Tela e carta ma anche tessuto e pane e, infine, persone, individui, comunità, paesaggi naturali e antropici. Tutti uniti, anzi, intrecciati dal filo sottile ma resistente, caparbio, di una rara sensibilità poetica, in grado di scrutare la preziosità insita in ogni cosa, in ogni luogo. Mutevole e coerente è stata la ricerca di Maria Lai, tra le figure apicali dell’arte del secondo Novecento: una mostra in apertura il 10 giugno, allo Spazio Ilisso, a Nuoro, la racconterà, ripercorrendo 40 anni di lavoro attraverso un punto di vista meno conosciuto, per andare oltre gli aspetti aneddotici, quasi agiografici e favolistici, che hanno offuscato la sua storia.
Visitabile fino al 27 novembre 2022, la mostra è intitolata “Dall’Informale all’opera corale”, due termini tanto stratificati quanto immediati, a segnare, in maniera asciutta, precisa, metodologica, la parabola di una vita dedicata all’espressione artistica. L’esposizione prevede la collaborazione di più soggetti, con l’obiettivo di presentare le opere più significative e l’aspirazione internazionale: Spazio Ilisso, Archivio Maria Lai, Fondazione Maria Lai, Stazione dell’Arte di Ulassai e Magazzino Italian Art di New York. E in questo caso, si tratta di una sorta di ritorno a casa: Maria Lai nacque infatti, nel 1919, a Ulassai, in provincia di Nuoro, e rimase sempre legata alle radici del suo territorio, dal quale trasse molta ispirazione.
La mostra e il catalogo sono curati da Elena Pontiggia, storica dell’arte e accademica, già autrice della completa monografia sull’artista pubblicata, anche in edizione inglese, da Ilisso nel 2017. Nel suo saggio l’autrice rivela che «Uno dei motivi di fascino dell’opera di Maria Lai, del resto, è la sua capacità di interpretare le ricerche del suo tempo, traducendole e riportandole al suo mondo, all’eredità di segni e di affetti che l’Isola le ha lasciato. Per questo la protagonista di questa mostra è un’artista internazionale, pur rimanendo un’artista sarda: proprio il deposito di tradizioni e di sensibilità della Sardegna le ha permesso di dire qualcosa di nuovo nell’ambito dell’arte contemporanea…due dimensioni che non vanno staccate l’una dall’altra, ma si legano armoniosamente».
Il percorso della mostra di Nuoro, progettato dall’architetto Antonello Cuccu, direttore dello Spazio Ilisso, si apre con i primi lavori polimaterici di Maria Lai, ancora depositari di residui iconici e pittorici, passando quindi alle strutture dei telai privati, perimetri lignei oltre la bidimensionalità, verso l’essenzialità del concettualismo. Si osserva così la svolta, avvenuta negli anni Settanta, attraverso cui il tessuto diventa la nuova tavolozza per l’artista che, al cavalletto da studio, sostituisce la macchina da cucire. Dalle “tele cucite” si prosegue con i “pupi di pane”, materiale a cui Lai riconosce un profondo senso esistenziale e sacrale.
Alla fine del decennio, la poetica di Lai approda prima alle indecifrabili pagine di un diario “autobiografico” che appaiono sciolte (libere) ma ancorate a parete, incorniciate da rettangoli in legno, cartone, tessuto e fili, per arrivare poi ai “libri cuciti” in cui le scritture si allontanano dalla parete e ritornano all’oggetto “libro”. La produzione dei grafismi asemantici viene declinata nei primi anni Ottanta su “mappe” geografiche o interstellari: «Cerco sempre spazi cosmici, cieli, spazi lontanissimi però tattili. Gli spazi che cerco non sono tanto in una superficie, quanto al di là della superficie», spiegava l’artista.
Il percorso allo Spazio Ilisso di Nuoro si conclude con una sala immersiva che presenta la fondamentale opera relazionale Legarsi alla montagna (1981) raccontata attraverso il video girato da Tonino Casula e le fotografie realizzate da Piero Berengo Gardin: in quest’opera performativa, Maria Lai anticipa pratiche dell’arte relazionale, che saranno teorizzate compiutamente solo in una fase successiva.
Le opere presentate provengono in gran parte da raccolte di istituzioni culturali pubbliche: Fondazione Stazione dell’Arte di Ulassai, Man di Nuoro, Musei Civici di Cagliari, Fondazione di Sardegna, Magazzino Italian Art Foundation di New York, Archivio Maria Lai, e da collezioni private di tutta Italia.
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