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Casting the Castle III: sulla durata di una mostra in loop
Arte contemporanea
Al cospetto di un pubblico numeroso, si è svolta il 10 settembre la terza edizione di “Casting the Castle”. Il progetto, a cura di Saverio Verini, ha avuto luogo, in questa come nelle edizioni precedenti, presso il Castello di Civitella Ranieri, a Umbertide (PG), che costituisce la sede della fondazione omonima, da oltre 25 anni impegnata in un programma di residenze per artisti visivi, scrittori, compositori e ricercatori provenienti da tutto il mondo. Come suggerisce il titolo, “Casting the Castle” si propone di formulare un’immagine inedita di Civitella Ranieri, aprendola al pubblico e svelandone gli spazi, attraverso il confronto con i linguaggi dell’arte e tramite la ricerca di un’interazione significativa con i visitatori. Dopo due anni di pausa, l’iniziativa è tornata con un programma particolarmente ricco, che ha conferito centralità alla performance, al video e alla dimensione sonora.
Nella giornata preposta, i fruitori hanno potuto relazionarsi con i lavori e gli interventi di Giorgia Accorsi & Fabio Giorgi Alberti, Filippo Berta, Paolo Bufalini, Greig Burgoyne, Nadah El Shazly, Kae Tempest, Sissi, Guido van der Werve, i quali hanno offerto un organigramma di operazioni pensate in stretto legame con le caratteristiche dell’antico edifico, giungendo ad alterarne la percezione e la lettura. Come sottende il sottotitolo della mostra, “They repeat themselves constantly, but do not create a sense of habit”, che è ripreso da un testo scritto nel 2011 da un ex borsista di Civitella Ranieri, l’artista visivo Riccardo Benassi ed è dedicato proprio ai suoni che si potevano udire dalla finestra del suo studio nel corso della residenza, la coralità del progetto allude alla polifonia estetica che connota le differenti proposte previste da “Casting the Castle III”, facendo al contempo riferimento al concetto di ripetizione, altra cifra di quest’edizione. Disseminate nei diversificati ambienti del castello di Civitella Ranieri, difatti, tutte le opere e gli interventi condividevano la reiterazione di gesti, immagini e voci, trasmettendo in alcuni casi l’effetto di un vero e proprio loop; un’energia incessante e circolare che sembrava pervadere le sale della fortezza.
Pertanto, l’esposizione, distinguendosi per questa sorta di coefficiente in divenire e insieme interpersonale, è stata in grado di raccordare opera, luogo e pubblico, quasi come fosse anch’essa un’unica esperienza performativa. Invero, sia nelle azioni dal vivo che nei lavori installate nelle varie aree della sede, il movimento risultava sempre presente. Quest’ultimo, seppur diversamente accentuato e risolto, ha funzionato da congiunzione fra tutti gli programmati, ospitati fra la corte, l’ultimo piano della castello, la biblioteca, la cappella, la galleria.
Da questa prospettiva, anche la durata dell’esposizione (una sola giornata, nell’arco di poche ore) è da leggersi in aderenza con la condizione transeunte ed effimera dei vari contributi artistici, che rispecchiano l’idea curatoriale a fondamento di questa straordinaria terza edizione, confermando il riverbero performativo che ne ha permeato l’andamento.