Collezionare il contemporaneo: intervista a Giorgio Fasol

di - 16 Settembre 2023

La sua è una delle raccolte private più significative sul panorama artistico italiano, un patrimonio che, a partire dal 1988, viene concesso in prestito per arricchire musei, mostre e rassegne dedicate al linguaggio artistico del nostro tempo.  Così, uno dei più importanti collezionisti italiani, il veronese Giorgio Fasol, racconta la sua passione per l’arte e le mosse con cui ha dato i natali ad AGIVERONA Collection.

Anna e Giorgio Fasol (in primo piano sulla destra) alla mostra di Lucio Fontana, Studio la Città, Vorona 1973

Da sempre il suo collezionismo è completamente rivolto a sostenere l’arte contemporanea. Qual è l’approccio con cui riesce a confrontarsi con i giovani artisti?

«Frequentandoli. Andando a vedere le loro opere, viaggiando, muovendomi a seconda dei suggerimenti che mi arrivano o degli eventi che vengono organizzati, in questi contesti cerco di individuare i lavori a mio avviso più interessanti. Quando incontro un giovane interessante voglio conoscerlo, voglio vedere il suo lavoro e gli faccio queste domande: parli inglese? Sai usare il computer? Viaggi all’estero? Vai alle inaugurazioni delle mostre? Gli dico che deve imparare a scegliere, perché lì ci sono tante persone, di cui solo una minima parte sono quelle giuste, che devi assolutamente conoscere e con le quali devi intrattenere rapporti, gli altri sono tempo perso. Credo sia compito nostro anche indirizzare i giovani, poi ci penseranno loro, ma io esprimo sempre la mia opinione. Per esempio, tengo molto che si appoggino a una galleria, un luogo essenziale sia per l’artista che per il collezionista».

Come è cambiato il rapporto tra collezionista e artista con il passare degli anni?

«Rispetto agli artisti del passato, mi sembra che i giovani adesso abbiamo capito che non devono aspettare la manna dal cielo: non pensano più che, al fare cose buone, consegue direttamente che la gente ti noti e compri le tue opere. Oggi, gli artisti giovani devono proporsi, girare, devono avere relazioni. Io li incito molto ad andare all’estero, anche per poco tempo, perché solo così possono abbandonare il nido, ampliare la loro visuale e ottenere un riconoscimento anche proficuo».

Cosa cerca nei giovani artisti? O meglio, cosa convince un collezionista esperto come lei ad acquistare un’opera di un artista alle prime armi?

«Prima mi informo sull’artista, anche perché ce ne sono tanti. Di quelli che mi danno l’impressione di avere delle qualità vado a vedere le mostre e acquisto solo se scatta la scintilla: altrimenti puoi anche essere il più bravo del mondo, ma non acquisto. Ogni acquisto è un atto d’amore. Ma è una mia personale opinione, ognuno ha il proprio sistema. Le racconto un fatto. Sono andato a fine giugno a vedere Opentour 2023, mostre dei giovani dell’accademia di Bologna. Tra tutte, la performance di una ragazza mi colpì molto: aveva collocato ai quattro angoli dello spazio un cellulare con un altoparlante che, attivati uno dopo l’altro, con dei tempi precisi, restituivano la voce di quattro persone che parlavano con grandissima armonia; ne fui colpito, così l’ho acquistata. Alla sera ha vinto il primo premio. Mi è scattata così, non conoscevo nulla di quell’artista, per me la sua performance era diversa da tutte le altre, era pura armonia. I giovani cambiano, è un rischio comprarli, però danno delle soddisfazioni notevoli, scoprirli e acquistarli, seguirli e vedere che fanno strada è una soddisfazione».

Una scintilla? Quindi non possiamo affermare che ogni collezione ha a monte un progetto, un’idea che il collezionista persegue quando compra un nuovo pezzo?

«No, per me no. Quando compro è perché è scattato qualcosa: la scintilla che per me non è mai cambiata, da sempre è stato così. Le racconto quando è nato il mio interesse per i giovani artisti. Tanti anni fa, quando alla galleria Cattaneo di Brescia si inaugurò una mostra, mi innamorai di un piccolo Lucio Fontana. Avevo un milione a fronte dei tre che il gallerista mi chiedeva. Eppure lo volevo tantissimo. Così gli chiesi di stipulare un contratto, di poter pagare il quadro a rate, per poi ritirarlo una volta saldato. Ero con mia moglie, eravamo appena sposati. Era il 1969. Qui è scattato il mio interesse per i giovani. Il gallerista mi disse: “tu fai bene a prendere Fontana, ma io ti faccio vedere un giovane che sarà altrettanto bravo”. E mi portò un rotolo di una tela bianca molto grande con delle S e delle frecce nere: era un’opera di Jannis Kounellis. “Questo te lo do per un milione”. Mia moglie mi prese da parte e mi ricordò che avevamo già un debito, Così andammo via e non presi quell’opera. Da qui però è scattato l’interesse per i giovani».

Da questo acquisto nasce la sua collezione?

«No, molto prima. Glielo racconto. Ero ancora studente e vidi su una rivista un servizio su una mostra di Giorgio Morandi. Io non sapevo neanche chi fosse, però quelle immagini mi catturarono, mi piacquero moltissimo. Lavorando tutta l’estate mi ero messo da parte dei soldi, 365.000 lire: nel 1958 era davvero una bella somma. Li prendo e vado in una galleria di Verona a chiedere Morandi. La gallerista mi rispose: “Bella la scelta, io non ce lo ho, ma nell’arco di due mesi te lo procuro. Sappi però che costa intorno al milione”. Non li avevo e, così, me ne andai. Questo fu veramente il primo approccio al collezionismo.

Più tardi, con un amico, che era poeta, musicista, scultore, pittore ma soprattutto un bravo stampatore di libri d’arte, Renzo Sommaruga, andai nello studio di un artista a cui voleva chiedere delle litografie per una pubblicazione. Lui ci fece attendere più di un’ora. Quando si presentò, non ci disse nulla, aveva solo un foglio A4 in mano con tre buchi e urlava: “È un Fontana, guardate cosa ho preso!”. Sembrava un invasato. Lì ho capito: se un artista rimane così folgorato da un pezzo di carta con tre buchi, beh, allora quello deve essere un genio. Così ho cominciato a voler Fontana, a cercarlo e mi sono preso i primi multipli (che ho ancora)».

Il 6 ottobre presso Palazzo Vecchio di Firenze, le verrà riconosciuto il premio internazionale “Rinascimento+” indetto dal Museo Novecento di Firenze in collaborazione con il MUSE per l’impegno e l’attività profusi a sostegno dell’arte. Questo traguardo cosa significa per lei, per AGIVERONA e, soprattutto, pensa che possa costituire un punto di forza per il collezionismo contemporaneo?

«Questa è un’iniziativa notevole che porterà certamente dei benefici. Io spero di poter parlare durante la conferenza, perché in questa sede, se me lo permetteranno, dirò che io vorrei che nel mondo dell’arte si parlasse più di cultura che di investimento. Sono un utopista, ma non possiamo andare avanti e parlare solo di investimenti. Non si può chiedere il prezzo di un’opera e subito dopo: “E da qua a tre anni quanto varrà?”. Per me questa non è arte, potrebbero investire in altro».

Con AGIVERONA lei promuove numerosi progetti. A proposito di uno in particolare, lo scorso 3 settembre, è stato intervistato durante il programma di Rai 5 Di là del fiume e tra gli alberi. Ci parli di questo progetto, di qual è la sua missione. Come si innesta nel contesto dello sviluppo culturale nel territorio veronese?

«È stata una casualità. Nel 2017 sono stato chiamato da un ente comunale per andare vedere uno spazio in Santa Marta, un’ex provianda austriaca, bellissima. Due degli immobili sono stati ristrutturati meravigliosamente, il terzo è tuttora da ristrutturare. A quell’epoca, il Comune poteva intervenire con un finanziamento del governo, che poi venne bloccato con il successivo, senza permetterci di portare avanti il progetto iniziale. Così chiedo di poter presentare un nuovo progetto al Rettorato, che verrà approvato entusiasticamente dal consiglio e dal senato economico. Consisteva sì nell’esposizione di opere contemporanee, con la partecipazione attiva degli studenti per le visite guidate, con tre talk annuali con uno studente e un artista presente in mostra, nonché un convegno sul contemporaneo in cui avrebbero partecipato cinque esperti con cinque studenti.

Il 10 settembre 2019, si inaugura “Contemporanee/contemporanei”, una mostra permanente di 80 opere della Collezione AGIVERONA, completamente a disposizione di studenti, docenti e visitatori.

L’anno successivo, i docenti danno vita a “Contemporanea” una piattaforma trans-disciplinare che vede la realizzazione di talk con artisti, critici e curatori. Inoltre è stato organizzato nel 2022 e successivamente ripetuto quest’anno il Festival di Veronetta Contemporanea, comprendente cinema, danza contemporanea, musica, teatro, poesia, arte. Quest’anno poi ha promosso l’importante convegno internazionale “Quella scandalosa scatoletta di Piero Manzoni”.  Il 5 maggio di quest’anno è stata inoltre inaugurata poi una seconda mostra nel dipartimento di biotecnologie con 30 opere e, in ottobre, annunceranno la costituzione del Museo dell’Università di Verona. Alla fine, posso dirmi molto soddisfatto di queste iniziative».

In conclusione, cosa può dirci sullo stato di salute dell’arte a Verona?

«La città ha registrato un fatto molto positivo, un industriale veronese ha venduto la propria azienda e ha aperto uno dei più bei palazzi della città, vicino piazza Erbe, e ha aperto il suo museo, Museo Casa Maffei. Mi sembra questo un evento estremamente positivo. Poi, vedo che le gallerie sembrano essere efficienti. Ciononostante, abbiamo un provincialismo che impera. Questo è decisamente un fattore negativo per Verona».

Chi è Giorgio Fasol: biografia

Nato a Verona il 21 luglio 1938. Iscritto all’Albo dei Ragionieri Commercialisti di Verona dal 1966 al 2014. Dalla sua grande passione per l’arte contemporanea nasce una significativa raccolta privata: AGIVERONA Collection. Nel 1988 concede il primo prestito: cinque opere, esposte in occasione di Arte Fiera Bologna per una mostra curata da Silvia Evangelista e dedicata alla ricerca sul collezionismo italiano.

Da allora le opere appartenenti alla sua collezione non hanno più smesso di viaggiare, richieste e prestate a Musei e Fondazioni di tutto il mondo vengono esposte in mostre e rassegne dedicate al linguaggio artistico contemporaneo.

Nel 2010, dal 7 maggio al 22 agosto, il Mart di Rovereto gli dedica la mostra Linguaggi e Sperimentazioni a cura di Giorgio Verzotti con l’intervento straordinario di Hans Ulrich Obrist. Vengono esposte 70 opere di giovani artisti (dai 20 ai 35 anni) realizzate tutte tra il 2000 e il 2010, altre 25 opere di artisti internazionali vengono depositate al Museo Mart in comodato d’uso.

Negli anni successivi altre mostre sono state dedicate alla collezione fra le quali ricordiamo quelle presso la Maison Particulière di Bruxelles (2014), il Museo Bruschi di Arezzo (2015), Museo Miniscalchi Erizzo di Verona (2015) a Siena presso Santa Maria della Scala, il Museo Civico e l’Accademia dei Fisiocritici (2016) e per Dolomiti Contemporanee presso il Nuovo Spazio di Casso (2017).

Nel 2019 AGIVERONA Associazione Culturale ha sottoscritto un contratto di comodato per cinque anni con l’Università di Verona con il deposito di 81 opere di giovani artisti internazionali: il nucleo centrale è al Polo Santa Marta, ma sono stati coinvolti anche Palazzo Giuliari, il Chiostro Porta Vittoria, Palazzo ex-Economia, Palazzo ex-Zitelle e il Polo Zanotto. Ogni opera ha un suo tutor-studente, mentre 7 docenti si sono riuniti e hanno formato “Contemporanea”, una piattaforma transdisciplinare per fare del progetto un vettore di apertura verso il territorio e la città che promuoverà una continua interazione tra la ricerca e la società civile, s’impegnerà nel trasferimento della pluralità dei linguaggi che abitano gli spazi universitari verso la sfera pubblica; valorizzerà la partecipazione e il coinvolgimento degli studenti e delle studentesse anche al di fuori della semplice attività didattica; utilizzerà le forme espressive della contemporaneità – il teatro, la letteratura, la musica, la filosofia, il cinema e le arti visive – come occasioni d’incontro per generare conoscenza e pensiero critico. Dal 2005 è membro dell’Advisory Board di ArtVerona.

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