Si dispiega nella cornice del Patrimonio Mondiale Unesco delle Dolomiti, a Ortisei e in Val Gardena, fino al 25 settembre, l’ottava edizione della Biennale Gherdëina, curata da Lucia Pietroiusti e Filipa Ramos e organizzata dall’associazione Zënza Sëida (Senza Confini), che promuove la cultura come strumento di benessere sociale. Il titolo, Persones Persons già contiene, accanto all’inglese, il riferimento all’identità locale pervasa di cultura ladina, la cui lingua dalle sonorità antiche viene tramandata e parlata ancora oggi, mentre italo-ladino è il nome delle rassegna, nata da un’idea della direttrice, la gallerista Doris Ghetta.
Una manifestazione culturale nello spazio pubblico di Ortisei, che nel tempo è diventata sempre più internazionale, restando però radicata nel territorio del Sud Tirolo, ulteriore elemento identitario di queste zone. Una pluralità che si riflette oltre che nell’approccio linguistico in cui convivono ladino, tedesco, italiano e inglese, nelle nazionalità dei 25 artisti presenti: italiani, gardenesi, sudtirolesi (che in alcuni casi hanno fatto tesoro della tradizionale lavorazione dell’intaglio ligneo rivitalizzandola), accanto a quelli provenienti da altri paesi europei e continenti. Un festival di arte contemporanea “in dialogo con le valli alpine, le montagne e i cieli della Ladinia e in celebrazione della moltitudine di forme di vita – umana, animale, vegetale, minerale, micologica – che la popolano”. Storie raccontate in modi diversi, attraverso l’interpretazione degli artisti, in cui si mescolano leggende, lingue e tradizioni locali, lungo due direzioni, come spiegano le curatrici: “la prima prende in considerazione le forme di personalità, giuridiche e non, della natura e del paesaggio, chiedendosi in che modo le espressioni artistiche possano contribuire al riconoscimento dei diritti della Terra e alla riduzione delle barriere. L’altra si occupa delle memorie antiche e future dei percorsi delle persone, degli animali, delle piante e dei materiali attraverso sistemi di migrazione, spostamento stagionale e transumanza nella regione e nei suoi paesaggi”. Nuove installazioni, sculture, brani sonori, filmati, lavori tessili, performance ed esperienze “sul campo” si accompagnano alle opere già in situ delle edizioni precedenti. Il percorso di visita può cominciare da Ortisei, dalla Sala Trenker, con i lavori, tra gli altri, delle artiste e compagne di vita Etel Adnan, scomparsa nel 2021, e Simone Fattal (alla Fondazione Antonio delle Nogare di Bolzano è in corso la prima doppia personale italiana a loro dedicata dal titolo Working Together. Fino al 5 novembre).
Nella stessa sede trovano spazio i paesaggi ricamati dell’artista sami Britta Marakatt-Labba, che ritrae il mondo e la vita quotidiana della gente del Nord, o l’interessante lavoro di Kyriaki Goni con il suo The mountainsislands shall mourn us eternally (Data Garden Dolomites), un video in cui fa poeticamente parlare le piante endemiche locali a rischio di estinzione a causa dei cambiamenti climatici. Nell’originale allestimento dell’abbandonato Hotel Ladinia, nel centro di Ortisei, spicca invece il video di Angelo Plessas Meditation of All Beings, dall’impronta neo-surrealista, tra meditazione, mappe alchemiche, mondo naturale e spirituale in un universo interconnesso. Mentre Elizabeth Povinelli, di origine trentina, antropologa e membro del Karrabing Film Collective, composto da aborigeni australiani, indaga i legami che uniscono i diversi territori di appartenenza. L’esplorazione della biennale impone un’immersione nella natura, tra sentieri e boschi, alla scoperta di angoli incantati dove soffermarsi in contemplazione della montagna.
Per esempio lungo il Sentiero del poeta e coreografo Alex Cecchetti, a Santa Cristina. Un progetto, a cura di Valerio Del Baglivo, vincitore dell’Italian Council (programma di promozione internazionale dell’arte italiana, promosso dalla Direzione generale creatività contemporanea del Ministero della Cultura), che comprende una camminata accompagnati da guide appositamente formate, fino a una radura con una yurta profumata di fieno fresco, realizzata in tessuti stampati con colori vegetali, dove trovare ristoro fisico e mentale. La tappa al Castel Gardena, fascinosa residenza privata per la prima volta aperta al pubblico, svela il Pinocchio di Bruno Walpoth e la creatura sciamanica di Chiara Camoni, ma anche il curioso video They stole my soul di Lina Lapelytes, che ha dato vita a 500 tradizionali figurine di animali intagliate nel legno, in fuga dai loro creatori. Per la colonna sonora, l’artista e musicista ha lavorato con cori di cantanti non professionisti, che hanno riprodotti i versi degli animali. All’esterno, il Memory Garden di Ignota (Sarah Shin e Ben Vickers), un giardino magico e medicinale introdotto da un portale. È tutto?
Certamente no, restano da scoprire molti artisti e magari partecipare alle numerose attività pubbliche previste nei mesi di luglio, agosto e settembre, tra corsi di intaglio del legno, tintura naturale dei tessuti, concerti, letture di poesia, realizzazione di incensi, incontri con filosofi e pensatori. Il consiglio? Lasciarsi affascinare dal “leggendario regno di Fanis”, mito della Ladinia, “che in tempi arcaici si estendeva attorno alla catena montuosa del Fanis nelle Dolomiti… percorrendo sentieri rocciosi, praterie a valle e pallide montagne. Marmolada, Sella, Fanes, Rosengarten, Civetta, Pala, Cristallo, Puez, Tofane… Dolomites, Dolomiti, Dolomiten, Dolomitis”. Nomi diversi, per identità diverse, ma per un’unica realtà.
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