Da Ai Weiwei a Renate Bertlmann, da Laure Prouvost a Ilya ed Emilia Kabakov, dai Chapman Brothers a Mat Collishaw: la lista degli artisti contemporanei affascinati dalla tradizione del vetro di Murano è lunga e la si può scorrere al Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo, leggendola attraverso – è proprio il caso di dirlo, vista la trasparenza – le opere in esposizione per la mostra “Glasstress- Finestra sul futuro”. A cura di Dimitri Ozerkov, capo del Dipartimento di Arte Contemporanea dell’Ermitage, Yelisei Zakharenkov, ricercatore junior nello stesso dipartimento e Olga Kozhura, tecnico di laboratorio del dipartimento, la mostra è organizzata da Berengo Studio e Fondazione Berengo, in collaborazione con Ermitage Italia e Villaggio Globale International. Più di 50 le opere, allestite in un bel percorso in 10 sale, all’interno del General Staff Building, tra le monumentali Grand Enfilade e White Hall, e gli spazi intimi della Courtyard Gallery e della Red Hall.
«Abbiamo legami di vecchia data con Glasstress. Nell’ambito di questo progetto abbiamo realizzato una splendida mostra a Venezia», ha dichiarato Mikhail Piotrovsky, direttore generale dell’Ermitage, facendo riferimento all’omonima mostra organizzata nel 2015, nell’ambito degli eventi collaterali della 56ma Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia e ospitata a Palazzo Cavalli-Franchetti, parte degli eventi in occasione del 250mo anniversario del museo russo. In quella occasione, l’esposizione comprendeva oggetti appositamente selezionati dalla collezione dell’Ermitage, tra armature, piatti da chiesa, reliquiari e altre opere d’arte applicata realizzate in stile gotico e neogotico, presentati in dialogo con pezzi realizzati da artisti contemporanei presso Berengo Studio nell’isola di Murano. «Oggi Glasstress è all’Ermitage. Questa mostra rappresenta un’ottima formula, poiché permette di presentare un ampio spettro di arte contemporanea, artisti famosi e non ancora così noti, uniti attraverso un materiale magico come il vetro. Il vetro è una delle più grandi invenzioni artistiche dell’umanità. Le persone hanno imparato a imitare la natura in modo impeccabile e a creare allo stesso livello», ha continuato Piotrovsky.
Senza dubbio interessante esplorare le diverse soluzioni adottate dagli artisti per esprimere lo spirito del contemporaneo attraverso una tecnica dagli antichi – ma mai sopiti – fasti. L’opera di Ai Weiwei, Black Chandelier in Murano Glass, è una complessa scultura in vetro composta da teschi, scheletri, ossa di animali, organi interni e parti di granchi. Reinterpretando il classico lampadario in vetro veneziano, l’artista dissidente cinese ne ribalta funzioni e significati, per riflettere sul deterioramento del rapporto delle persone con la natura, sull’impatto sul mondo animale e sul futuro nebuloso dell’umanità.
Anche Babylon di Joana Vasconcelos è un’opera ispirata ai magnifici lampadari dei palazzi veneziani: una moltitudine di lunghi tentacoli lavorati a maglia, impreziositi da perline e sfere di vetro, trafitti da decine di lampade a LED, che si intersecano e si intrecciano con grandi elementi rotondi in vetro di Murano. Un esuberante organismo femminile in pizzo prende possesso della struttura in vetro del lampadario e lo trasforma nell’incredibile giardino pensile a cui fa riferimento il titolo.
Per realizzare The Man Climbing Over the Wall, conosciuta anche come The Eternal Emigrant (1995-2004), Ilya ed Emilia Kabakov hanno chiesto l’aiuto dei Maestri vetrai muranesi, che hanno soffiato il vetro. Insomma, a discapito di delocalizzazioni e globalizzazioni, la conoscenza specificamente riferita a un luogo, sviluppatasi in un contesto preciso, riesce ancora a mantenere il suo valore. Anzi, se interpretata in un certo modo, può arricchirsi di stimoli distanti geograficamente e culturalmente.
«L’arte non conosce confini. Non può essere tenuta in gabbia. Va in giro liberamente. Nonostante tutte le quarantene, i blocchi e le restrizioni che abbiamo incontrato in questi tempi senza precedenti, è evidente che l’energia creativa non può essere tenuta sotto chiave», ha commentato Adriano Berengo, Presidente di Berengo Studio e Fondazione Berengo. «Dico questo con enorme orgoglio da Murano, perché nonostante tutte le difficoltà siamo riusciti a organizzare questa mostra e perché nonostante tutto stiamo continuando a produrre grande arte e a renderla fruibile alle persone di tutto il mondo».
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