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Di magia si vive: Beatrice Celli a Villa Arson
Arte contemporanea
di Matteo Binci
“Le jardin des allégories” è il titolo della mostra personale dell’artista Beatrice Celli (L’Aquila, 1992) ospitata presso il centro nazionale d’arte contemporanea Villa Arson (Nizza). L’esposizione – a cura di Éric Mangion – è aperta al pubblico fino al 30 dicembre 2021 e ospita nuove opere dell’artista che dialogano con il giardino interno e con lavori precedenti. Ispirandosi a culture popolari e credenze magiche, Celli mette al mondo un giardino delle allegorie ricco di tradizioni artigianali, microstorie dimenticate e immagini visionarie.
L’allegoria è una figura retorica che ripone nelle parole o nelle immagini un senso nascosto e differente dal loro contenuto logico. È un’allusione che costringe a re-interpretare la lettura di un vocabolo e dunque ad allargare le sue possibilità espressive. “Le jardin des allégories” è così pensato dall’artista come un rituale di dispersione e moltiplicazione dei possibili significati delle opere presentate. Allestiti nel Passage des fougères (Passaggio delle felci), i lavori entrano in relazione simbiotica con il giardino esterno, coltivando un paesaggio simbolico che si compenetra vicendevolmente con la natura del luogo: un passaggio iniziatico da percorrere per entrare nella mitologia personale dell’artista.
In questo viaggio ci accoglie Beffa Notturna, scultura in legno raffigurante un gufo appollaiato su di un ramo. Il gufo è associato tradizionalmente alla sfortuna. Addobbato con delle stelle filanti (simbolo propiziatorio di festa), acquisisce i tratti di una narrazione straniante e angosciante. L’animale – che guarda fisso la mostra – diviene messaggero per un mondo a venire. Si ispira a presenze infestanti anche l’opera in ceramica La Fontana di Smaragos che invoca uno dei cinque demoni che, nella mitologia greca, affliggevano l’artigiano vasaio.
L’importanza di una visione animistica dei lavori discende anche dalla scelta dei materiali. Manipolare una materia o un oggetto manifesta infatti la sua energia potenziale, offre una prospettiva sul mondo e costruisce un “senso della realtà”. Nella ghirlanda di materiali recuperati Giurlanna Berlocco piante vere sembrano finte e piante plastiche appaiono come viventi. La ghirlanda – solitamente addobbata in giorni di festa – si arricchisce di ossa in ceramica che ricordano il rapporto imprescindibile tra vita e morte, carne e spirito.
All’arte popolare dell’intreccio del vimini è dedicata la maschera apotropaica Mezz’Marill. Oralità, artigianato e suddivisione del lavoro si amalgamano nel racconto della nonna dell’artista che le trasmette un’antica arte che non poteva praticare, ma solo osservare da lontano. Infatti, la lavorazione del vimini era considerata – nella sua terra natale – un’attività esclusivamente per uomini. Lo scambio di saperi tra generazioni diviene così anche una pratica di racconto, cura e azione che permette oggi di ribaltare la subalternità della figura femminile all’interno dell’artigianato. Da superstizioni e leggende abruzzesi proviene anche la figura dell’homo selvaticus, abitante della foresta che ha sviluppato una particolare intelligenza grazie al suo rapporto istintivo con la natura. Sive mas, sive foemina è un tentativo di decostruire e ampliare il dualismo tra domestico e selvatico.
L’elemento sonoro istituisce una sottotraccia cosmica che proviene dall’acqua della fontana e giunge all’installazione finale Grascia Cornæ, nella quale sono presenti formule magiche e curative della pratica dell’Užkalbėtojai. Incontrata durante l’ultima residenza dell’artista in Lituania, consiste in formule magiche che servono a guarire malattie e ferite attraverso parole e intonazioni da ripetere a bassa voce. I suoni registrati – e successivamente modificati – divengono una pura vibrazione di fondo proveniente da corna dell’abbondanza sospese dal soffitto e rivestite di muschi, licheni e monete in rame. Le monete sono parte di un rituale d’invocazione del diavolo che consiste nel sotterrare il denaro all’interno di un buco e recitare la formula magica: “Devil Devil come to the money, Devil Devil here’s the money!”.
“Le jardin des allégories” invoca e disperde forme di energie paniche che esaltano le diversità e promuovono relazioni armoniose e simbiotiche con la totalità dei viventi. Per farlo, rompe il dogma della ragione tecnico-scientifica e la sua concezione unica e sintetica del mondo. Oltrepassando la visione della tradizione quale fonte per il conservatorismo e il provincialismo, Beatrice Celli promuove una visione plurale e magica del mondo: uno spazio d’indipendenza, un omaggio al “fare”, un riturale nel quale la spiritualità diviene un territorio privilegiato di analisi e immaginazione, assumendo una portata storica e un intento politico di rivoluzione degli immaginari personali e collettivi.