Cinque gli artisti ucraini selezionati da Solomia Savchuk, Head of Contemporary Art al Mystetskyi Arsenal di Kiev e curatrice della raccolta Ucraina di Imago Mundi Collection, e Maria Lanko, co-curatrice del Padiglione dell’Ucraina all’ultima Biennale d’Arte di Venezia, per il programma di residenza tenutosi a Fontecchio (L’Aquila), organizzato dal MAXXI L’Aquila, con la Fondazione Imago Mundi, il Comune di Fontecchio e il sostegno del Ministero della Cultura, e conclusosi nel Marzo 2023 con un’esposizione delle opere al Convento medievale di San Francesco, a Fontecchio.
Il proposito di residenza artistica offre una duplice possibilità, da una parte ospitalità per facilitare l’atto creativo e introspettivo affidato al singolo artista, dall’altra relazione e confronto su tematiche condivise in un progetto, avviando così un processo d’ indagine e produzione che coinvolge artisti in una realtà territoriale.
Yehor Antsyhin, Lucy Ivanova, Andriy Sahaydakovskyy, Olena Turyanska e Petro Ryaska, dallo scorso settembre hanno vissuto e operato nell’incantevole borgo di Fontecchio, nella valle dell’Aterno, che ha puntato sull’Arte e i Beni Culturali come volano di ripartenza a seguito del terremoto.
I legami tra l’atrocità e la distruzione del terremoto e della guerra sono stati i temi principali affrontati dagli artisti. Devastazione affidata alla forza naturale, ricordiamo il terremoto del 6 Aprile 2009 che colpì duramente il cuore del capoluogo abruzzese e parte della provincia dell’Aquila, e alla natura umana, l’attuale conflitto russo-ucraino. Ancora il coraggio di un popolo che vuole e prova a ricucire, la speranza in un futuro di unione e libertà.
Nel dipinto “Holding the rock” (Sorreggere la roccia) di Yehor Antsyhin, artista di Kiev, classe 1989, forte appare il legame tra Ucraina e Italia. Entrambe hanno assistito inermi a differenti tipi di demolizione ed entrambe hanno risposto con un forte senso di solidarietà, che diviene necessità di guardare al domani. Nell’opera presentata al Convento di San Francesco l’uomo sembra sostenere il peso del mondo. La roccia, che si sgretola a causa della dirompente forza della natura, è anche simbolo della ricostruzione di popoli fieri, tenaci, coraggiosi, testimoni di una memoria storica, personale e collettiva, alla quale si lega anche l’emblema dell’architettura italiana, l’arco.
Lucy Ivanova, 34 anni, di Kiev, ugualmente concentra la sua ricerca sui legami tra gli effetti del terremoto aquilano e quelli legati alle immagini di guerra odierne dell’Ucraina. L’insieme di dipinti “The Third Son” Il Terzo Figlio, appare come una contemporanea pala d’altare, vicina allo stile degli affreschi della Chiesa in cui è esposta. L’esito della sua riflessione, al termine della residenza, è tuttavia una sostanziale differenza tra Italia e Ucraina. La distruzione dell’architettura del nostro paese, dovuta a cause naturali, infatti, si è risolta in capacità di restaurare, conservare e custodire il patrimonio culturale, comprendendo il valore della sua portata per la storia del luogo. L’Ucraina invece, pur avendo una storia molto antica, manca di questa valorizzazione, forse a causa delle numerose colonizzazioni da parte dell’Impero Austriaco, Austro-Ungarico e della Russia, che hanno causato nel tempo un’interruzione del senso d’identità del paese. L’artista racconta come in Ucraina una gru, anziché rappresentare la ricostruzione di una struttura medievale, delinei la realizzazione di un nuovo monumento, in assenza di tutela e cura del passato.
Anche l’artista di Leopoli Andriy Sahaydakovskyy affronta la tematica della guerra, tra rappresentazione della realtà e contenuto semantico, utilizzando il supporto del tappeto come tela per scrivere in nero, in lingua ucraina con stencil, un messaggio di pace: DIALOGO.
Opere e progetti ci restituiscono una profonda riflessione sullo studio del paesaggio naturale del Parco Regionale Sirente Velino, sul carattere sociale e antropologico di Fontecchio, sul passato storico-culturale, e un’occasione di futuro, intesa come ricostruzione di una comunità.
Il dialogo che l’accompagna diventa anche territoriale, come nel corpo di lavori “Cosa farò con questa pietra” di Olena Turyanska, che esplora la realtà storica e civica attraverso elementi naturali come la pietra e la montagna, e mette a confronto due verità diverse eppure vicine, trovando così familiare l’esperienza delle macerie. L’ urgenza è quella di una necessità di ricostruzione, difficile ma plausibile.
Ancora la terra al centro delle opere di Petro Ryaska, artista interdisciplinare che realizza per il borgo di Fontecchio una serie di lavori, da lui definiti “performance-dipinti”, che dialogano con la storia comunitaria e antropologica del borgo.
Oggi non si può prescindere dal tema della sostenibilità, dalla partecipazione attiva dell’arte sul territorio, dall’impatto che ciò può provocare.
Il progetto di residenza, più che culminare in una mostra, termina con una compartecipazione di idee, notazioni, lavori, dibattiti, come il talk che si è tenuto presso il Maxxi, in cui artisti, curatori, il Direttore Bartolomeo Pietromarchi e l’ amministrazione comunale hanno dialogato sull’ intensa esperienza intercorsa tra territorio e comunità.
Si guarda ora al futuro, sulla memoria delle macerie, nella speranza di una ricostruzione consapevole e condivisa.
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