Nel 20esimo arrondissement di Parigi, a Porte de Montreuil, presso lo spazio indipendente Confort Metal, sarà visitabile fino al 4 dicembre 2024 la mostra Borderland. I giovani curatori Teresa Ranchino (1999, Orvieto, Italia) e Kevin Scott (1991, Vancouver, Canada) hanno realizzato una collettiva che riunisce sei artisti emergenti attorno al macro tema del corpo inteso come spazio liminale, «Sospeso tra due condizioni antitetiche: da un lato, l’esperienza straniante di abitare una pelle che ci contiene; dall’altro, l’irresistibile desiderio umano di oltrepassarne il limite, per poi assumere forme differenti».
Davanti alla condizione inevitabile dell’uomo di dover abitare il proprio corpo per poter operare, Borderland indaga tutte le possibilità tramite cui esso può essere decostruito e trasformato per sottolineare i valori semantici delle sue componenti alterandole e, così, abbattendo la distinzione di sesso e genere in un gioco intellettuale di sperimentazione e inventiva.
L’ingresso della mostra è incorniciato dall’installazione di Michel Jocaille (1987, Lille, Francia). Molti frammenti sospesi che riproducono forme, come uno stivale, un serpente o delle mani ci introducono alla “terra di confine”. Ogni sagoma è ottenuta tramite oggetti di scarto appartenenti alla cultura drag, come i bordi delle figure realizzati tramite le spalline dei reggiseni, e decorate con dei fiori cristallizzati il cui pistillo viene ornato con delle unghie finte e smalto appariscente e i petali diventano delle orecchie adornate con i piercing più in voga.
Una volta entrati nello spazio, si comprende subito che non è il classico white cube. Fondato dal designer Romain Guillet, Confort Mental è definito come un luogo «Per incontrarsi, produrre, collaborare, resistere, promuovere, vendere ed esporre». Questo spazio indipendente si offre come campo d’azione polivalente: non a caso il designer francese ha il suo appartamento nel soppalco al piano superiore.
Quasi a sembrare una carcassa sventrata di cui restano solamente le ossa, l’opera di Alice Bandini (1988, Nizza, Francia) ha una struttura sospesa e composta da un corpo principale e due bracci. Totalmente realizzato tramite gli scarti del cuoio, poi cuciti dall’artista a formare questo cadavere animale, il lavoro gioca sulle profondità grazie alla consistenza e ai colori differenti del materiale. A fare da contraltare, un corpo respingente, chiuso su se stesso. L’artista Hugo Guérin (1990, Calvar, Francia) lavora sul tema della metamorfosi e dell’ibridazione. Una schiena ricurva in cera si sorregge in equilibrio precario tramite una struttura in metallo spigolosa che sostituisce braccia e gambe. Quando si cerca il volto, si scopre essere in realtà un seno a cui si aggrappa un piccolo cane nel tentativo di abbeverarsi. È quindi l’uomo che domina l’animale o l’animale che domina l’uomo?
Se Hieronymus Bosch avesse potuto vedere il lavoro in porcellana smaltata di Irmak Dönmez (1987, Istanbul, Turchia) avrebbe espresso un sorriso malizioso. Il pene non è più attaccato al corpo maschile ma sta a terra, dotato di piccole zampe, come se fosse un insetto, per camminare e raggiungere un’isola mutante. Nell’isola i peni/insetto cercano rifugio in vagine/conchiglia che si perdono in una vegetazione marina i cui scogli divengono piccoli seni animati da tentacoli che contornano l’isola. Il corpo così si scompone aprendosi a qualsiasi possibilità di ibridazione o metamorfosi.
Dato questo primo spazio, semi diviso da un secondo tramite una tenda bianca, l’artista Lorenzo Conforti (1996, Tolentino, Italia) ha realizzato appositamente un intervento site specific sulla parete principale. Le forme che traccia con la grafite si modulano alle opere già poste nello spazio. La ragione deriva proprio dalla sua formazione come writer, in cui il contesto circostante ha sempre giocato un ruolo cruciale. Qui forme sinuose sfociano in schizzi che paiono disegni di tavole anatomiche. La sua ricerca si apre, perciò, a due vie: realizzare disegni senza riferimenti reali ma, al tempo stesso, accennare alcune forme che conducono lo spettatore nello stesso campo d’immaginazione.
Sorpassata la sottile tenda si accede allo spazio retrostante in cui, su una lunga tavola coperta da una tovaglia bianca, si trovano i frammenti di un corpo, quello dell’artista Yasmin Louali (1995, Rabat, Marocco). Ovviamente si tratta di un calco in ceramica del suo corpo, che è stato riempito con della pasta da zucchero edibile: durante il vernissage, i visitatori hanno potuto letteralmente mangiare il corpo dell’artista. Riflettendo sul video realizzato durante la messa in pratica di questa forma d’arte partecipata, è interessante notare l’approccio prima timido e poi indeciso sul da farsi e, nel caso, su quale parte mangiare.
La sera dell’apertura la mostra è stata accompagnata da una performance audio del sound designer Davide Calabi (2000, Milano, Italia), che ha realizzato un suono che ricorda l’acqua in movimento poi modulata e immersa in questo spazio di negoziazione collettiva.
Attraverso le opere in esposizione, i curatori hanno focalizzato l’indagine sulla dinamicità che passa dall’arte alla materia organica, trasformando l’estetica in uno strumento evocativo, capace di esplorare i confini e i limiti del corpo contemporaneo.
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