JENNY SAVILLE, Rosetta II, 2005 – 2006, © Jenny Saville. Tutti i diritti riservati, DACS 2021 Collezione privata. Courtesy dell’artista e di Gagosian
Tra il David di Michelangelo e il Perseo di Benvenuto Cellini, a Firenze la rappresentazione del corpo non può che assumere tratti mitologici o biblici, in ogni caso impegnativi. Nella città toscana, in quel fervido periodo compreso dal Rinascimento al Manierismo, si andava definendo un canone per quella forma che ci è così familiare – in fondo siamo noi, in carne, ossa, bronzo e marmo, anche se rivestiti di tratti, pose e muscolature epiche – eppure ancora misteriosa, sfuggente. E così, la grande mostra di Jenny Saville, con i suoi corpi deformati, vagamente mostruosi e ammiccanti, irresistibili, diffusi in cinque sedi della città, tra il Museo del Novecento, Palazzo Vecchio, il museo dell’Opera del Duomo, il Museo degli Innocenti e Casa Buonarroti, assume molteplici sfumature di senso.
Da una parte, il dialogo con una tradizione influente e, per certi versi, paralizzante, che per di più non è solo italiana ma anche europea e, nello specifico, d’Oltremanica, da Willem de Kooning a Francis Bacon e Lucian Freud, altri totem della rappresentazione del corpo. Dall’altro, la capacità di trascendere tutti questi paradigmi, spostarne le possibilità, giocando con una monumentalità elastica, dirompente. Il coraggio alla ex Young British Artist non manca e neanche la potenza e l’ambizione, qualità necessarie per reggere un progetto espositivo totalizzante per la città, che con il contemporaneo ha un rapporto non pacificato (come nel caso delle vivaci reazioni ai vari progetti in Piazza della Signoria) ma che ha premiato questo tentativo, affollando gli spazi espositivi, forse anche per un clima di generale ottimismo a seguito delle riaperture, di cui questo progetto vuole essere un po’ il capofila.
Curato da Sergio Risaliti, e pensato per dare un segnale di ripartenza all’arte e alla cultua di Firenze, il progetto ripercorre tutte le tappe della brillante carriera di Jenny Saville, dagli anni ’90 a oggi, con opere storiche e altre realizzate appositamente per questa occasione. Il dialogo con la storia è serrato: al Museo dell’Opera del Duomo di Firenze c’è la Pietà Bandini di Michelangelo, al Museo degli Innocenti la Madonna col Bambino di Luca della Robbia e la Madonna col Bambino e un angelo di Botticelli, ancora Michelangelo e i suoi bozzetti a Casa Buonarroti. A questi corpi levigati dalla storia dell’arte e dall’ammirazione universale, Saville contrappone i suoi ritratti femminili, le pieghe che si aprono e si restringono sulle epidermidi tese o rilassate, iperespanse sulle tele di grandi dimensioni. La pittura rimastica le membra, le riveste di una presenza allucinata e intima, sempre estrema, organicamente ibrida tra cyborg e carne per infrangere le regole e le categorie del bello e del decente.
Nata a Cambridge, nel 1970, Jenny Saville ha frequentato la Glasgow School of Art nel 1988, iniziando a interessarsi al tema della rappresentazione del corpo dal punto di vista femminile. Decisivo il suo periodo di studi a Cincinnati: «Era interessante entrare nei centri commerciali e osservare un sacco di donne in carne. Carne e pelle bianca in pantaloncini e t-shirt. È stato interessante fare queste osservazioni perché quelle donne avevano la fisicità che mi interessava», racconta l’artista. La sua carriera iniziò a prendere il volo già subito dopo la laurea. Nel 1993, la prima personale da Charles Saatchi, che rimase folgorato dalla sua pittura e diede il primo supporto alla sua ricerca. Nel 1994 si trasferì a New York, dove ebbe modo di osservare il lavoro del chirurgo plastico Barry Martin Weintraub, scattando fotografie durante gli interventi di chirurgia estetica e liposuzione. Lo studio della ricostruzione della carne umana è stato formativo nella sua percezione del corpo, dal classicismo di Tiziano e Tintoretto alle patologie.
La svolta nel 1997, con la partecipazione a “Sensation”, storica mostra in esposizione presso la Royal Academy of Arts di Londra, con opere della collezione di arte contemporanea di proprietà di Charles Saatchi, considerata capitale per la nascita e lo sviluppo degli Young British Artist. In quella occasione, le opere di Saville furono particolarmente apprezzate, nonostante la “concorrenza” di artisti del calibro di Damien Hirst, Gary Hume, Dinos Chapman, Marcus Harvey, Tracey Emin e Chris Ofili, tra gli altri. Attualmente rappresentata da Gagosian, Jenny Saville vive e lavora a Londra, dove è anche insegnante di pittura figurativa alla Slade School of Art di Londra.
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