Parma, città rinomata per il suo patrimonio culturale e gastronomico, fino al 21 luglio ospiterà una mostra straordinaria che promette di stupire e appassionare gli amanti dell’arte contemporanea. L’evento, organizzato dal Comune di Parma e Solares Fondazione delle Arti, attraverso le 115 opere provenienti dalle collezioni private più prestigiose della città, si propone di narrare un secolo di espressione artistica.
La mostra, strutturata in ventidue sezioni cronologicamente ordinate, ognuna dedicata a un movimento o a un artista che ha segnato significativamente il panorama artistico del Novecento. Dall’antecedente futurismo al dadaismo sovversivo di Marcel Duchamp con Fountain, dall’enigmatico surrealismo di Giorgio De Chirico al cubismo di Pablo Picasso e Marc Chagall, fino alle sperimentazioni dell’arte povera e alla trans-avanguardia italiana, ogni sezione offre uno sguardo approfondito su periodi e movimenti artistici fondamentali.
Simona Tosini Pizzetti, la curatrice, ci ha permesso di approfondire il processo di creazione di questa mostra eccezionale e il suo impatto storico e culturale, rivelandoci i dettagli di come sia riuscita ad organizzare questo vario e ricco periodo storico, attraverso da movimenti e stili differenti.
La mostra ‘Contemporanea’ riunisce un ampio spettro di opere d’arte contemporanea, offrendo ai visitatori un viaggio attraverso cento anni di storia dell’arte italiana ed europea. Come è stato possibile creare una narrazione coerente che attraversasse un secolo di espressione artistica? Quali sono state le sfide principali nel costruire un percorso espositivo così vasto e diversificato?
«Quando mi è stato proposto di curare questa mostra sul collezionismo contemporaneo a Parma, ho posto due obiettivi. Il primo era offrire una fotografia più chiara e fedele possibile di questo collezionismo, ispirandomi anche alla mostra fatta a Padova presso la Galleria Consigli nel 1982, della quale rimane un catalogo veramente impressionante. Vi parteciparono collezionisti come Gino Magnani, poco prima che inaugurasse la Fondazione Magnani Rocca. Ho cercato dunque di dare questa fotografia, al fine di comprendere come era cambiato il collezionismo in 40 anni e se quelle opere erano ancora, ad oggi, a Parma. Il secondo obiettivo era trovare un filo rosso in questa storia, senza il quale non avrebbe avuto un proprio senso. Perciò, all’interno di queste collezioni, ho scelto opere che mi avrebbero consentito di creare un percorso coeso, mostrando lo sviluppo dell’arte contemporanea in questi 100 anni. Questa scelta è stata condizionata da tale intento: se mancava una certa opera, andavo a cercarla. È interessante notare come in Contemporanea sono rappresentati tutti i movimenti europei significativi degli ultimi cento anni di storia dell’arte.»
Il collezionismo privato ha un ruolo centrale in questa esposizione. Come vede l’evoluzione del collezionismo d’arte contemporanea negli ultimi decenni? Quali cambiamenti, a suo parere, hanno influenzato il rapporto tra l’arte contemporanea e il mondo dell’economia e della finanza?
«È innegabile che l’economia e la finanza siano sempre più interconnesse con l’arte contemporanea. In passato, bastava avere dietro a sé un grande critico o artista per segnare la tua strada, ma ora questa dinamica non è più sufficiente. Nel contesto della globalizzazione, il rapporto tra interessi finanziari e artistici si è intensificato notevolmente. Gallerie e direttori di musei ora gestiscono valutazioni che superano le aspettative. Fino a una decina di anni fa, spiegavo che questo era simile al Rinascimento, quando grandi mecenati come i Medici supportavano gli artisti. Ora, invece, sono i collezionisti e i direttori dei musei a dettare le regole. Attualmente, ritengo che la questione sia più complessa e che dobbiamo vedere i legami che regolano questi rapporti artistici in modo meno rigido, in quanto vi intervengono innumerevoli variabili.»
Considerando la varietà e l’importanza delle opere esposte, quali sono le sue aspettative in merito all’impatto che questa mostra potrà avere sulla percezione e sull’apprezzamento dell’arte contemporanea da parte del pubblico italiano e internazionale? In particolare, pensa che ‘Contemporanea’ possa contribuire a colmare eventuali lacune nella conoscenza dell’arte contemporanea tra il grande pubblico?
«Questo problema è stato per me una priorità, non solo nella cura della mostra ma anche nel catalogo, dove ho lavorato su numerose schede. Nelle schede ho cercato di essere meno critica e più professorale nella storia dell’arte. La mia intenzione era di rendere l’arte contemporanea più accessibile, poiché so quanto possa essere difficile per il pubblico comune. Anche quando l’arte contemporanea è figurativa, come nel caso di Giorgio Morandi, essa richiede un approccio diverso per essere compresa. L’arte contemporanea necessita di una guida, ed è proprio su questo che mi sono concentrata. Durante la mostra è stato deludente non avere troppe scolaresche, in quanto di lì a poco vi è stata la chiusura estiva delle scuole, specialmente perché credo che la conoscenza dell’arte contemporanea debba iniziare da lontano al fine di arrivare a giungere ad una comprensione completa della materia. La sua difficoltà sta anche nel fatto che essa è più che mai connessa alle problematiche attuali, come il cambiamento climatico e le guerre. Questo aspetto emerge nell’apporto artistico che segue la prima guerra mondiale e nella successiva drammaticità espressa per la seconda. Questa vicinanza alle sfide contemporanee è più evidente rispetto al Rinascimento, in cui le preoccupazioni umane erano filtrate attraverso l’occhio della cristianità. Oggi, l’arte affronta direttamente temi dolorosi e profondi, offrendo una visione meno ornata dell’esistenza. Spero che la mia mostra possa essere vista come un’operazione didattica utile e significativa.»
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