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Casa Di Marino, un nuovo spazio d’arte contemporanea a Napoli
Arte contemporanea
Come i cerchi si chiudono sempre, anche le origini si riscoprono e si rimodellano. Così, la Galleria Umberto Di Marino annuncia l’apertura di una nuova sede espositiva a Napoli, anzi una Casa, da una parte richiamando il sottile piacere del ritorno a una dimensione più intima, di prossimità ideale e sentimentale, già praticata nei primissimi anni di attività, negli spazi che erano a Giugliano, orgogliosamente e significativamente laterali. Dall’altra, mettendo in atto le esperienze – ma anche i desideri e le convinzioni – maturate dopo lo spostamento nei pressi di piazza dei Martiri, l’epicentro dell’arte contemporanea napoletana, tra decine e decine di mostre, progetti, collaborazioni, viaggi, partecipazioni. Gian Marco Montesano, Eugenio Espinoza, Pedro Neves Marques, Marco Raparelli, vedovamazzei, Eugenio Tibaldi, Jota Castro, Luca Francesconi, Ana Manso, Francesca Grilli, sono alcuni degli artisti incrociati in questi anni. Appena chiusa Panorama a Monopoli, la grande mostra diffusa organizzata nell’ambito del consorzio Italics, è attualmente visitabile nella sede di via Alabardieri una personale di Sergio Vega.
E così, il nuovo spazio in via Monte di Dio, alle spalle di piazza Plebiscito, mai troppo distante dal mare, sarà Casa Di Marino, con un forte accento identitario, dunque, espressione di una «Propria narrazione della contemporaneità» costantemente e tenacemente perseguita. «L’ufficio, il deposito, la biblioteca, saranno allo stesso tempo cucina, sala da pranzo, soggiorno e terrazzo. L’invito a entrare nella sfera privata vuole stimolare nel visitatore un impegno al confronto più approfondito e allo sviluppo di un interesse diverso rispetto alle logiche di produzione artistica», spiegano dalla Galleria.
Primo appuntamento in calendario, il 3 ottobre, con “Artists of the world, unite!”, non a caso prima mostra di Carlos Amorales, a segnare non solo un inizio ma anche una parabola armonica. Nato nel 1970 a Città del Messico, Amorales ha già partecipato, tra le altre cose, a paio di Biennali di Venezia, Padiglione Messico nel 2017 e Padiglione Paesi Bassi nel 2003. In questa occasione, l’artista, che spesso lavora sulle stratificazioni e sulle risignificazioni del linguaggio, presenterà una serie di lavori realizzati a partire da sperimentazioni con un programma sviluppato su una GAN – rete generativa avversaria, un’intelligenza artificiale che genera immagini partendo da testo.
In attesa dell’apertura ufficiale delle porte, abbiamo raggiunto Umberto Di Marino per farci dire qualcosa di più.
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Da Galleria a Casa, per un passaggio che, immagino, non sarà solo di parole ma anche di “identità”. Cosa vedremo nel nuovo spazio – o nella nuova “atmosfera” – di via Monte di Dio? Quali saranno i punti salienti della programmazione?
«Quello che stiamo cercando di restituire con Casa Di Marino è una diversa dimensione della galleria, che non sia solo legata all’idea di uno spazio espositivo. Vorremo che il pubblico avesse la possibilità di calarsi all’interno di tutti quegli aspetti e quelle dinamiche che strutturano un’attività a conduzione familiare e allo stesso tempo una casa. Quei luoghi di solito considerati privati si mischieranno agli ambienti domestici, acquisendo un ruolo cruciale nella quotidianità della galleria; e così l’ufficio, il deposito e la biblioteca, saranno anche sala da pranzo, cucina, soggiorno. Questo comporta ovviamente una forma di partecipazione diversa dei visitatori, entrare nella sfera privata di una famiglia richiede un approccio più interessato e sicuramente meno dispersivo.
Questo ovviamente non rappresenterà un grande stravolgimento nella programmazione, manterremo quello sguardo sulle tematiche che hanno da sempre contraddistinto l’attività della galleria, cercando allo stesso tempo nuovi punti di vista e aperture. Così come fu per la sede di Via Alabardieri, abbiamo deciso di iniziare questa avventura con una nuova collaborazione, infatti la mostra “Artists of the world, unite!” è il primo progetto di Carlos Amorales con noi».
La Galleria di via Alabardieri continuerà comunque le sue attività come sempre oppure intraprenderà una nuova e più specifica strada?
«Lo spazio di Via Alabardieri continuerà ad essere parte fondamentale della nostra attività, almeno fino al prossimo anno. La gestione di due spazi richiede però una diversificazione nel programma, ed è per questo che la vecchia sede vedrà una leggera trasformazione, un po’ anticipata dalle ultime mostre e dal progetto “Visto da qui”. L’idea è quella di realizzare dei progetti specifici, tendenzialmente con opere e artisti che hanno già attraversato in questi anni la galleria. Trasformandola in una sorta di spazio progetto, la vecchia sede sarà destinata alla ridiscussione e alla riscoperta dei trent’anni di attività della galleria».
30 anni di lavoro e ricerca nel contemporaneo, scanditi da tre tappe: la prima galleria a Giugliano, nei primissimi anni 2000, quindi l’apertura nei pressi della centrale piazza dei Martiri e, ora, un invito alle spalle di piazza Plebiscito, al limite dei Quartieri Spagnoli. Un momento – o una impressione, una suggestione – che ti fa piacere ricordare e un augurio per questa nuova avventura?
«Più che a un momento specifico mi piace pensare a quella che era ed è sempre stata l’idea alla base della galleria, fin dagli anni di Giugliano, dove la nostra casa ha svolto un ruolo fondamentale per lo sviluppo e la crescita della galleria. Artisti, curatori, collezionisti, amici e le più disparate personalità con cui abbiamo avuto modo di collaborare sono sempre stati invitati a condividere la nostra dimensione domestica, instaurando così un rapporto che andasse al di là del solo ambito lavorativo. Solo questa temporalità estesa, questo confronto orizzontale, costante e aperto, ci ha permesso di definire nel corso del tempo una visione particolare della nostra esperienza galleristica. Oggi, con questa nuova sede, cerchiamo di riattivare quell’esperienza che fu propria dei primi anni, non come nostalgico revival, ma nel segno di nuove collaborazioni e confronti e ricerche che possano divulgare il nostro personale racconto della contemporaneità».