Nell’affrontare i temi del potere e del controllo che sono alla base di un meccanismo dicotomico di dominazione-oppressione, Firmamento in mostra alla Hutchinson Modern & Contemporary raggruppa due corpi di lavoro dove vengono giustapposti elementi sulle affinità tra la colonizzazione in America, in particolare del Brasile, e quella digitale di oggi. L’artista (di origine brasiliana) Debora Hirsch esplora tematiche antropologiche e storiche facendo coesistere codici apparentemente sconnessi tra di loro nella quale le opere appaiono distinte ed elaborate attraverso pittura, video e tecniche digitali.
Nonostante il titolo della esposizione a primo impatto lasci intendere un connotato religioso e medievale, il suo senso intrinseco è piuttosto mirato alla cosmologia, a prendere i considerazione i mondi costruiti, le colonizzazioni avvenute e le sensibilità dell’essere umano.
I video creati dalla Hirsch richiamano fortemente la cultura di internet e del virtuale, immagini dei tempi passati e dei paesaggi con figure digitali e codici binari mentre linee pittoriche si impongono in un universo lontano. La pittura – come medium antico – viene mescolata intenzionalmente a quello moderno del digitale: se la natura nei dipinti è processata attraverso la gestualità dinamica della pennellata, nei film si rivela reale e forte, mostrando in entrambi segnali di disturbo e di interferenza digitale e simbolica. Come se si trattasse di uno snapshot di una ricerca che avviene nel tempo e che ci porta a scoprire vari livelli di realtà differenti e nascoste.
La fruizione da parte dello spettatore diventa così un processo introspettivo, riflessivo, lontano dal rumore che viviamo quotidianamente, e viene lasciato ad esso il compito di individuare i gradi di profondità, senza pretese da parte dell’artista. Si avverte piuttosto l’esigenza di lasciare libero il livello di comprensione dell’opera.
Debora Hirsch esplora un meccanismo ibrido di un lavoro che raccoglie una analisi intima mescolata a componenti che vengono dal colonialismo come elementi architettonici barocchi, topografici, tappezzerie, vasi e piastrelle miscelati da un’atmosfera di saudade pura ma anche diretta e severa in riferimento alla predominanza del bianco su una cultura altra e diversa, di un altro mondo. Un fil rouge che prosegue attraverso pennellate lineari è la natura tropicale dolce e violenta che cresce invasa dalla mano dell’uomo, come i fiumi attraversati nel traffico degli schiavi dall’Africa al Brasile.
Come in un rito catartico si arriva a una meditazione silenziosa, una riflessione sull’armonia complessa e disuguale della vita umana e sulle ingiustizie storiche che si ripetono fino ai giorni nostri. Debora Hirsch attraverso una rielaborazione postmoderna ci mette tutto questo in maniera cruda sotto gli occhi: sta solo a noi decodificarlo.
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