Con Art Basel Parcours, l’arte contemporanea esplode in città

di - 28 Settembre 2021

Venti sono stati gli artisti invitati a partecipare a “Parcours”, il programma di passeggiate pubbliche all’insegna dell’arte, nell’ambito di Art Basel 2021: Thomas Bayrle, Cecilia Bengolea, Claudia Comte, jason Dodge, Hamish Fulton, Guan Xiao, Knut Henrik Henriksen, Esther Kläs, Hanne Lippard, Mike Nelson, Solange Pessoa, Bunny Rogers, Augustas Serapinas, Sarah Sze, Erik von Lieshout, Pedro Wirz, Rodrigo Hernandez, Yull Yamagata, Pakui Hardware, Klara Hosnedlova. La manifestazione, curata per la sesta volta da Samuel Leuenberger, si svolge fuori le mura della Messeplatz.

Sono andata alla ricerca delle opere in situ disseminate, quest’anno, oltre il centro città, senza il libretto che negli anni precedenti accompagnava la visita di “Parcours”. Non è mancata tuttavia la presenza gradevole e attenta degli studenti, mediatori delle opere, interlocutori dei visitatori. È da rilevare quanto il potenziale artistico sia diventato illimitato nel superare sempre di più la distinzione fra arte e «oltre l’arte». Vengono confermate scelte stilistiche radicalmente diversificate, che coniugano tecniche tradizionali e tecnologie attuali.

Così Thomas Bayrle presenta un arazzo lavorato a mano con l’immagine della Pietà vaticana di Michelangelo composta dalla ripetizione di uno strumento ossessivamente presente: il cellulare. Nello stesso luogo, tra le opere provenienti dalla chiesa diventata Museo Storico, Mike Nelson ha appoggiato sul suolo una vetrina in plexiglass, come una tomba. Ricopre un sacco a pelo rosso e alcune monete uscite da un taschino. Sono tracce di un amico deceduto cadendo. Rodrigo Hernandez espone nelle vetrine esterne del Teatro, lastra di ottone lavorato a sbalzo, dal vocabolario figurativo essenziale, di reminiscenza surrealista, quello magrittiano per intenderci. Sembrano evocare sogni d’oro, colore del metallo.

Cecilia Bengolea, Performance e video, Artbasel Parcours, 2021

Le performance di due artiste, Celia Bengolea e Esther Kläs benché di stile totalmente diverso, hanno in comune la centralità data alla gestualità e alla capacità di suscitare emozioni. Al gesto scattante e rapido dei danzatori dell’artista argentina risponde quello lento e rallentato di Esther Kläs. In un video, Celia Bengolea ha ripreso le pratiche della danza urbana giamaicana. Tutti i luoghi fanno da scenario, dalla strada di quartiere all’autostrada. Ogni danzatrice, sola, in duo, poi in un gruppo misto, si esibisce attraverso una gestualità marcata in ambienti contrastanti, dalle baracche fatiscenti alle casette col giardino allineate in un’armonia ossessiva. Non sappiamo se ogni scena esprima la disumanizzazione di un certo vivere urbano o, al contrario, l’unica umanità rimasta.  Nella performance, danze urbane e professionalità scenica si coniugano con eleganza e semplicità su una musica che integra quella dei night club. L’artista introduce un elemento di pedagogia invitando il pubblico a venire sulla scena per unirsi agli esercizi. Il risultato è sorprendente. Non c’è contrasto fra i professionisti della danza e gli amatori.

Nella performance di Esther Kläs con Gustavo Gomes, due corpi, un uomo e una donna, sono avvinti in tessuti bianchi. Imitano una sorta di scultura che lentamente si muove e si trasforma. All’inizio è difficile distinguere l’uno dall’altro. Le pieghe del tessuto coprono le individualità di ciascuno. Quando si separano e si liberano dai legami si scopre che quelli che sembravano lenzuola, sono grembiulini bianchi, di tutte le taglie partendo dall’infanzia. L’uomo li carica tutti sulla spalla. Ogni scena sembra evocare sottilmente un capitolo della vita di coppia.

Tthe interview painting (mise en scène in 12 Acts) di Claudia Comte si svolge in un’ampia sala del casino e mette in scene grandi tele, disposte quasi verticalmente in mezzo a mobili, oggetti, un pianoforte, un tutù, scarpe da ballerina. Una batteria orchestrale alterna momenti di riposo ed esecuzione. Jason Dodge sparge sul suolo e nella scalinata del Kunstmuseum, all’ingresso delle sale della collezione storica, detriti inorganici, tracce della vita quotidiana, scontrini, stracci, rametti di camomilla, strisce di carta rosa, pezzetti di gommapiuma. La scelta del luogo è spiazzante.

Con Walking In Every Direction a Public Walk, Hamish Fulton dava per un solo giorno appuntamento nella piazza del mercato, Markplatz, per una passeggiata in città. Nel giardino del Museo delle Antichità, Knut Henrik Henriksen pone davanti a un grande quadro astratto tre copie di scultura antica appartenenti alla collezione. In una piazzetta, Bunny Rogers erige una scultura in bronzo, figura ibrida fra il bestiario medievale e le immagini virtuali dei neopets. Nel tardo pomeriggio Sarah Sze proietta sulla facciata di un palazzo immagini colorate. Pedro Wirz sospende al soffitto di una biblioteca una sagoma.

Nello scenario suggestivo del giardino del Museo storico, Guan Xiao presenta per l’occasione, delle sculture in porcellana appoggiate sull’erba, dalle forme essenziali che evocano la rotondità. Un elemento, riconoscibile a prima vista come una croce, ha in effetti la forma di un hashtag. Inconsueta l’associazione sul suolo di cinque forme di bronzo intercalate da grappoli d’uva nera dai cicchi molto regolari, disposte a cerchio da Solange Pessoa. Un accostamento talmente inaspettato che, da una certa distanza, viene da pensare che l’uva non sia vera. In un ampio spazio di una scuola, Klara Hosnedlova ha disposto delle sagome verticali in resina assimilabili al vetro e a colonne come tubi. Su alcune sono inserite immagini, presentate come dettagli che imitano la pittura. Sono in realtà ricami.

Augustas Serapinas, Artbasel, Parcours, 2021

Come si possono fare pupazzi di neve senza neve? Non è una domanda retorica. Con i suoi Mudmen (uomini di fango) Augustas Serapinas racconta un fatto vero. Nel 2020 aveva progettato di realizzare un’installazione con dei pupazzi di neve. Ma, fatto eccezionale, quell’inverno non nevicò. L’artista lituano decise allora di fare pupazzi di neve con elementi naturali come il fieno, la terra, materializzando in questo modo la propria inquietudine per il cambiamento climatico.

In un negozio di arredamento che vende letti, Yull Yamagata presenta in più stanze opere dai titoli suggestivi, Bye bye Traauma, Chicken Ukebana, Leg in Pyjama, I miss you so much, chicken tower. Le forme sofisticate e i materiali utilizzati evocano sogni diventati incubi, tali da suggerire qualche riferimento autobiografico. Il luogo di esposizione, singolare, diventa allora un segno essenziale di forte impatto.

Yuli Yamagata, una scultura del gruppo Sweet Dreams, Nosferatu. Artbasel Parcours, 2021

Pakui Hardware è il nome di un duo d’artisti che espongono nella sede della società farmaceutica Novartis. Tre gruppi di sculture in vetro, trasparenti e arancioni, poggiate su dei tavoli in acciaio a forma di tavolozza, sono presentati all’interno di altrettanti spazi circolari dalle sagome in nylon. Forme, luogo e modalità dell’installazione alludono alla ricerca laboratoriale e all’universo ospedaliero. Un riferimento impegnativo temperato da una estetica ricercata fatta di trasparenze e belle forme.

Erik van Lieshout, Art Blasé, video Artbasel, Parcours, 2021

Infine, nella sala retrostante di un bar, Erik von Lieshout proietta un video che racconta l’impatto invadente del Covid sulla sua avventura artistica. Nel 2020 era stato commissionato all’artista un video per i 50 anni dell’Art Basel. Ora la manifestazione non ha avuto luogo nella città di Basilea, quindi il video, nel quale l’artista faceva un parallelo fra la storia dell’Art Basel e una crociera, non è mai stato presentato. Per l’edizione del 2021 ha quindi ideato un nuovo film di sei minuti, concepito come una sorta di cartone animato ironico e graffiante. Racconta le incursioni invadenti del Coronavirus rappresentato dalle metamorfosi del logo, una palla/gomitolo con spine che vanno in ogni direzione. Ignoto fino a due anni fa, adesso è mondialmente riconoscibile. La moltiplicazione delle immagini disegnate dall’artista ironizza sulle variazioni pungenti del virus. Asciugamani bianchi si trasformano in pupazzi e vere sculture, sul tema di un altro gioco di parole: “Art ist use your towel”. Il titolo gioca sulla parola ArtBasel, diventando Art Blasé.

Articoli recenti

  • Cinema

Napoli-New York: il sogno americano secondo Gabriele Salvatores

Carmine e Celestina sono due "scugnizzi" che si imbarcano su una nave per l'America. La recensione del nuovo (e particolarmente…

22 Dicembre 2024 9:00
  • Arte contemporanea

Sguardi privati su una collezione di bellezza: intervista a Francesco Galvagno

Il collezionista Francesco Galvagno ci racconta come nasce e si sviluppa una raccolta d’arte, a margine di un’ampia mostra di…

22 Dicembre 2024 8:20
  • Mostre

Dicembre veneziano: quattro mostre per immergersi nel dialogo culturale della laguna

La Galleria Alberta Pane, 193 Gallery, Spazio Penini e Galleria 10 & zero uno sono quattro delle voci che animano…

22 Dicembre 2024 0:02
  • Mostre

Bonhams ospiterà una mostra dedicata alla fotografa Lee Miller

Si intitola “Lee and LEE” e avrà luogo a gennaio in New Bond Street, negli spazi londinesi della casa d’aste.…

21 Dicembre 2024 22:22
  • Mostre

Lasciarsi toccare dal colore. La pittura di Ingrid Floss sbarca in Italia

Un'artista tanto delicata nei modi, quanto sicura del proprio modo d'intendere la pittura. Floss arriva a Genova in tutte le…

21 Dicembre 2024 18:30
  • Mostre

I gioielli e la poetica dell’abitare. La lezione di Andrea Branzi in mostra a Milano

10 Corso Como continua il suo focus sui creativi dell'arte, del design e della moda con "Andrea Branzi. Civilizations without…

21 Dicembre 2024 17:20