Le opere di Chung Eun-Mo, esposte nella Galleria di Monica De Cardenas fino al 13 marzo 2022, vanno viste con gli occhi della mente, quando, la mente appunto, di fronte a una certa realtà, si sforza di identificare o evidenziare le linee, i segni, gli schemi essenziali che sorreggono o individuano un concetto, un’idea, alla ricerca di archetipi.
Quel che interessa all’artista, infatti, sono le armonie matematiche, geometriche e cromatiche che questa operazione mentale è in grado di suscitare nel fruitore. L’accostamento dei colori, omogenei ma studiati secondo la loro valenza intrinseca, portatori di diverse lunghezze d’onda, vanno a costituire una costruzione che è semplificatoria solo in apparenza.
Le linee e i segni geometrici separano, provocano illusioni prospettiche, impegnano in una ricerca che va oltre i dettagli per cogliere il ragionamento, il processo cognitivo puro. E questo può a volte stordire, confondere, come se ci si chiedesse di fissare ciascuno dei componenti dell’opera in un assioma mentale infinito e sempre più sfuggente.
Ma proprio qui sta il fascino di un’artista, come Chung Eun-Mo, particolarmente debitrice del Modernismo e di autori come Malević, Albers, Kandinsky, ma sensibile anche ai classici antichi e rinascimentali, italiani, spagnoli e olandesi.
In certi lavori, di particolare ampiezza, non possiamo non riconoscere anche echi dei lavori di De Chirico con le loro architetture spesso ridotte a schematismi volumetrici che ricercano il valore intrinseco nell’imponenza delle proporzioni e nella accorta distribuzione degli spazi sulla tela.
In più, Eun-Mo, che ama il colore nella combinazione di “luce, peso e piacere”, come è solita dire, fa in modo che alcune sue opere trovino spazio anche all’esterno della tela, si allarghino con un effetto dinamico sulle pareti in linee ulteriormente stilizzate che invadono, imbrigliandolo, lo spazio circostante.
D’altra parte, Eun-Mo, d’origine coreana, ha forti legami con il nostro Paese, in cui risiede da diversi anni, dopo essere stata a New York dove ha conseguito il Master of Fine Arts al Pratt Institute. L’artista ha tenuto mostre a New York, Roma, Monaco e a Seul, dove è nata, e naturalmente anche a Milano. Sue opere, oltre che alla Modern Art di Dublino, sono presenti in importanti collezioni pubbliche e private.
In una recente intervista, l’Artista segnala come pittori più influenti rispetto alla sua opera molti astrattisti ma non cita, tra gli altri, Piet Mondrian, di cui al Mudec c’è attualmente una bella mostra, e che a noi sembrava invece ispiratore della sua visione artistica. La nostra curiosità era forte e le abbiamo chiesto il motivo di questa esclusione. Ecco la sua risposta: “Mondrian era una materia di studio obbligatoria quando studiavo. La sua evoluzione verso il Neoplasticismo, dai primi anni di pittura di paesaggi, alberi e fiori, arriva infine ai dipinti solo con linee orizzontali e verticali e sei colori: è stata una lezione essenziale per i pittori astratti. Non vedo l’ora di vedere la mostra al Mudec. A Mondrian sono grata per aver chiarito e stabilito il linguaggio dell’astratto in pittura e la sua è la lezione di una ricerca rigorosa”.
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