e le narrazioni, la nostra storia come la nostra intimità, insomma come è importante la funzione della memoria e del corpo, questo nostro deperibile e vetusto corpo, ma senziente e appunto incarnato. Caratteristiche che poi alla fin fine ci distinguono dalle macchine, quelle “stupide” macchine direbbe Melanie Mitchell (Intelligenza artificiale, 2022), che per quanto reperiscano e colleghino dati (machine learning) e li accumulino in enormi database (che noi stessi forniamo), rimangono “lontano ma molto lontano” dall’essenza senziente e intuitiva che noi siamo. Eppure gli artisti flirtano sapienti con il linguaggio macchina ed evocano scenari fantascientifici, mostrando futuri distopici per nulla rassicuranti. Nel caos odierno creato dai “nuovi apocalittici ed integrati”, per riprendere non a caso terminologie anni Novanta, è necessaria allora un’Etica dell’intelligenza artificiale, come nell’ultimo libro di Luciano Floridi del 2022, che ci aiuti attraverso gli strumenti dell’etica, della filosofia politica e del diritto a non “naufragare in questo mare” di dati e di bit.
Il percorso della BIM inizia con American Artist e la sua opera Yannis Window che si rifà al romanzo di fantascienza La parabola del seminatore di Octavia E. Butler, una delle iniziatrici del movimento afro futurista. Quando lo schermo è bianco, si intravvede la raffinata cornice di supporto sul retro. Il primo piano si apre con la videoinstallazione del gruppo messicano Interspecific che con Codex Virtualis_Emergence 0.1 fa “crescere” su schermi verticali forme create a partire dalla tassonomia naturale, ma poi alterate attraverso un software generativo che le fa mutare in un dilatato e affascinante tempo reale accompagnandone l’evoluzione con una partitura sonora che simula ecosistemi viventi. Lauren Lee McCarthy con la sua videoinstallazione Saliva Retreat, propone lo scambio libero e autodeterminato della saliva tra le persone, riconfigurando l’azione umana come appropriazione di sé stessi e del proprio futuro. Il video è una testimonianza della performance, mentre le sedute con il kit per lo scambio di saliva sono state disegnate da Formafantasma. Il videogioco per più giocatori Distributed Mind Test di Sahej Rahal si svolge in uno scenario spettrale post nucleare privo di presenza umana, ma popolato da creature controllate dall’AI, introducendo così una riflessione filosofica sulla sopravvivenza di una narrazione negli elaborati quanto imperscrutabili software futuri.
La spettacolare videoinstallazione con un monolite nero nella quale si riflettono le immagini, Videosculpture XXX (The Gospel) di Emmanuel Van der Auwera intreccia tre storie tutte generate dalla macchina, salvo la figura poetica di un ragazzino minatore che denuncia le proprie opprimenti condizioni di lavoro, ma anche ad uno spettatore attento sfuggono i passaggi tra realtà e simulazione sintetica. L’intensa installazione multischermo di Basel Abbas & RuanneAbou-Rahme, Postscsript: after Everything is extracteds’inscrive in un progetto sull’amnesia e il lutto in Palestina: found-footage di rituali e manifestazioni di protesta si mescolano a brani di poesia scritta, agli avatar degli artisti come testimoni, ad un suono coinvolgente e alle ombre bluastre che indicano lacune e mancanze. Lawrence Lek racconta in Empty Rider la storia della ribellione di un’automobile completamente computerizzata e dai sentimenti umani nella più perfetta tradizione della fantascienza. Shuang Li lavora con stock di immagini, producendone il meno possibile, e creando storie in cui il ricordo umano funzione da molla per una riflessione sul presente. Sheila Chiamaka Chukwulozie, nel video performativo 11.11, usa i primi 22 Arcani Maggiori dei Tarocchi per riscoprire sè stessi. Il romanzo visivo interattivo di Danielle Brathwaite-Shirley racconta storie iniziatiche di persone TRANS nere. Aziz Hazara nel video Nowruz descrive l’esperienza diasporica e straniante di un esiliato con sintesi espressiva. L’installazione neuro-attiva di Jenna Sutela è composta da cinque maschere di vetro soffiato e diodi elettroluminescenti programmabili che si attivano con l’avvicinarsi dello spettatore. I video di Formafantasma ragionano sul problema di insostenibilità ecologica dei rifiuti tecnologici. La Gola di Diego Marcon tratta con i diversi linguaggi del melodramma e del cinema il tema dell’incomunicabilità tra lui che descrive un banchetto e lei che parla della morte della madre. Infine Alfatih mette uno schermo in una carrozzina che lo spettatore manovra riconfigurando una storia interattiva di iniziazione. Gli artisti quindi – come afferma Nora N. Khan – mostrano come il linguaggio umano viene rimodellato dalle macchine attraverso un processo attivo e in uno spazio poroso di scambio. La nostra coscienza quindi si riconfigura come condivisa e assolutamente relazionale. Una mostra visibile anche online a questo link.