Claire Fontaine, I sommerisi e i salvati, 2025. Photo: Fausto Brigantino
C’è ancora qualche modo per ripensare il museo, i suoi obiettivi e i suoi impegni? Oppure rinchiudiamo il suo significato nelle mura di un bel palazzo, tra i suoi piani nobili e le sue collezioni storiche? Il modo c’è, soprattutto per ripensare nuove forme di coinvolgimento e di stimolazione della sensibilità nei confronti delle questioni del mondo ed è possibile applicarlo attraverso progettualità intelligenti e non necessariamente monumentali e spettacolarizzanti. Crossing Border, Popoli in Movimento è il progetto promosso dalla Fondazione Ghenie Chapels e curato da Alessandra Borghese con la collaborazione dell’Università degli Studi di Palermo, che non nasce appositamente con l’intento di ripensare i valori museali, ma che li porta in sé come presupposti per una metodologia di condivisione culturale che prescinde dalla mera esposizione dell’opera d’arte.
Inaugurato lo scorso 26 marzo con l’ultima l’installazione di Claire Fontaine dal titolo I sommersi e i salvati, posta alle porte dell’Aula Magna del Dipartimento di Giurisprudenza di Palermo, il progetto prevede di esporre a cadenza bimestrale ed entro il 2025 le opere di altri cinque artisti chiamati a riflettere su un fenomeno primordiale nella storia dell’Uomo e tutt’oggi attuale con nuove sfumature di significato e ulteriori letture: le migrazioni. Le opere dei prossimi artisti, tra cui Yuri Ancarani, Paolo Pellegrin, Francesco Vezzoli, Loredana Longo e Adrian Ghenie,verranno allestite in dialogo con gli spazi universitari e fruibili per i prossimi tre anni dal lunedì al venerdì ed è proprio in questo passaggio che si condensa una missione importante del museo, poiché oggi è fin troppo obsoleto credere che sia la società a doversi muovere verso l’arte, verso poli culturali che non aggiornano la propria lettura sul contemporaneo, bensì è l’arte a dover essere al servizio della società mondiale, a dover essere una contaminazione positiva dei luoghi di incontro, di studio e di attraversamento, fondendosi con il vero contemporaneo, ovvero il volto del mondo che affronta le sue stesse criticità.
L’opera I sommersi e i salvati, apri fila del progetto palermitano, realizzata con un neon luminoso che richiama all’estetica pop delle insegne commerciali e che si accoda ad una densa storia sull’uso artistico di questo linguaggio, riporta il titolo dell’ultimo atroce capolavoro letterario di Primo Levi. Ancora tristemente contemporanea, la sopravvivenza allo sterminio è un’urgenza del nostro tempo che l’arte non può trascurare e non può far trascurare al popolo mondiale. Così, affidandosi alle parole di Levi che Claire Fontaine intende far luce – nel più sincero senso della parola – su un passato che ritorna, che produce stermini e risemantizza gli spostamenti dell’umanità, le migrazioni, le nuove fughe.
Tra le aule dell’università, sopra il busto di D’Annunzio e di fianco agli affreschi dell’Aula Magna in cui sono le donne a portare in mano le teste pensanti degli uomini, i salvati, il neon del duo italo-britannico squarcia il tempo e configura attuali letture del luogo in cui si inserisce, aprendo vedute crude e reali sui volti dei nuovi sommersi. Ciò che produce il progetto Crossing Border, Popoli in Movimento è una più contemporanea identità del museo, vicina alle persone, ma soprattutto vicina alle criticità del proprio tempo, raccontando non soltanto degli spostamenti spaziali, bensì di quelli attraverso il tempo in cui si registrano ritorni e sparizioni di ciò che da sempre riguarda l’umanità.
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