Giacché con Cesare Pietroiusti, nulla è per (o lasciato al) caso, anche la titolazione della sua prima personale da The Gallery Apart, è una coordinata significativa dell’intera esposizione. “Valori”, questo il titolo, anticipa e prospetta i livelli di senso, quanto fisici che metaforici, esplorati e approfonditi nei lavori esposti nei due grandi ambienti della galleria (livelli di senso tracciati nelle ordinatissime mappe concettuali Introduzione I – Valore; Introduzione II – Proprietà; Introduzione III – Interesse; Introduzione IV – Dono).
Tra i principali rappresentanti dell’Eventualismo teorizzato da Sergio Lombardo e cofondatore del Centro Studi Jartrakor e della Rivista di Psicologia dell’Arte, Cesare Pietroiusti (Roma, 1955) da sempre è centrato sul tema dello scambio, attraverso il corpo, e sulle relative pratiche relazionali, conseguenti di una narrazione più o meno complessa, che, altrettanto frequentemente, mira a evidenziare dei meccanismi sfacciatamente paradossali. Nonostante l’apparente semplicità e minimalismo espositivo, il racconto è, tuttavia, particolarmente articolato e strutturato. Nel livello 0, sono esposti lavori che sviluppano più propriamente il concetto oggettivo che, si può dire, è strettamente collegato al significato economico di “valore”; mentre, nel basement, quello intimamente più soggettivo, congiunto piuttosto al senso di legami, affetti, meriti. E, su tutto, aleggia quell’impalpabile senso di nostalgia e memoria. Così, nella prima sala, sono riunite le riproduzioni di alcune banconote e monete di grandissimo formato, già fuori corso ai tempi della lira. Oltre a una indiscussa nostalgia per quei soldi legati ad un’epoca definitivamente chiusa, immediatamente ricordano una bizzarra abitudine ampiamente diffusa: quella di scriverci sopra. Firme, frasi, messaggi, disegni. Pratica che all’epoca catturò l’attenzione di Pietroiusti, tanto che nei primi anni ‘80 iniziò a collezionarle e, nel 1987, ne iniziò la riproduzione in gigantografie.
A sollecitare il suo interesse furono i possibili scenari di significato racchiusi in una simile consuetudine, dal non riconoscere i simboli dell’autorità statale all’idea di partecipazione, alla coesistenza del reale e del simbolico: la traccia di una penna e il valore nominale del rettangolo di carta della banconota. Banconote che più tardi, per Pietroiusti, sono divenute protagoniste delle ben note performance, dirette “materializzazioni” delle opere di Pietro Manzoni. Altra pratica diffusa in quegli anni, e ricordata con altrettante gigantografie, era quella di bucare letteralmente le monete di ferro, soprattutto le 100Lire, concretizzando quel modo di dire popolare: “non vali/e neanche centolire bucate”. Azioni relazionali che materialmente acquisiscono consistenza con la presenza di un “archivio” di serie di lavori, numerati, che il visitatore può visionare e, nel caso, prelevare in unica copia, a suggellare lo scambio tra l’artista e lo spettatore, parte attiva nel selezionare tra i diversi temi e forme, potendo, oltretutto, conservare anche un ricordo tangibile della mostra. Affiancando video, attestati, composizioni, nel basement la nota biografica acquista un certo peso. Il padre di Pietroiusti era un attento e appassionato collezionista di francobolli: aveva inseguito l’acquisto del raro francobollo fantasma “Pinocchio”, molto noto agli appassionati. È il 1954, Trieste e il suo territorio sono controllati dalle forze armate alleate. Washington e Roma raggiunsero un accordo: i francobolli da utilizzare erano quelli italiani ma con la sovrastampa «AMG FTT», ovvero Allied Military Government – Free Territory Triest. Nell’ottobre del 1954 il territorio ritornava nell’amministrazione fiduciaria dell’Italia e, così, venne cessata la stampa della sigla «AMG FTT», proprio nei giorni in cui doveva uscire il francobollo commemorativo di Pinocchio per le onoranze a Carlo Lorenzini (Collodi), preparato dalla tipografia romana in 220 mila esemplari, destinati alla distruzione, sebbene tre fogli furono destinati al ministero e chiusi nei caveau del museo dell’Eur. Però, 20 esemplari nuovi più due annullati, vennero alla luce nel 1972. E le quotazioni salirono alle stelle. Il padre di Pietroiusti riuscì ad entrare in possesso di un esemplare, pagandolo una discreta somma. Valore che, con la definitiva uscita dal mercato del francobollo, è repentinamente venuto meno.
Consegnando la sua collezione al figlio, Pietroiusti si è ritrovato con un capitale ormai inesistente e lungamente si è interrogato sul lascito e il suo significato, Così, procedendo con lo stesso approccio scientifico e chirurgico, Pietroiusti ha sezionato il francobollo, evidenziandone quelle parti che ne determinato il valore filatelico. Riconoscendo anche il valore politico di quel rettangolino di carta, che per decine di anni, ha veicolato precisi messaggi, si è mosso con modalità completamente non ortodosse della filatelia, quasi a voler recidere quel cordone familiare che, in qualche maniera, lo teneva unito al genitore. Oltre a Pinocchio, altri francobolli sono diventati la materia con la quale egli ha costruito i suoi differenti lavori, come la poetica Torre di Pisa o la sibillina Notre-Dame. Una mostra, dunque, che oltre a raccontare la raffinata pratica artistica di Pietroiusti, a stimolare connessioni e associazioni, relazioni e fratture, fa compiere un viaggio nel tempo, nelle abitudini, nelle piccole storie del quotidiano, per molti sconosciute, ma che sono state alla base di una variegata collettività.
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