Damien Hirst, da bad boy a curatore per un anno, per Gagosian

di - 12 Febbraio 2021

Affidereste le vostre chiavi a un enfant terrible? Gagosian, una delle gallerie più potenti al mondo, non ci ha pensato due volte e ha scelto di consegnare a Damien Hirst la sua sede di Londra in Britannia Street. L’artista inglese, che non ha mai perso il gusto e l’atteggiamento da bad boy, curerà l’attività del prestigioso spazio per un anno intero, proponendo un calendario di mostre e progetti che, a questo punto, sarà esso stesso un’opera d’arte.

La prima tappa sarà una mostra “autopersonale” incentrata sull’iperrealismo, a partire dai dipinti della serie Fact, avviata da Hirst già nei primi anni del 2000 e dedicata alle modalità di riproduzione della realtà. I soggetti delle pitture sono ripresi da fotografie personali, come quelle della nascita del figlio, oppure da immagini di diamanti famosi o, ancora, da pubblicazioni scientifiche sul mondo animale, con una predilezione per le farfalle, altro tema iconico di Hirst. «Sto usando la pittura per produrre qualcosa che assomigli a una riproduzione di cattiva qualità», così l’ex YBA – che per quanto riguarda il medium della pittura non può che essere considerato un virtuoso contemporaneo – descriveva questa serie di opere, presentata per la prima volta proprio da Gagosian, nel 2005, nella sede di New York. In mostra, anche un’opera di Michael Craig-Martin, che lavorava come tutor al Goldsmiths College negli anni in cui il Department of Art frequentato dallo stesso Hirst e da tutta la generazione degli Young British Artist, che sarebbe emersa di lì a poco in tutta la sua forza eversiva.

Damien Hirst, Papilio glaucus in Gerbera, dalla serie Fact

Insomma, come prima mostra nell’ambito di un ampio programma espositivo, sembra giusto un po’ autoreferenziale, d’altra parte non ci si poteva aspettare nulla di diverso. Anzi, l’impressione è che le prossime tappe approfondiranno ancora di più la dimensione dell’evento, inevitabile quando si dà carta bianca a personalità così vivaci. Che poi, in un periodo così incerto, per le gallerie le strade da seguire sono due e da percorrere fino in fondo: sperimentazione o affidabilità. Per quale delle due direttrici Gagosian avrà pensato a Damien Hirst, poi, è un altro discorso.

In effetti, non è la prima volta che l’artista si trova a indossare i panni del curatore di se stesso. Nel 2015, infatti, aprì a Londra la sua Newport Street Gallery, un grande spazio ricavato in un ex laboratorio di falegnameria e scenografia teatrale, per esporre la sua collezione d’arte personale che, tra le altre, comprende cinque opere di Francis Bacon. Nell’edificio trovano posto anche uno shop, un ristorante e gli uffici del suo studio. Lo scorso autunno, vi espose i suoi primi lavori, in una mostra intitolata “End of a Century”.

Ma per Hirst, quello della curatela non è solo un impegno solipsistico: nel 2016 organizzò un solo show con opere di Jeff Koons, mentre nel 1988 curò “Freeze”, una storica collettiva con i suoi colleghi del Goldsmiths College, tra cui Mat Collishaw, Gary Hume e Sarah Lucas, poi riconosciuta come atto fondativo del movimento degli YBA.

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  • Niente di nuovo, Hirst è un un perfetto rappresentante del sistema, è la Gagosian è il potentato più importante del mercato dell'arte con catene di gallerie in tutto il mondo. Un perfetto McDonald's.

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