Era il 18 dicembre 1984 quando il Castello di Rivoli, dopo un’attenta ristrutturazione ad opera dell’architetto Andrea Bruno, riapriva le sue porte al pubblico come primo museo di arte contemporanea in Europa. Erano gli anni di una temperie culturale vivace, in un mondo economico in espansione. Di lì a poco sarebbe caduto il muro di Berlino, mentre i filosofi discutevano della fine della modernità, con le sue metanarrazioni, e del disincanto del mondo contemporaneo. E il Castello di Rivoli avrebbe ospitato collettive storiche e d’importanza assoluta per tutto il panorama artistico internazionale (basti pensare a Post Human e Form follow fiction di Jeffrey Deitch, rispettivamente del 2002 e del 1992).
Sono passati 40 anni dalla prima inaugurazione, e oggi il Castello di Rivoli festeggia il suo compleanno aprendo al pubblico tre mostre molto intense e ricche di nomi, autori e opere di grandissima attualità.
Al primo piano del museo ha luogo la mostra Ouverture 2024. Il titolo non è scelto a caso, poiché ricalca quello della mostra con cui il castello inaugurò la propria gloriosa attività espositiva quarant’anni fa. Da una Ouverture all’altra molte certo cose sono cambiate. Ma, rinunciando volontariamente a fornire al pubblico una mera cronologia di opere, acquisizioni e mostre fatte i curatori della mostra, Francesco Manacorda e Marcella Beccaria, hanno deciso di puntare a quello che in fin dei conti è la vera vocazione del Castello di Rivoli e il primo filo conduttore della sua storia: l’attenzione precisa ed efficace al contemporaneo. Se c’è una missione che davvero caratterizza le mostre che nel corso degli anni si sono svolte al Castello di Rivoli, è proprio questa. Nella cornice barocca della ex residenza sabauda, ogni volta ha luogo una vera e propria magia: l’incontro con il contemporaneo internazionale più attuale si fa concreto, vivo e attento. E il contrasto con la struttura architettonica delle sale non fa che enfatizzarne l’effetto.
Gli artisti in mostra sono molti e tutti di livello eccelso. Sono: Maria Thereza Alves, Marwa Arsanios, Micol Assaël, Ed Atkins, Nairy Baghramian, Lothar Baumgarten, Anna Boghiguian, James Lee Byars, Jennifer Allora & Guillermo Calzadilla, Maurizio Cattelan, Cooking Sections, Roberto Cuoghi, Nicola De Maria, Olafur Eliasson, Sara Enrico, Lara Favaretto, Chiara Fumai, Mario García Torres, Robert Gober, Roni Horn, Pierre Huyghe, Ingela Ihrman, Anne Imhof, Zhanna Kadyrova, Sol LeWitt, Richard Long, Nalini Malani, Reinhard Mucha, Otobong Nkanga, Maria Nordman, Francis Offman, Michelangelo Pistoletto, Michael Rakowitz, Anri Sala, Hito Steyerl, Alexandra Sukhareva, Jenna Sutela, Alessandra Tesi, Adrián Villar Rojas, Lawrence Weiner.
Impossibile cercare di raccontare tutte le opere. Segnalo allora, giusto per dare un piccolo riferimento, l’allestimento della prima sala, dove le fotografie del Tamigi di Roni Horn si specchiano nel grande lavoro a parete di Michelangelo Pistoletto; la grande installazione che racconta un naufragio sulla via del sale di Anna Boighiguain; il video misterioso, che mette a confronto sapere razionale e non di Chiara Fumai; il video di Pierre Huyghe alla scoperta di terre segrete e sconosciute. Ma le opere interessanti sono davvero tante.
Al secondo piano ha luogo invece la mostra di Gabriel Orozco, per la curatela di Marcella Beccaria. La mostra porta il titolo Shades between rings of air, lo stesso di un’installazione costruita dall’artista in legno, sulla falsa riga di un’opera di Carlo Scarpa realizzata per i Giardini della Biennale di Venezia nei primi anni cinquanta. L’opera di Orozco, già mostrata a Venezia per la cinquantesima edizione della Biennale e poi a Madrid e a Città del Messico, è arrivata al Castello di Rivoli nel 2023. L’installazione costituisce un vero e proprio hortus conclusus, un luogo che l’artista invita ad abitare, anche nel possibile dialogo non solo con il pubblico, ma anche, auspicabilmente, con altre opere di altri artisti e altre forme d’arte. L’opera d’arte diventa qui in grado di circoscrivere una zona dove le cose, gli incontri, possono accadere. Disponendo lo spazio in modo da favorire il confronto e l’incontro, essa acquista così una dimensione creativa e performativa particolarmente profonda ed efficace.
Chiude la serie di eventi inauguratisi in questi giorni la mostra al terzo piano dal titolo Il Castello Incantato, a cura di Francesco Manacorda, Marcella Beccaria e Paola Zanini, del Dipartimento di Educazione. Si tratta di un progetto dedicato al pubblico non-adulto (ma gli adulti sono invitati anche loro!) realizzato in collaborazione con alcune istituzioni scolastiche e licei. I ragazzi sono invitati a interpretare e rileggere insieme opere storiche della collezione di Carla Accardi, Gianni Colombo, Lucio Fontana, Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen, Giulio Paolini, Paola Pivi, Marinella Senatore, Grazia Toderi e Gilberto Zorio, con effetti sorprendenti.
Il titolo della mostra non ha solo ascendenze letterarie, ma si pone come un progetto e un’idea guida. Se negli anni ottanta – come recitava un famoso libro uscito proprio in quegli anni del filosofo Sergio Givone – il mondo andava incontro al proprio malinconico disincanto, al Castello di Rivoli si prova oggi una benefica inversione di tendenza. La proposta è quella di provare a trovare una nuova magia, un re-incanto. Come? Naturalmente grazie all’arte contemporanea.
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