Gli stati d’animo, i sentimenti prendono vita attraverso forme e colori. È così che il giovane artista inglese, David Auborn (1990) presenta se stesso nelle sei opere esposte fino al 19 dicembre 2020 presso la Galleria Car Drde di Bologna, nella mostra intitolata “Eyrie” tr. “Nido”, ma anche “Rifugio inaccesibile”. Sei dipinti di piccolo formato, ma di forza magnetica, dalle splendenti cromie, dalle forme sinuose e naturali, dalla musicalità intrinseca. Sembra quasi di trovarsi davanti a un manifesto della pittura del primo ventennio degli anni 2000. Come indicato da un testo dell’artista stesso “Luogo del mistero. Ritmi perpetui. Rivelare. Rivelare. Rivelare. Diventare cosa si è, attraverso come siamo”.
La natura incantata, incanta, attraendo e invitando lo spettatore ad avvicinarsi alle tele, da cui si sprigionano energia, fantasia, sogno, memoria, ricordi. Come piccole miniature medievali, le opere di Auborn risultano evocative e sebbene non sia presente un diretto richiamo ed elogio alla natura e alle sue componenti, come nelle prime, le forme rappresentate, arricchite da sgargianti colori raffigurano una natura sognata, immaginata, dove realtà e fantasia si fondono in un magico connubio. Ciò espresso anche attraverso i titoli delle opere, dai richiami latini, ma al contempo immaginari e dalla intrinseca musicalità. Sembra quasi di tuffarsi in una nuova avanguardia, intrisa di tradizione e contemporaneità, dove riprendono vita forme morbide e sognanti surrealiste, movimenti e sonorità futuriste, tutto condensato in una tela dal piccolo formato, prescelto dall’artista come mezzo espressivo attraverso il quale riesce meglio a rappresentarsi, raccontarsi, raccontare le esperienze vissute rielaborate dall’inconscio e nella più profonda interiorità. I moti dell’animo prendono vita, si esprimono attraverso le forme simboliche e intricate di una selva costituita dai rami dei ricordi, dalle foglie delle emozioni, dai fiori delle sensazioni, in un equilibrio cromatico che illumina le singole parti e superfici del dipinto creando volumi e prospettive, movimenti e pause, silenzi e sonorità, pace e turbolenze.
La freschezza della giovinezza, seppur profondamente vissuta, sentita, percepita, ascoltata, è rappresentata attraverso la pittura. L’arte diviene mezzo, strumento espressivo. L’arte come catarsi, tuffo nelle profondità del proprio io, atto necessario per la comprensione delle emozioni, voce dell’interiorità, nella ricerca affannosa e tormentata per spiegare il mistero.
La stretta relazione tra essere e dipingere, esistenza e pittura viene enfatizzata proprio nelle piccole tele, da cui si sprigiona, con grande intensità la forza delle forme e dei colori per l’indagine di una verità di senso, che l’artista ha la consapevolezza di non poter raggiungere.
Si afferma così, l’essenza dell’arte, intrinsecamente e ontologicamente individuale e universale, propria dell’artista e dell’intera umanità. L’atto creativo si realizza attraverso l’azione e il gesto pittorico, prescelti per essere e divenire “artificis manus” per la realizzazione dell’opera, visibile espressione dell’ego, in una differente accezione del “Cogito ergo sum”, che si trasforma in un “Sentio, reperio ergo sum”.
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