Cornelia Badelita, Continuu – Galleria Peola Simondi

di - 18 Aprile 2022

La seconda mostra personale di Cornelia Badelita a Torino, da Peola Simondi, si compone di una serie di lavori realizzati tra il 2021 e il 2022 porta il titolo “Continuu”.
Continuu è una parola nella lingua madre dell’artista, cioè rumena, e dal significato intuitivo: proprio come ci aspetteremmo, indica la continuità, la continuazione, il continuum. Ma a differenza della parola italiana, o latina, usata per indicare il susseguirsi di qualcosa senza soluzione di continuità, le due “u” poste alla fine del termine amplificano l’idea della ripetizione, dell’eco, dell’ulteriore.
Sono questi i temi centrali del lavoro di Badelita, che riecheggiano nelle opere in mostra come in molta sua produzione precedente.
Il progetto in mostra da Peola Simondi, però, ha una caratteristica molto particolare. Si compone, infatti, di una serie di opere realizzate su tavola dalle dimensioni inusuali di soli dieci centimetri di altezza per un metro di larghezza. Le opere sono disposte a intervalli regolari lungo il perimetro della sala espositiva, sempre ad altezza d’occhio e secondo un andamento ritmico. Ne nasce una teoria, nel senso letterale del termine: una sequenza, quasi musicale, che scandisce spazio e visione.
Altra caratteristica peculiare di queste opere è il loro soggetto. Esse rappresentano i margini di opere ideali e là, sui margini, vogliono condurre il nostro sguardo.
Non è esplicitato dall’artista, ma non possiamo fare a meno di notare, nel progetto, la messa a fuoco di due concetti che furono cari al filosofo francese Derrida: il margine e il fantasma, qui inteso come il doppio fantasmatico delle cose.

Cornelia Badelita, Continuu, PeolaSimondi, 2022

Per Badelita il riferimento esplicito è a due grandi artisti del passato: il primo è Holbein, l’ossessione di Dostoevskij, in particolare l’immagine del Cristo morto citato ne L’idiota. L’altro è Adriaen Coorte, artista del diciassettesimo secolo, particolarmente amato da Badelita e poco noto al grande pubblico. Per meglio comprendere, pensiamo al Cristo di Holbein, soggetto che è già di per sé una parte di dimensioni molto particolari di una pala più ampia che narra le vicende della vita di Gesù. Per Holbein il soggetto principale, il Cristo morto e adagiato nel sepolcro, è dunque egli stesso, visivamente, rappresentato a margine della narrazione complessiva. Badelita fa un passo oltre. L’attenzione si sposta, infatti, tutta su questo margine e intorno ad esso.
Il soggetto di Holbein – il Cristo nel sepolcro – nel lavoro di Badelita non appare. Ciò che interessa è invece proprio il concetto di nota a margine e, insieme ad esso, quello del doppio, dell’eco, del fantasma della rappresentazione.
Un altro aspetto del progetto è infatti, come anticipato, quello del duplicato, del doppio, diremmo del fantasma delle cose. Ora, così come le due U nella parola continuu, l’opera di Cornelia Badelita è da sempre affollata da personaggi che si sdoppiano, che si pongono in continuità con un altro da sé, con una specie di doppelgänger che a volte si triplica e si moltiplica all’infinito. Ma questo progetto oltrepassa, ancora una volta, un margine ulteriore, e lo fa per mezzo di un artificio tecnico.
Attraverso l’uso di un doppio pennello, Badelita crea, infatti, un vero fantasma dei soggetti dipinti. Mentre dipinge – per altro con una precisione e una tecnica sopraffina, quasi fiamminga, i soggetti che le interessano: nature morte, bicchieri, frutta, ma anche più contemporanei giochi di bambini – l’uso di un secondo pennello crea, contemporaneamente al soggetto principale, un suo doppio istantaneo. Appare, così, sulla tavola, una versione più sfumata e più confusa dello stesso oggetto, posta ad una distanza prospetticamente orientata rispetto al primo. È come se ogni cosa fosse accompagnata da suo fantasma, dalla sua idea, della sua proiezione, o ombra: qualcosa dell’oggetto che forse era e non è più, o che forse sarà; comunque qualcosa di di misterioso ed inquietante.

Cornelia Badelita, Continuu, PeolaSimondi, 2022

Il fantasma delle cose, il loro doppio, sta lì di indicare quella differenza, quella distanza tra ciò che è e ciò che viene percepito o vissuto. Altresì, è il nostro modo stesso di percepire le cose e trasformarle nella nostra coscienza, fenomenologicamente, che produce un inevitabile scarto: come dire che in mezzo, tra la cosa e il suo riflesso nella nostra coscienza, sta un rimosso. C’è qualcosa che è stato spinto ai margini, appunto, che però fa sentire la sua presenza in modo inquietante. Unheimlich, diceva Freud, il revenant, lo chiamava Derrida.
Le riflessioni che possono nascere come si vede, veramente molto ampie e coinvolgenti.
Queste note a margine, questi fantasmi, aprono prospettive sulla nostra visione del mondo e sul nostro modo di starci in mezzo, mettendo in discussione la percezione quotidiana e banale delle cose per proiettarci in un universo artistico denso di stimoli alla riflessione. Stimoli che sono oggi tanto più preziosi e benvenuti, quanto confuso e ben poco tranquilizzante è il momento storico che ci troviamo ad abitare.

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