Si presta a molteplici letture la mostra Cornerstones, in corso fino al 17 novembre nei sotterranei del Castello di Barletta. 14 autori contemporanei, tra i più significativi del panorama italiano, compongono un percorso transdisciplinare, offrendo le loro opere a una riflessione aperta, caratterizzata da punti di vista plurimi. Innanzitutto, quello della sperimentazione contemporanea: gli autori invitati offrono uno spaccato significativo dello scenario artistico italiano, combinando temi e materiali eterogenei in un tracciato coinvolgente. Essi assurgono a “pietre angolari” della riflessione sul presente, dando prova della polimorfia ma anche della pregnanza speculativa della sperimentazione artistica odierna.
Filosoficamente, le pietre angolari rappresentano ciò che rende possibile la costruzione, il punto su cui tutto può poggiarsi e trovare equilibrio. Una pietra angolare non è solo un blocco fisico, è un’idea, un principio che permette a ogni struttura di elevarsi. Nell’arte, le pietre angolari rappresentano la possibilità di costruire visioni, di radicare il pensiero e la memoria. Esse sono l’ossatura su cui l’artista poggia il proprio discorso, ma anche un’apertura verso la continuità e il cambiamento.
Ma la mostra è anche un omaggio al passato e al presente dell’Accademia di Belle Arti di Foggia. L’istituzione, infatti, si presenta attraverso gli artisti di maggiore notorietà che vi hanno insegnato o vi insegnano tuttora, rivelando la sua identità e la sua storia recente, trasferendo di sé un’immagine di qualità e costante rinnovamento.
Curatrice dell’evento è Giusy Caroppo, barlettana, anche lei docente dell’Accademia foggiana, che ha strutturato un percorso ben integrato tra le opere e la struttura accogliente, aprendo la riflessione ad un’ulteriore lettura, quella che chiama in causa l’interazione tra architettura antica e arte contemporanea. Il concept dell’esposizione si sviluppa attorno all’idea degli artisti come pilastri dell’identità culturale collettiva, fondamentali per la costruzione e la conservazione della memoria.
Promossa da OPERA OMNIA e sostenuta dal progetto regionale “Radici e Ali”, l’esposizione conferma la vocazione del Castello di Barletta come crocevia tra tradizione e sperimentazione. Cornerstones è un tracciato che si snoda tra sculture, installazioni, fotografie e opere multimediali, ideato per coinvolgere il visitatore in una narrazione avvolgente. Apre il percorso il lavoro di Domenico Borrelli che, con i suoi personaggi ibridi e stranianti, introduce il tema dell’alterità ma anche dell’identità , parafrasando nell’individuo il tassello di ogni costruzione sociale.
Vito Maiullari propone una scultura sonora in pietra che recupera memorie arcaiche ed evoca un senso di primitivismo ancestrale. Alla stessa temperie culturale rinvia il grafismo bestiale e onirico di Raffaele Fiorella. Memento mori di grandi proporzioni è Ciò che resta, ipertrofico teschio attraverso cui Paolo Grassino pone il visitatore dinnanzi alla caducità della vita e all’ineluttabilità della morte, senza mediazioni o camuffamenti.
Medesimo soggetto adotta anche Antonio Biasucci. La sua ricerca fotografica applicata al duplice simbolismo di teschio e pane si traduce in un’articolata composizione sospesa tra polittico e quadro radiografico, in cui, attraverso un efficace contrappunto tra vita e morte, si fondono antropologia ed estetica. Il duo Bianco-Valente esplora in video la forza evocativa della parola, giostrando abilmente tra forza del segno, incisività della scrittura ed espansione dell’acqua, rivelando in termini visivi il sottile confine che separa la dissolvenza del ricordo e la persistenza della memoria.
Nella dimensione tecnologica, il video di Maria Grazia Pontorno, Super Hu.fo_Voynich, partendo da un antico manoscritto esoterico del XV secolo, riflette sul dialogo tra arte e intelligenza artificiale, mentre le pennellate di Pierluigi Pusole e Marco Neri tracciano paesaggi che spaziano tra calore e freddezza cromatica; paesaggi che nelle parvenze del reale celano riflessioni interiori e indagini introspettive.
Una suadente superficie nera percorsa da andamenti rettilinei interni, resi visibili dal variare della luce e dal mutare del nostro punto di vista, ossia del nostro essere al mondo, costituisce la raffinata riflessione spaziale di Giuseppe Teofilo. Le caratteristiche opere in cartapesta di Perino&Vele, foriere di riflessioni sul problematico connotarsi della quotidianità , si offrono al visitatore con un’ironia pungente. La stessa che anima i mosaici pop di Leonardo Pivi in cui l’esultanza del colore si lega all’estetica del potere. Nicola Verlato presenta un movimentato Autoritratto all’età di cinque anni, riflettendo sulle propensioni che emergono nella fase infantile ed evocando il suo legame spirituale con Caravaggio. Igor Imhoff chiude il percorso con Oblivion, un cortometraggio in bianco-nero nel quale affronta un immaginario dark, vicino alla sensibilità della Generazione Z.
14 artisti, tutti legati all’Accademia di Belle Arti di Foggia, si presentano non solo come docenti ma come pilastri che sostengono e trasformano il tessuto del pensiero contemporaneo, elaborando un linguaggio visivo capace di esplorare l’incontro tra passato e futuro, memoria e innovazione, fragilità e resilienza. In un’atmosfera sospesa tra ombra e luce, le opere offrono uno sguardo profondo sul concetto di fondamento culturale, esplorando il rapporto tra memoria e identità , fragilità e resistenza.
Gli elementi scultorei, le proiezioni e i suoni guidano il visitatore attraverso un itinerario multisensoriale, in cui la materialità delle “pietre angolari” si carica di simboli e visioni, offrendo al pubblico una prospettiva diversa su ciò che costituisce il fondamento della nostra cultura. Le installazioni sono distribuite in modo da dialogare con le pietre antiche, creando un racconto corale in cui ogni lavoro rappresenta un tassello di un’identità collettiva complessa.
La mostra invita il pubblico a riflettere sul rapporto tra le fondamenta fisiche e simboliche delle nostre società , tracciando una linea tra l’esperienza accademica e l’espressione artistica. Essa invita il visitatore a una riflessione sulle radici della nostra identità collettiva, conducendolo in un percorso immersivo che svela la tensione tra i materiali e i significati delle opere. Il visitatore, attraversando le gallerie e incontrando i “fondamenti” artistici in esse proposti, è invitato a riflettere su quali siano le proprie pietre angolari, su cosa resta e cosa si trasforma nella ricerca dell’identità , abbracciando l’idea che l’arte sia non solo rappresentazione, ma sostegno e rifugio per le generazioni future.
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