Albisola è una stanza, una stanza che ha a che fare con l’arte e con la mia semplice biografia. Le origini sono le fondamenta della nostra identità, io sono nata a Canelli e se, come dice Cesare Pavese, “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via”, nei miei ricordi di evasione c’è da sempre il mare: pochi giorni dopo la mia nascita, nel maggio del 1964, mia madre mi ha portata in spiaggia posandomi sotto l’ombrellone dei bagni Miramare. Ho trascorso i primi mesi della mia esistenza in riva al mare, senza nemmeno poterlo vedere, ma iniziando a sentirlo. Anno dopo anno, si alimentavano le voci sull’arte e, in particolare, su quello che stava succedendo ad Albisola (frequenti sono sempre stati i bisticci sulle “S” di ciascuna frazione, Marina, Superiore e Capo, io rimango fedele alla maggior parte degli artisti che ne hanno scritto con una consonante sola). Parlare di Albisola significa parlare di arte e in modo particolare di ceramica. Le prime fornaci sono state aperte all’inizio del XVI secolo, ma è dagli anni Cinquanta ai Settanta del secolo scorso che artisti italiani – Lucio Fontana, Manzoni, Leoncillo e Sassu, fra gli altri – e internazionali – come Asger Jorn, Wilfredo Lam, Sebastián Matta – hanno frequentato intensamente i laboratori trasformando la cittadina in un punto nevralgico per l’arte contemporanea.
Tante sono le testimonianze di questo felice momento creativo che ha animato Albisola, ma che cosa rimane, oggi?
C’è il Lungomare degli Artisti con le potenti Nature di Fontana collocate vicino al sottopasso che coniugava la passeggiata in riva al mare con il Bar Testa, luogo di vivaci incontri fra gli artisti, come il Bar Jamaica è stato per Milano. Per alcuni di loro la città significava vacanza, un tempo trascorso tra arte, tuffi e chiacchiere agli storici Bagni Pescetto; per tutti era un momento di lavoro creativo, speso per lo più nei laboratori di ceramica: fra i più conosciuti e frequentati c’erano quelli di Giovanni Poggi e di Tullio Mazzotti. Ancora oggi quest’ultimo congiunge Albisola Mare con Albisola Superiore ed è un esempio raro di architettura un po’ razionalista, un po’ futurista. Progettata nei primi anni ’30 dall’architetto bulgaro Nicolaj Diulgheroff, è un luogo unico dove si coniuga arte e vita: riuniva la residenza, l’atelier e il negozio di Tullio Mazzotti e oggi rimane l’abitazione della famiglia Mazzotti, laboratorio, negozio e archivio.
Prendendo possesso di questi pochi metri quadrati ad Albisola Superiore ho avvertito il desiderio di permanenza. Nel nostro mondo di eventi spettacolari e transitori, sento la mancanza di intimità e accoglienza; il bisogno di tornare all’arte in modo semplice, in un incontro più profondo e raccolto, a voce bassa.
Desideravo anche un pretesto per tornare, ogni tanto, anche solo in giornata, a vedere questo mare e riconciliarmi con l’acqua, elemento così vitale, pericoloso e in pericolo allo stesso tempo, frequente nell’opera di tanti artisti che ne hanno amato contraddizioni, mutevolezza e meraviglia.
Oggi la mia fantasia si è materializzata in questo luogo minuscolo ad Albisola Superiore, con una finestra quadrata rossa sulla parete di fondo che dà sul verde, a due passi dal mare, che è più pensatoio che spazio espositivo.
Saranno gli artisti, come sempre, a definire quella che ho voluto chiamare Aedicula pensando alle numerose statue sacre agli angoli delle case liguri. Vorrei che portasse in una dimensione materiale e spirituale allo stesso tempo, richiamando gli sguardi dei passanti distratti. Mi sono chiesta se, attraverso questo incontro fugace, le persone potessero concedersi una pausa di gioia e di vicinanza all’arte. Ho creduto che sì, avrei tentato di raggiungere Aedicula con alcuni amici appassionati d’arte e amanti del mare, possibilmente con il telo sottobraccio, sedermi con loro sulla sabbia, notando le stranezze della Liguria, terra di grandi artisti, poeti e cantautori. Ho voluto ritagliare una nicchia ad Albisola, sicuramente non più conosciuta come una meta d’arte contemporanea. Per questo motivo ho scelto di operare qui, di risvegliare anche solo un po’ l’orgoglio di quello che è stato e proiettarlo nel futuro.
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