Si dice che Rubens dipingesse ascoltando musica vestito di tutto punto e che contemporaneamente dettasse, in una delle sue cinque lingue perfettamente parlate, una bella lettera a qualcuno pronto a scrivere. Ma la musica non era amata da lui solo, tra i pittori: Evaristo Baschenis, ad esempio, ne fece il soggetto di ogni suo dipinto, diventando il pittore delle nature morte a soggetto musicale. Ma anche Caravaggio la tenne spesso in considerazione, se pensiamo alla fuga in Egitto e all’Amore Vincitore. Degas amava l’Opera e si vede, e non solo le ballerine. E quella passione gli era stata proprio trasmessa dal padre Auguste che pare tenesse settimanalmente un salotto musicale nella propria abitazione.
Tiziano compì il Ritratto di Musico che ci guarda con l’immancabile spartito sotto la mano sinistra, e negli stessi anni il Pontormo prese un medesimo soggetto e non fece altro che girargli il fianco dal lato opposto. Un decennio dopo arrivò anche il Lotto che, per la comodità di chi esegue, pensò bene di mantenere il busto dritto, e lo spartito anche.
Un seguace di Hieronymus Bosch ebbe invece un’idea più geniale e mise alcuni compositori al centro di un uovo, ricordando che la musica al tempo poteva portare alla perdizione, o almeno così si prova oggi a interpretare quel coro che sbuca dall’uovo filosofale, collegandosi forse all’alchimia e alle trasmutazioni magiche. Un uomo tiene pure un imbuto capovolto sulla testa, simbolo di instabilità mentale, mentre il monaco in primo piano è così intento nel canto da non accorgersi di subire un furto.
Anche quando si tratta di Santa Cecilia la musica è ovvio che non manca, come testimoniano i dipinti di Poussin, Domenichino, Orazio Gentileschi e mille altri che tralascio, per non fare troppi elenchi. Mi soffermo però su altri due lavori. Il primo è di Jacques Linard e s’intitola curiosamente I Cinque sensi e i quattro elementi, e vi compaiono così tante cose da fare invidia a certi disegni fitti di Benito Jacovitti, con il cowboy Cocco Bill che beve camomilla al posto del classico whisky.
E Linard nel dipinto mette in grande dettaglio la fucina che indica il fuoco, un uccello che par uscir dalla finestra indicando l’aria, qualche radice che rappresenta la terra, e un vaso riempito che fa intuir l’acqua. E per completare bene le componenti del titolo si vedono anche il liuto che rappresenta l’udito, la frutta per il gusto, i fiori per l’olfatto. La carte da gioco sono invece il tatto e la vista vien riassunta nello specchio. Mondo pistola, che bellezza. E visto che c’entra con la musica e l’abbondanza, guardiamo cosa ha combinato De Pereda (Antonio) nel suo Sogno del Gentiluomo: un elegante protagonista si regge la testa assopito su una sedia posta di fronte a perle, monete, carte da gioco, uno strumento musicale e il suo spartito, e tanto altro tra cui una tiara papale, una corazza, un globo, una corona e varie cose simbolo di vanitas. Ma attenzione caballero! Alla maschera che indica falsità , ai due teschi presenti, all’orologio che simboleggia lo scorrere del tempo, alla candela consumata e ai fiori recisi: tutti messaggi ben chiari.
E per esserlo anche di più, una donna alata regge un cartiglio che ricorda al nobiluomo ciò che già aveva capito: “Vola veloce, uccide e punge in eterno”: è la freccia del tempo. Meglio non pensarci e provare ad immaginare il Savoldo che suona il liuto, Vermeer alla spinetta e Giorgione addirittura in concerto nel campo all’aperto. Peccato che la musica dipinta non si possa sentire, anche se per questo ci viene in soccorso la scena musicale italiana dell’ultima generazione. Gio Evan è infatti riuscito a citare Duchamp, Basquiat, Marina Abramovic e Alighiero Boetti tutti in un sol pezzo, mentre la cantante dei Coma_Cose indica un lungo lasso di tempo negativo risalendo addirittura alla Venere di Milo. E pensare che fino all’anno scorso c’era un gruppo indie ispirato a una rock star della scultura, così ben nota e celebrata: i/il Canova.
Nicola Mafessoni è gallerista (Loom Gallery, Milano) e amante di libri (ben scritti). Convinto che l’arte sia sempre concettuale, tira le fila del suo studiare. E scrive per ricordarle.
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