Senza dubbio, l’argomento del momento, per quanto riguarda il mercato dell’arte ma non solo, considerando la risonanza anche al di là dei media di settore, e quello degli NFT. Talmente fulminante da rendere già superato il dibatitto tra chi sostiene si tratti solo di una moda passeggera e chi vi intravede i segni di un cambiamento destinato a incidere anche sul lungo corso. Intanto, chi non vuole rimanere indietro nella corsa agli NTF, lanciandosi comunque in questa nuova sfida a prescindere dalle ipotesi sulle loro speranze di vita, è Damien Hirst. Piuttosto impegnato negli ultimi mesi, anche in veste di curatore, l’artista inglese, tra i più conosciuti al mondo, ha annunciato la sua collaborazione con Palm, nuova piattaforma online dedicata al mercato digitale che promette di risolvere una delle questioni più spinose legate alla vendita degli NFT: la loro sostenibilità energetica e l’impatto ambientale.
Le opere che Damien Hirst metterà in vendita attraverso blockchain fanno parte di The Currency Project, serie composta da 10mila dipinti a olio su carta, ognuno dei quali sarà accompagnato dalla sua “firma” NFT, ovvero Non Fungible Tokens, in pratica un codice unico e non interscambiabile, il cui scopo è tracciare i trasferimenti della proprietà digitale – in questo caso un’opera d’arte – su una rete di criptovalute blockchain. Proprio per questa loro affidabilità, il mercato dell’arte, tradizionalmente inflazionato non solo da copie e falsi ma anche da “passaggi di mano” piuttosto ambigui, è stato tra i primi settori a farne un uso diffuso.
D’altra parte, se è vero che l’opera d’arte è l’oggetto per eccellenza, cioè una delle scale di misura più avanzate attraverso cui attribuire il valore di scambio tra le cose e le “monete”, allora sembra un passaggio coerente la sua applicazione nell’ambito della tecnologia blockchain. E visto che, attualmente, la criptovaluta rimane l’ipotesi economica più sperimentale e futuribile, allora una fase di “beta test” attraverso l’arte potrebbe rivelarsi utile per tutti, non solo per i mercanti illuminati e per i collezionisti alla moda.
Che poi, Damien Hirst non segue certamente il caso: la serie proposta per questa collaborazione nel segno dell’NFT è incentrata proprio sulla profonda compenetrazione tra arte, possesso e ricchezza, tema che l’ex Young British Artist conosce a menadito. Insomma, stiamo pur sempre parlando di un artista che ha ricoperto un teschio di platino con una cascata di poco più di 8mila diamanti. Ma i denti sono veri. For the love of God costò 12 milioni di sterline di produzione ma fu poi venduta a 50. Un bel plusvalore ma ancora distante dal record della critpoart. L’opera di Beeple, dal titolo Everydays – The First 5000 days, è stata aggiudicata per la cifra stratosferica di 69,3 milioni in una recentissima asta di Christie’s, dando il via al tamtam mediatico sugli NFT. Si tratta della terza opera d’arte contemporanea più costosa al mondo, dopo i campioni d’incassi Jeff Koons e David Hockney.
Riuscirà Hirst a inserirsi nel podio? Il modello che Palm userà per la determinazione del prezzo delle opere di The Currency Project non è stato ancora divulgato. «Palm è di gran lunga la migliore piattaforma per me. È nuova e incentrata sull’arte, è più rispettosa dell’ambiente ed è più veloce ed economica da usare. Con Palm, gli artisti possono inventare il futuro», ha dichiarato Hirst, evidentemente raggiante e anche molto curioso. Infatti, non è la prima volta che Hirst irrompe nella scena blockchain. Poche settimane fa, l’artista ha svelato una serie di otto stampe della serie The Virtues, disponibili per l’acquisto tramite criptovaluta su Heni Leviathan, un market online per l’arte contemporanea. Le opere, ciascuna raffigurante alberi di ciliegio in fiore, erano disponibili al prezzo di 3mila dollari ma solo per una settimana.
«Gli artisti concettuali negli anni ’60 e ’70 dicevano che l’arte non esiste nell’oggetto d’arte ma solo nella mente dello spettatore e questo progetto non è diverso», ha sottolineato Hirst, aprendo un’altra questione dibattuta: se lo scambio avviene su una blockchain digitale, quale è la sostanza dell’opera d’arte? La domanda non ha ancora una risposta e, in effetti, la definzione di opera d’arte è stata sottoposta a interpretazioni molto diverse, nel corso dei secoli.
«Questo progetto esplora i confini tra arte e valuta: quando l’arte si trasforma e diventa una valuta e quando la valuta diventa arte (ne parlava anche l’imprenditore Stéphane Distinguin a proposito della vendita della Gioconda, ndr). Non è un caso che i governi utilizzino l’arte su monete e banconote. Lo fanno per aiutarci a credere nel denaro. Senza arte, è difficile per noi credere in qualcosa», ha continuato l’artista, che aveva già avuto modo di affrontare l’argomento della consistenza dell’opera quando, nell’aprile 2020, il collettivo artistico MSCHF comprò una stampa dei suoi Spot colorati dal valore complessivo di 30mila dollari, solo per ritagliare tutti e 88 i puntini e venderli singolarmente a 480 dollari.
Insomma, Hirst è entrato nel mood e la questione ambientale è un ottimo viatico: i creatori di Palm, Joe Hage e David Heyman, promettono che la loro piattaforma sarà al 99% più efficiente dal punto di vista energetico rispetto alle altre blockchain basate su Ethereum. Anche l’opera di Beeple è stata venduta attraverso Ethereum ma, secondo alcune analisi, lo scambio ha generato anche 78.597 kg di emissioni di CO₂, consumando la stessa quantità di elettricità utilizzata da più di 13 case in un anno intero (ricordiamo infatti che per produrre, anzi, “minare” una singola moneta di criptovaluta è necessario il lavoro di diversi processori). Bisogna specificare, però, che l’impatto ambientale delle criptovalute è ancora oggetto di studi.
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