La fucina di Carlo Zoli è nel cuore di Faenza, e lui, erede di una lunga tradizione familiare, è stato capace di raggiungere esiti del tutto personali, in una poetica che lui stesso definisce composta da due anime ‘Quiete’ e ‘Tempesta’, in cui unisce tradizione e indipendenza di visione. Una storia che l’artista ha raccolto in un sito web lanciato qualche mese fa, carlozoli.com, in cui accompagna il visitatore alla scoperta della propria arte attraverso brevi video-racconti della sua poetica e una gallery con le opere realizzate dagli anni Novanta ad oggi.
Abbiamo approfondito la ricerca e la storia di Carlo Zoli con Alessandra Zanchi, del suo team.
«Zoli da sempre si ispira e interroga il mito cercando una risposta alle inquietudini del presente. Fonda la sua ricerca sugli archetipi dell’eterno conflitto tra spirito e materia, ragione e istinto, conscio e inconscio, cercando di trovare una sintesi e un equilibrio per quanto instabile e precario.
L’artista ci restituisce mito per mito, personaggio per personaggio, attingendo dalle origini della nostra civiltà, dalla parola di Omero, Esiodo, Eschilo, Sofocle, Euripide, Lucrezio, Virgilio. Ma non solo, attinge anche dalle opere dell’Ariosto e di Cervantes, dall’Apocalisse di Giovanni, dai testi sacri, dalle leggende nordiche e da tutto il mondo fantastico dell’immaginazione favolistica.
Conciliare questi temi con la realtà di oggi non è semplice, ma Zoli è in grado di affrontarli con originalità creativa, una buona dose di ironia, senso del “gioco” e dell’imprevedibile».
«Nel 1995 Zoli presenta la Grande scacchiera, uno dei primi lavori significativi, dove mette in scena figure fantastiche ispirate alle epiche imprese ariostesche, dato il suo fecondo legame con Ferrara, nato dalla lunga collaborazione con il gallerista ferrarese Francesco Pasini. Racconta Carlo Zoli: “ha sicuramente segnato la mia carriera la mostra alla Delizia Estense del Verginese (Ferrara) curata da Pasini nel 1996, per i 25 anni di scultura in Europa, un’esposizione di importanza europea con grandi artisti come Manzù, Messina, Attardi, Dalì, Kruft, Murer, solo per citarne alcuni; poi “Il Bronzo, Il Pennello e L’acquaforte” a Palazzo delle Esposizioni di Faenza, nel 2005, “La terra del Fuoco” ad Avigliana (To) curata da Vittorio Amedeo Sacco nel 2008, e nello stesso anno, al museo della ceramica di Gmunden, città austriaca con una forte tradizione ceramica gemellata con Faenza”».
«Primaria e costante fonte di ispirazione è il cavallo, archetipo iscritto nella memoria collettiva, il cui simbolismo è presente in ogni periodo storico, culturale e artistico.
Zoli affronta il tema con la sua pratica scultorea vibrante, pur nell’essenzialità dei tratti. Sulle orme di grandi scultori come Moore, Martini, Marini, crea una progressione di forme e volumi che aggrediscono lo spazio con uno straordinario “elan vital“. Ritmo vitale che per Zoli diventa figura metaforica, simbolo della ricerca di qualcosa in cui credere, sinonimo di riscatto individuale e sociale.
Il cavallo è altresì funzionale a esperire la dialettica dei pieni e dei vuoti, per esplorare il lato “notturno” e quello “solare” della materia. La stessa dicotomia che pervade l’esistenza, sempre in alternanza tra “tempesta” e “quiete”.
A partire dai cavalli, l’universo rappresentativo di Carlo Zoli, si anima così di guerrieri, draghi, amazzoni, valchirie, unicorni, silfidi, arcangeli. Da un lato l’azione e la battaglia dall’altra la bellezza, l’amore, la maternità».
«Discendente da una famiglia faentina dedita all’arte ceramica da generazioni, Zoli non può che essere un modellatore: “utilizzo principalmente l’argilla con l’inserimento di anime in ferro, una materia umile e duttile da cui far nascere l’opera ma, nel conferirle una vita propria, la libertà di poter usare altri materiali mi affascina enormemente”.
Un centinaio di suoi titoli sono stati trasportati in bronzo ma negli ultimi anni ha deciso di dedicarsi solo alla realizzazione di opere ceramiche, pezzi unici, con patine color bronzo ed inserimenti a smalto e in oro zecchino. Anche il colore è concepito in maniera scultorea, come forma e sostanza funzionali alla creazione di strutture plastiche autonome, entità fisiche e mentali ben al di là della mera rappresentazione; Zoli solca i confini tra scultura e spazio, trasformando il colore e i volumi in un’intensa esperienza estetica, espressiva e narrativa».
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